NEW YORK — In attesa che Papa Francesco compia l’ultimo atto della sua visita agli Stati Uniti d’America, tra amici non si fa altro che parlare di quello che abbiamo visto e udito in questi giorni. E siamo a New York, dove non è che non succeda mai niente. Parafrasando Aristotele possiamo dire: “non e forse vero che quando parliamo del Papa ci dimentichiamo persino dei Mets, ai play-off dopo nove anni?”.



Chiunque abbia anche solo visto qualche immagine, o solo letto qualche stralcio delle cose dette, in qualche modo, in qualche misura, ne è rimasto colpito. Ognuno sa che il Papa gli ha parlato, sì è rivolto a lui, ha parlato a lui, è stato con lui. Persino i commentatori televisivi se ne sono accorti. Osservando il santo padre incontrare gente di tutti tipi, from every walk of life, più volte li ho sentiti esprimere il loro stupore per l’attenzione, la tenerezza di Papa Francesco verso chi aveva di fronte; fossero dignitari di Stato, rappresentanti di altre religioni, parenti delle vittime dell’11 settembre, gente comune, malati, diseredati, bambini.



I bambini… la visita alla scuola di Harlem è stata senz’altro una delle cose più belle tra le tantissime cose belle di questi giorni. Belle perché vere. Vere perché profondamente ed infinitamente umane. Ogni volta che si è trovato a contatto con i bambini il volto del Papa si è illuminato di gioia. Abbiamo visto tutti come se li portava vicino, li accarezzava, benediceva. Anche ai bambini ha chiesto di pregare per lui come ha incessantemente chiesto a tutti. Ma ad Harlem ha aggiunto una cosa, preziosa: “Pregate per me perché io possa portare a tanti la gioia di Gesù”. Perché siamo tutti fatti per la felicità, ma la felicità può esserci solo dove c’è Gesù. Attorno al Papa in questi giorni c’è stata tanta felicità, anche nei luoghi e nei momenti più dolorosi come a Ground Zero. C’è stata perché è la presenza di nostro Signore che Francesco ha portato, non un messaggio politico, populista o ecologista. Anche chi non sa o non vuole accettare l’albero non può non vedere il frutto. Vede il frutto e si deve chiedere il perché.



Io sono uno di quelli che il Papa è riuscito a vederlo solo in televisione. Venerdì sono stato a un passo dall’afferrare un biglietto per la messa al Madison Square Garden. Ci volevo proprio essere. Inaspettatamente un amico me l’aveva offerto, ma dopo essermi messo diligentemente in fila, ho capito che prenderlo sarebbe stato impossibile. 

Così, per una delle rare volte in vita mia, ho fatto il povero. Mi sono fatto tre ore di fila sapendo che non sarei mai entrato. Come fioretto, come piccola offerta del mio tempo, come può fare uno che non può cambiare il corso della vita ma vuole essere libero e felice lo stesso. 

Il Papa è stato con ciascuno di noi, ha abbracciato la nostra terra, abbracciato le luci di New York, il nostro forsennato correre quotidiano, offrendoci la felicità di Gesù ed invitandoci ad essere felici amando, aiutando, servendo. Come bambini che sognano l’infinito. 

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