Il Fatto Quotidiano ha dedicato un ampio reportage alla Chiesa e al mondo cattolico per mano del sociologo Marco Marzano. Un fatto positivo per il laicissimo quotidiano guidato dal Robespierre del 2000, Marco Travaglio, per il fatto che la Chiesa rimane un soggetto interessante anche per tutta quella parte dell’intellighenzia laica e progressista rimasta orfana dei nemici pubblici, ma soprattutto ormai priva di fondamenti etico-sociali, spazzati via dal quel relativismo che oggi domina le coscienze sia delle persone comuni, sia di chi ha responsabilità di guida nel campo economico, politico o in quello intellettuale. Da più parti infatti, a partire da Eugenio Scalfari, ci si chiede a chi guardare, per orientare gli individui e le comunità, in un mondo in cui l’individualismo ormai vittorioso, come Medea, ha ucciso quegli elementi unificatori che sia nel campo politico, sia in quello sociale permettevano un minimo di convivenza e la possibilità per tanta gente di sentirsi parte di un insieme. Dal “tutto politico” al “quasi nulla” sono passati poco più di quarant’anni, un tempo brevissimo in cui, come afferma giustamente Marzano, la secolarizzazione ha colpito profondamente anche il mondo cattolico. 



Tuttavia se per guardare alla cattolicità contemporanea si utilizzano categorie culturali obsolete non solo si capirà poco e niente, ma il risultato sarà quello di un minestrone in cui i fagioli sono confusi con le zucchine e il cavolo con le patate. Se Marzano nel proprio background culturale valorizza ancora la contrapposizione “reazionari” e “progressisti”, in auge a partire dagli anni 60, oppure propende per il fedele, ancora pieno di dubbi, come emblema di “un cattolicesimo dei punti interrogativi”, più vero rispetto a coloro che sono “animati dall’ansia di convertire gli infedeli”, rivela di non essersi attrezzato adeguatamente per percorrere il suo viaggio nel mondo ecclesiale italiano. 



Se inoltre auspica un cristianesimo senza “effetti speciali e ricette facili per la felicità eterna” auspicando invece “un cattolicesimo della riflessione intelligente sulla Bibbia, dell’autonomia delle coscienze” rivela di essersi fermato ai tempi in cui era ancora bambino, quando la laicità progressista, non del tutto ancora marxista, contrapponeva al pensiero morale cattolico, organico di una dogmaticità definita anacronistica, il libero pensiero, fonte ispiratrice dell’uomo contemporaneo, che libero dal vecchiume clericale e borghese, era in procinto di costruire una società nuova, volta al progresso sociale e delle conoscenze. Ma ora che i dogmi di qualsiasi specie non ci sono più, ora che non c’è più l’orribile (per gli spiriti liberi di allora) Chiesa trionfante, arriva Marzano a spiegarci e a raccontarci la vera chiesa. Lui, intellettuale raffinato, autore di ampi studi sull’argomento, intriso di vicinanza con qualche illustre prelato, praticante cattolico per professione, nel momento in cui parla dei movimenti ecclesiali (“carismatici, neocatecumanali, ciellini per parlare dei più importanti”), non riesce a scrollarsi di dosso la scontatissima definizione di settari (alla stregua di Scientology, New age e Testimoni di Geova). 



Il professore, citando un suo libro, descrive in modo dinamico la realtà ecclesiale in cui “le nuove sette avanzano senza posa, conquistano parte dei territori lasciati liberi dalle parrocchie, impongono dovunque la loro mentalità chiusa, rigida, intransigente, di passiva e stupida subalternità al volere del capo supremo”. Se dunque da una parte si afferma il declino del cattolicesimo parrocchiale, quello puro e vero, e dall’altra c’è la crescita dei movimenti settari, secondo il sociologo dell’Università di Bergamo, ne scaturisce una fisionomia di una Chiesa come collezione di sette, “capitanata da un papa romano che le rappresenterà nello spazio pubblico (…) sopprimendo con il suo carisma personale, le tante contraddizioni che un’organizzazione a compartimenti stagni invariabilmente genera e ospita al suo interno”. 

Insomma via gli arruolati, i convertiti e gli intruppati e spazio a una Chiesa che sia un “ospedale da campo”, un luogo “per tutti, credenti e non credenti, obbedienti e critici sicuri e dubbiosi, dove sia possibile essere accolti, dialogare e confrontarsi”. A leggere queste parole c’è da chiedersi anche chi abbia frequentato in questi anni il professor Marzano. Se abbia veramente conosciuto le comunità delle sue “mitizzate” parrocchie, se abbia letto i testi neocatecumenali, o la “Vita di don Giussani”, se si sia reso conto che le comunità di base sono quasi scomparse. Che la Chiesa sia una realtà plurale, fatta di persone certe, titubanti, insicure, ma soprattutto consapevoli di essere peccatrici, alla ricerca di un segno, di una parola, di un volto che possa indicare la strada. Chi è praticante, chi non frequenta assiduamente, chi va a messa a Natale e Pasqua, chi va a S. Giovanni Rotondo o a Medjugorje, chi frequenta i santuari, o si espone pubblicamente nelle manifestazioni delle Sentinelle (magici e reazionari) o chi vive nelle università e nelle scuole con il desiderio di testimoniare la fede, sa di essere come l’emorroissa che vuole toccare il mantello di Gesù. Non lo sa forse Marco Marzano che gli uomini che cercano Cristo, vogliono vivere il fascino che Gesù ha destato nella Maddalena e sono colpiti dal pianto contrito di una donna che ha percepito su di sé la misericordia del suo Signore?

Ecco appunto, non la riforma teorica e astratta auspicata dal professore universitario, ma l’esperienza, quella che la Chiesa cattolica universale, intesa come popolo di Dio, vivrà da quest’anno nel grande evento dell’Anno Santo. L’inchiesta del Fatto Quotidiano continuerà nei prossimi mesi con la pubblicazione di contributi, testimonianze e opinioni dei lettori. Un dato positivo, perché gli intellettualismi obsoleti lasceranno il posto all’esperienza, alle storie delle persone. E la realtà sarà molto più interessante dei ragionamenti.