L’intervento di mons. Galantino al Meeting di Rimini viene pronunciato mentre sulla stampa compaiono sussiegose riflessioni di politici e opinionisti sui rapporti Chiesa e Stato, cattolici e politica. Sono riflessioni che non riconoscono una differenza, ma che sottolineano una distanza, che non si interrogano sulla realtà ma che formulano un auspicio. Proprio mons. Galantino è diventato in questi giorni, suo malgrado, pietra di scandalo, accusato di gettarsi troppo nella mischia e di trascinare la Chiesa in politica. Ma chi inquieta veramente le troppe voci stonate che si sono intrecciate nelle polemiche di metà agosto non è mons. Galantino, bensì Papa Francesco. Proprio del Papa, non a caso, è una delle citazioni più importanti contenute nel suo intervento al Meeting: “Una Chiesa che fa del limite una risorsa assume uno stile missionario tanto invocato da Papa Francesco divenendo sempre meno dispensatrice di servizi e sempre più ‘ospedale da campo’, chinata sugli ultimi, nei quali è racchiusa la più grande ricchezza, nei quali è presente lo stesso Signore, dai quali spera di essere accolta nel Regno di Dio”.



Sono parole intrise di spirito evangelico, con una evidente allusione al Vangelo di Matteo capitolo 25, mentre esplicitamente evangeliche sono quelle di poco successive sulla beatitudine degli afflitti. Apparentemente, dunque, nulla di rivoluzionario. I politici che in questi giorni hanno invitato gli uomini di Chiesa a rispettare la politica come questa deve rispettare la Chiesa dovrebbero essere soddisfatti. Ma non è così. Una Chiesa che si trasforma in un ospedale da campo è una Chiesa che si immerge profondamente nella storia. Chi si misura in profondità con il limite, infatti, entra nel cuore della storicità che caratterizza l’esperienza umana, per usare le parole di mons. Galantino. Ma la Chiesa di Francesco lo fa non in modo generico bensì considerando il limite una risorsa e identificandolo principalmente con la povertà. Ed è proprio questo che inquieta tanti.



“Proprio l’esperienza dell’indigenza che nasce dal limite porta al fascino delle frontiere” ha aggiunto il Segretario generale della Cei. E’ il problema della vecchia Europa, stanca e ripiegata su se stessa, che non sente il fascino delle frontiere e vorrebbe respingere chi attraversa i suoi confini, come le centinaia di migliaia di profughi e di migranti, che politica e opinione pubblica cercano letteralmente di non vedere. Ma i poveri arrivano, ci sono, hanno bisogno, chiedono. La Chiesa, sentiamo ripetere ossessivamente, faccia il suo mestiere e non disturbi la politica che cerca soluzioni razionali. Spesso, però, la politica non è affatto razionale, come mostra proprio la questione degli immigrati, agitata in modo emotivo e facendo leva sulla paura. 



In ogni caso, il mestiere della Chiesa è proprio quello di dire che i poveri esistono, che sono una risorsa, che indicano nuove frontiere e che permettono ad un’Europa che “ha preso congedo dalla storia”, come ha detto Benedetto XVI, di ritrovare il proprio futuro. Gli 800mila nuovi arrivi di quest’anno, ha detto il ministro dell’Interno tedesco, chiedono all’Europa di cercare insieme “vie nuove”. In Italia invece — come altrove — molti difendono vecchie vie che hanno solo aggravato i problemi. La Chiesa non dà fastidio perché si intromette in politica, ma perché annuncia il Vangelo e così mette la politica davanti alle sue responsabilità. E’ il limite infatti a richiamare la responsabilità dice Bonhoeffer citato da mons. Galantino.

In questi giorni il Segretario generale della Cei è stato accusato di usare toni troppo accesi o maniere troppo ruvide. A Rimini però i suoi toni sono stati molto pacati e le sue maniere molto ponderate. Ma la sostanza non è cambiata. Per questo non tacciono le voci che invitano a prendere le distanze da Papa Francesco, cui mons. Galantino fa eco con un linguaggio a volte diretto e appassionato, altre volte meditato e filosofico. La parola chiave è “mediazione”. Occorre mediare tra quanto dice il Papa e la realtà. I cattolici italiani in particolare devono mediare tra il messaggio universale del vescovo di Roma e le specificità della situazione italiana. Tanto più, si insinua neanche troppo tra le righe, che papa Bergoglio viene dall’Argentina e non conosce l’Europa. Ma mediare in questo caso significa sfumare, attenuare, distorcere. Il Vangelo non va mediato ma incarnato e cioè storicizzato. La prima domanda da farsi è: chi sono gli ultimi di cui ha parlato mons. Galantino? Il resto viene dopo.

E’ interessante che questo messaggio sia stato portato al Meeting di Rimini. Nella sua storia , Comunione e liberazione non ha amato molto il termine “mediazione” ed è stata accusata per questo di “integralismo”. E’ nel suo dna capire e vivere la radicalità del messaggio religioso e in passato e stata accusata di scelte eccessive proprio per questo. C’è da augurarsi perciò che l’incontro tra le parole di Papa Francesco e gli uomini e le donne di Cl sia profondo e fecondo. Sarebbe un contributo importante per tutta la Chiesa italiana.

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