In questi pomeriggi di fine estate capita spesso di raccattare pensieri e confidenze. Talvolta, come ieri, anche qualche lacrima amara. Una signora poco più giovane di me mi confida — ancora un po’ scioccata — che i suoceri stanno per separarsi; mi racconta che, non appena ha saputo della notizia, subito ha pensato che l’iniziativa fosse una di quegli escamotage fiscali per risparmiare le tasse sulla seconda casa, quella sul Lago Maggiore che i due — ormai nonni — si son comperati dopo vent’anni di sogni e risparmi. Invece no: invocando lo scioglimento del matrimonio, il suocero settantenne fa dannatamente sul serio. “Con il divorzio, lui dice di rivendicare il suo diritto alla ricerca della felicità” mi riferisce la nuora ancora incredula.



Pare che la decisione di troncare non sia piombata giù dal nulla — come una dentiera che all’improvviso si stacca dall’arcata superiore — ma fossero addirittura anni che la covava dentro: non l’aveva mai confessata perché temeva la reazione dei figli. Poi, quando anche la figlia maggiore ha divorziato, s’è fatto coraggio. Succede anche questo: una volta i genitori spianavano la strada ai figli; ora succede anche che siano i figli a spianarla ai genitori…



In casa, il figlio della coppia ha tentato di fare da paciere, ma nulla. Intanto la suocera, ferita nell’orgoglio, chiede almeno che le vengano pagati gli alimenti. “Se lui non sgancia il dovuto, gli pignoreranno la pensione” non ho potuto fare a meno di commentare.

A casa, ho fatto due ricerche per capire se si trattasse di un fatto inconsueto. No: la richiesta di divorzio è il nuovo boom esploso fra gli over 65, soprattutto dopo l’entrata in vigore della recente legislazione sul divorzio breve. Prima, il divorzio era appannaggio delle generazioni più giovani, quelle con tempo, energia e denari sufficienti a far fronte a quel giro di vite che ti cambiava la vita. Adesso tutto è cambiato: il tempo per la separazione s’è ridotto all’osso (e pazienza se è fragile), il vigore che pian piano scema viene ampiamente compensato dalle case farmaceutiche (non si pensi alle pillole per la pressione alta), mentre i denari necessari per una sentenza di scioglimento sono alla portata di tutti (con una confezione di Multicentrum si coprono i costi di un divorzio, purché consenziente e senza figli né beni comuni).



In America, lo hanno battezzato: “Grey divorce”, il divorzio dai capelli brizzolati; fa tanto 50 sfumature di tintura, ma tant’è.

La cosa più inquietante secondo me è che si parla di coppie che fino a poco tempo fa probabilmente sarebbero rimaste insieme fino alla fine per mancanza di “facilitazioni” alla separazione. In sostanza, di uomini e donne che restavano uniti — non perché è bello stare insieme — ma per mancanza di scappatoie. Certo, ci saran pure delle drammatiche eccezioni che gridano una via di fuga, ma le richieste che oggi arrivano agli avvocati son troppe per finire tutti nelle eccezioni.

E’ come se io andassi a vedere un film e decidessi di stare in sala fino alla fine non perché mi interessa il film, ma solo perché non trovo le uscite di sicurezza.

Dinanzi al dubbio se lasciarsi andare o meno al carpe diem, c’è comunque una verità indiscutibile: almeno in un aspetto, quel suocero ha ragione da vendere. Lui desidera la stessa cosa che vogliamo anche tutti noi: essere felice.

E se qualcuno — tra venti o trent’anni — sarà ancora seduto comodo sulla sua poltrona del cinema e non se ne sarà andato annoiato, non sarà perché sarà stato più bravo di lui. Sarà stata la grazia, la fortuna, o magari la scommessa che avrà fatto ogni santo giorno: quella di poter essere felice lasciandosi semplicemente sorprendere fino alla fine del film.