Li hanno presi. Hanno confessato. Sono stati loro, l’indiano e il pakistano, “concorrenti” della pizzeria di Frank. Avevano rilevato da lui un altro locale, erano falliti, gli dovevano dei soldi. Chissà, forse lui si era stufato di aspettare, li avrà sollecitati, magari avrà minacciato di rivolgersi alla giustizia. Chissà se si rendeva conto, Frank, di che tipi erano. Magari no, sapeva che erano dei poco di buono ma non immaginava che potessero arrivare a tanto. O forse sì, sapeva che razza di delinquenti fossero, ma non aveva paura, lui. L’aveva scritto anche sulla porta del locale, un cartello in bella evidenza, “Nonostante tutto, nonostante tutti, Frank ritorna”. Chissà che cosa voleva dire.



Stringe il cuore leggere i commenti sui social. Commenti duri, esasperati, senza giri di parole: tutti contro gli “stranieri” e il governo che li fa arrivare e non protegge gli italiani onesti. Nel mirino più di tutti il ministro Alfano e la sua dichiarazione: «”Il presidio dello Stato funziona, è attivo ed efficace e rafforza il senso di sicurezza e di protezione dei cittadini”… FUNZIONA??? Alfano ti sei dimenticato un piccolo particolare… i due coniugi sono leggermente defunti…» è uno dei più garbati. Uno stato d’animo che non è difficile comprendere: uno lavora una vita, si ammazza di fatica per tirare avanti, e poi salta fuori un altro che per un debito gli spara. Ovvio che davanti a un fatto così uno si ribella, non ci sta, reagisce. Se poi l’altro è uno straniero, il riflesso scatta automatico, fare di ogni erba un fascio è una tentazione costante di tutti noi umani.



Poi uno gira pagina, e il cuore si allarga. Perché arriva alla pagina Facebook del figlio di Giovanna e di Frank, Marco. Senza un’ombra di cattiveria. Pieno di gratitudine per tutti quelli che gli si sono stretti intorno. Ironico, anche: «Ma ve lo immaginate Frank al cospetto di Dio: “Prende un caffè?”», scrive il giorno di Ferragosto (chissà se ha pensato che è anche il giorno dell’Assunta…). «E pensa se Dio vuole pure lo sconto…», commenta uno. «E la tua mamma che lo faceva sempre e comunque macchiato. Che bei…», replica un’altra. Non tutte le repliche sono dello stesso tono, anche qui c’è chi si indigna, minaccia. Ma lui, Marco, alla fine taglia corto: «Ragazzi. Stiamo calmi. Io non ho alcuna conferma diretta. Comunque sia VOGLIO GIUSTIZIA E NON VENDETTA. Vi prego, NON FATE CAZZATE». Così, tutto in maiuscolo.



C’è il male, nel mondo. C’è il male dei poveri cristi ammazzati dagli stranieri e c’è il male degli stranieri morti perché scappano da altri stranieri che vogliono ammazzarli. C’è la rabbia di chi pensa che il male si possa strappare con leggi più giuste, con pene più severe, con una giustizia più efficiente. Che ci vuole, per carità, ci vuole, non si può affrontare l’emergenza dell’immigrazione col pressappochismo buonista di tanti politici. 

Ma il male sta nel cuore degli uomini, se non lo fanno i pachistani lo fanno gli italiani (Massimo Bossetti, il presunto assassino di Yara, viveva non lontano da Casazza, il paese dei due assassini di Frank. Non si sa se è stato davvero lui a uccidere Yara, però si sa che la moglie cerca lavoro ma tutti — italiani, mica stranieri — finora le hanno risposto picche). Se la giustizia è efficiente, può darsi che qualcuno ci pensi su una volta di più, prima di ammazzare un altro, speriamo; ma gli assassini ci saranno sempre. Speriamo che ci sia sempre anche qualcuno come Marco Seramondi, che di fronte al cadavere del padre non chiede vendetta, ma se lo immagina che offre un caffè a Dio…