Il giorno 2 settembre la Chiesa cattolica ricorda e celebra la memoria di Sant’Abibo di Edessa, diacono e martire. Il Santo nacque proprio nella città siriana, dove cercava di diffondere il culto cristiano. Abibo, assieme a Guria e Samona, era uno dei responsabili della grande scuola cristiana presente in quella città, e il suo compito era uno solo: convertire tutte quelle persone che, attorno al IV secolo Dopo Cristo, ancora avevano un culto pagano e politeista. Ovviamente le opere che Abibo, assieme ai suoi due amici diaconi, stava realizzando vennero tutt’altro che ben tollerate dall’imperatore della Siria Galerio, che decise, attorno al 305, di perseguitare i cristiani e coloro che decidevano di divenire religiosi e timorati di Dio.
Abibo riuscii a fuggire dalle persecuzioni, mentre i suoi due amici perirono durante i diversi massacri che vennero compiuti in quegli anni, dove persero la vita oltre trecento persone. Dopo questo particolare massacro, l’imperatore decise di proclamare un editto di tolleranze, ed Abibo, unico sopravvissuto dei tre diaconi, decise di proseguire la sua missione, stavolta con maggior convinzione e foga.
Passarono gli anni e sempre più persone diventavano cristiane, e questo sembrava ormai non avere importanza per l’imperatore, che lasciò il permesso ad Abibo di esercitare la sua fede. L’imperatore però, attorno al 306, perse la vita ed a sostituirlo ci fu Licino Valerio, un imperatore che era meno tollerante rispetto a Galerio. Per Abibo dunque si prospettava un altro lungo periodo di fuga e soprattutto di persecuzione, ma stavolta il futuro santo decise si non opporsi e scappare dalle ingiustizie che l’imperatore stava commettendo. Invece che rifugiarsi, come accaduto in passato, Abibo decise di farsi arrestare dalle guardie imperiali, non prima però di aver convertito gran parte della popolazione siriana. Abibo decise dunque di divenire martire, e le torture alle quali fu sottoposto furono tantissime e di entità differente.
Inizialmente, il diacono venne semplicemente interrogato ma, visto il suo modo di comportarsi tranquillo, e soprattutto assente, le guardie iniziarono a picchiarlo, per fargli confessare i crimini che, secondo l’imperatore, aveva compiuto. Abibo sopravvisse ad ogni tortura e l’imperatore, ormai stanco di avere a che fare con lui, decise nel 322 di condannarlo a morte, facendolo ardere vivo. Abibo perse la vita, ma il suo corpo rimase integro, come per miracolo: i suoi fedeli decisero dunque di imbalsamarlo e di portarlo nella tomba dei martiri, dove potè riunirsi assieme agli altri martiri e diaconi, ovvero a Samona e Guria.
Sant’Abibo inizialmente veniva festeggiato il quindici novembre, festa nella quale venivano celebrati anche gli altri due martiri, salvo poi cambiare data, visto che Abibo morì sedici anni dopo gli altri due. La Siria e Edessa sono le due città dove Abibo viene festeggiato, e di cui si può considerare il patrono, seppur non ufficialmente. Durante la giornata viene organizzata una piccola processione e diverse feste e sagre, dove si consumano pietanze tipiche delle due città. Questa piccola festa inizia con una funzione religiosa, che ripercorre la vita di Abibo. In Italia invece, il culto di Abibo è praticamente assente, seppur in qualche piccola città venga festeggiato con delle piccole sagre dalla durata di un giorno solo.
Sempre nella giornata del due settembre di ogni anno, ad esser festeggiati in diverse città italiane, con delle piccole feste e sagre che si svolgono soprattutto nei piccoli paesi, sono i santi Antonio Franco, vescovo che riuscii a convertire una buona parte di italiani durante il periodo medievale, e San Giusto di Lione, patrono della città francese, che in Italia non viene festeggiato.