Donne, du du du. C’era un volta l’orgoglio femminista, vento che spazzava stereotipi, pregiudizi e complessi, chiedeva giustamente rispetto e tutele. Le gonne a fiori e i capelli selvaggi rivendicavano ancora una femminilità diversa e libera, non l’omologazione ai modelli maschili, la parità non era ancora rincorsa frenetica e ansiogena a perdere identità e natura, per rincorrere lo stesso potere che si attribuiva con disgusto al maschio dominante. Dai jeans sdruciti di tempo ne è passato: le donne hanno riscoperto il corpo per usarlo come e più di prima, per farsi usare e rimanere oggetto più di prima, non solo di padri e mariti, ma del senso comune, di media, pubblicità, politica, insomma del potere. Con la maiuscola.



Hanno reso oggetto se stesse e il frutto più grande e misterioso dell’essere donna, ovvero la maternità: credendo che libertà sia decidere come e dove e quando figliare, scegliendo i tempi giusti, in linea con le aspettative proprie e altrui. Hanno fatto il proprio corpo a brandelli, da vendere, comprare, affittare, non più solo offrendosi come oggetto di desiderio e piacere, ma ponendo all’incanto le proprie stesse viscere, perché rispondano al timer dettato dalla smania di una presunta libertà. Dalle contraccezioni chimiche e meccaniche alla fecondazione eterologa, dalla chirurgia estetica ossessiva al cambio di sesso.



Così la notizia che tre giovani donne manager inglesi hanno deciso di eliminare il ciclo mestruale non è più notizia. Sono in gamba, in carriera, non ancora trentenni. Quei due o tre giorni al mese intorpiditi da doloretti e intristiti da nausee e gonfiori e spossatezza, sono un handicap evidente, intollerabile, che limita l’efficienza e la competitività coi colleghi maschi, per non dire del tempo speso in acquisto e cambio di assorbenti, dell’impedimento in una convention al mare, una riunione a bordo piscina, che so, una serata di sesso per spionaggio aziendale.

Libere dal ciclo mestruale, da questo condizionamento che la natura sessista ha imposto a un genere da modificare, plasmare a gusto proprio e consumo, fino a cancellarlo. Anche qui si tratta di qualche pillola in più, o un’iniezione una tantum e con le mestruazioni, via i malesseri e gli intoppi mensili. Problemi? Una buona percentuale di rischi in più, per il tumore alle ovaie o alla mammella, osteoporosi precoce, aumento vertiginoso di attacchi di cuore, ma bastano controlli assidui, e pasticche di altro tipo. Quanto ad altri effetti collaterali, tipo l’infertilità, è davvero l’ultimo dei problemi: i figli prima o poi si acquistano sul catalogo, o un’amica compiacente ti presta l’utero. Non c’è neppure il pericolo della pancetta post partum e guai alle suture di un probabile cesareo, così antiestetiche.



E poi stiamo a discutere di quale antropologia e nuovi auspicati umanesimi. L’umano, tra noi, è un difetto genetico, stiamo cancellandone ogni inquietante traccia residua.