Si intrecciano sui media, attorno alla figura del Papa, due equivoci che vengono alimentati da ogni episodio che ha il Pontefice come protagonista. Il primo equivoco è quello di dipingere il Papa come un uomo di rottura, in discontinuità rispetto ai propri predecessori. Il secondo equivoco, invece, riguarda le persone cui si rivolge Francesco: esse vengono sempre definite in forza di una tipologia di appartenenza, una tipologia che le rende non più persone, bensì emblemi e simboli. Una certa fetta del mondo cattolico segue questa vulgata e descrive Bergoglio come un uomo sprezzante verso la Tradizione e inaudito nel comportamento che egli frequentemente tiene verso alcune categorie di persone incarnate, di volta in volta, da uomini e donne che le rappresentano. 



L’ultimo caso, tanto per fare un esempio, risale ad una donna, una ragazza madre di San Antonio (Texas), che Francesco ha potuto accostare nel ciclo di videoconferenze che sta tenendo con diverse zone degli Usa in vista del suo viaggio americano di fine mese. Questa modalità di dialogo che il Vescovo di Roma ha stabilito per prendere contatto con la realtà del Nordamerica, una modalità spontanea e senza filtri, permette — rispetto al passato — che gli interlocutori pubblici del Papa siano meno selezionati e più rappresentativi della situazione vera di un certo paese. Francesco ha parlato con questa donna, ha dialogato con la sua storia terribile di madre di due figli, e le ha fatto i complimenti per aver scelto di non abortire. La stampa è impazzita: i media di tutto il mondo hanno parlato di un Papa che — per la prima volta nella storia — benedice una ragazza madre mettendo in evidenza la rottura del Pontefice con la Tradizione e l’esemplarità della donna, in quanto rappresentante di una “categoria sociale” scelta dai giornaloni di casa nostra e d’oltreoceano. 



La manipolazione, insomma, regna sovrana e un Papa che benedice una donna per “il coraggio che ha avuto di non uccidere i suoi figli” diventa il Papa che benedice e promuove le “ragazze madri”. Questo succede per lei, ma anche per Scalfari, per la Bonino, per un ragazzo omosessuale passato nel tunnel del bullismo: tutto viene interpretato e usato a regola d’arte. Eppure nessun uomo è un simbolo, ma ciascuno ha una storia. Ed è con quella storia che la Chiesa dialoga, è a quella storia che la Chiesa annuncia il Vangelo di Cristo. Ridurre le persone a categorie astratte, fortemente devianti i tratti essenziali delle loro vicende, e leggere le parole e i gesti del Papa in modo deformante e tendenzioso non è altro che la trappola che le lobbies di tutto il mondo stanno preparando per la compagine del popolo cristiano. In vista del Sinodo, in vista del Giubileo. E la cosa grave non è che questi signori ci provino a fare tutto ciò, ma che qualche fratello (o sorella) alla fine ci creda. Questa sì è un’insidiosa vittoria che potrebbe condurre — come ha saggiamente ricordato ieri il cardinale Müller — sull’orlo del precipizio. Un precipizio su cui qualunque malelingua potrebbe poi dare una spintarella. Quella definitiva.

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