VOLO PAPALE — Il Papa è cattolico? Titolava bizzarramente il Newsweek alla vigilia del viaggio caraibico americano del pontefice. “Se necessario che io reciti il credo, sono disposto a farlo”. La maliziosa domanda ha ricevuto risposta adeguata tra le nuvole, nella conferenza stampa ad alta quota concessa da Papa Francesco ai giornalisti embedded, sull’aereo che da Cuba lo portava nella base militare di Andrews a Washington.
Così, con studiata ironia, Bergoglio ha smorzato le aspre polemiche sulla sua persona, neutralizzando anche le diffidenze scatenate in America dal suo parlare disinvolto e franco. Soprattutto su temi a cui gli americani sono decisamente sensibili: come il loro sistema economico, il loro ruolo sulla scena internazionale e la supremazia civile e culturale che si pregiano di esercitare. Dominio puntellato da un capitalismo ambizioso ed eticamente neutro. C’è chi, soprattutto in contemporanea all’uscita delle ultime fatiche magisteriali di Papa Francesco, si è spinto ad etichettarlo non solo come “comunista” ma persino come “distributore di misericordia a gettoni” e “antimperialista” latino. Se si mette in conto che quella di ieri era la prima volta sul suolo americano del pontefice argentino, il gioco è fatto.
Ma si sa, Francesco ama sorprendere. E come se non bastasse arrivare a Washington con un volo in partenza da Santiago di Cuba, cosa praticamente impossibile senza a bordo il successore di Pietro, il Papa ha deciso di scompigliare le certezze americane in fatto di papi latinoamericani, giocando d’anticipo con una conversazione senza rete e senza pudori. Come si spiegherebbe altrimenti il succoso aneddoto raccontato su una buona e “un po’ rigida” signora (si presume americana) che tutta preoccupata chiede ad un cardinale di rassicurarla su anticristi e Sacra Scrittura, arrivando infine a confessare che ha maturato la convinzione che Francesco sia l’antipapa. L’iperbolica definizione sembra non aver disturbato più di tanto Bergoglio, che ha rivelato anche il perché di tanta certezza: Francesco si sarebbe meritato tanto infamante ruolo perché non indossa le scarpe rosse. Almeno a giudizio della suddetta signora. La vicenda potrebbe avere la consistenza di un’innocua barzelletta, se non fosse che luoghi comuni e pregiudizi del genere popolano l’immaginario a stelle e strisce. E il Papa sembra assolutamente consapevole dell’equivoco sulla sua persona. Ma l’episodio riportato, che nulla ci fa supporre non essere vero, ha un colore fondamentale. Il rosso. Non porta le scarpe scarlatte ma il cuore batte a sinistra, commentavano alcuni colleghi americani. Almeno stando alle dure critiche al capitalismo selvaggio e alla tendenza a spostarsi sempre su temi cari ai progressisti.
“Comunista, non comunista… io sono certo che non ho detto una cosa in più che non fosse nella dottrina sociale della chiesa” ha sbottato ieri. Anche se poco dopo ha ammesso che qualche motivo ai suoi detrattori gli è stato dato, non da lui ma da interpreti che hanno fornito una spiegazione “un pochino sinistrina” della sua ultima enciclica, quella maggiormente sotto accusa.
Ma quando un giornalista francese lo ha stuzzicato sui suoi discorsi a Cuba, insinuando che avesse mostrato maggiore indulgenza con il sistema comunista, evitando la durezza esibita invece verso il liberalismo capitalista, ha risposto paziente “Nei discorsi che ho fatto a Cuba ho sempre fatto cenno alla dottrina sociale della Chiesa, ma le cose che si devono correggere le ho dette chiaramente, non ‘profumatamente’ o in maniera ‘soft'”.
Bergoglismi a parte nessuna soggezione per il governo dell’Avana, e sul mancato incontro con i dissidenti cubani ha chiarito di non essere stato messo al corrente di arresti di dissidenti durante la sua permanenza e che non erano state previste udienze private. Ha confermato, però, contatti tra la nunziatura ed alcuni anticastristi, si era lavorato per un saluto informale durante uno dei trasferimenti all’Avana, in particolare quello verso la Cattedrale dove si sarebbero dovuti trovare alcuni oppositori del governo comunista. Ma non sapremo mai se l’incontro sia avvenuto, i dissidenti non si sono identificati come tali. Dei suoi giorni cubani, poi, ha ricordato anche l’incontro familiare e spontaneo con Castro, rivelando che il tempo insieme è stato riempito da chiacchiere sugli anni di Fidel nel collegio dei gesuiti, sulle amicizie comuni e le preoccupazioni per l’emergenza climatica. Insomma con il grande vecchio, mito vivente e icona comunista si sono parlati da uomini, senza fare bilanci o processi alla storia. Del resto Papa Francesco ama guardare avanti e per questo si è mostrato desideroso di vedere la fine del bloqueo, esattamente come i suoi predecessori, auspicando che i negoziati tra Cuba e Stati Uniti vadano a buon fine, in modo da soddisfare entrambe le parti. Certo un cosa agli americani non concederà mai, nonostante si sforzi: non riesce ad imparare l’inglese, “non sono bravo” ha ammesso candidamente.