E’ stata la sua testimonianza a far arrestare Stefano Binda come presunto colpevole dell’omidicio di Lidia Macchi. Patrizia Bianchi è la donna che dopo 29 anni ha riconosciuto la calligrafia di una lettera mostrata dal programma di Rete 4 Quarto Grado: la lettera era stata ricevuta dai familiari di Lidia Macchi subito dopo il funerale della ragazza. Patrizia Bianchi, compaesana di Brebbia, piccolo paese in provincia di Varese, ha collegato quella calligrafia a un ex compagno di scuola che le aveva mandato qualche cartolina all’epoca dei fatti. E così si è presentata agli inquirenti che hanno riaperto il caso dopo tanti anni. Ma dopo la sua testimonianza la donna non vuole più parlare della vicenda. Contattata dal Il Giorno ha rifiutato un’intervista. Si legge infatti sul sito del quotidiano: “«No, guardi, non è il caso». Una voce dal citofono di un grande condominio non distante dal centro di Varese. A un passo, sullo stesso marciapiede, la cooperativa dove lavora Patrizia Bianchi. Ha scelto il silenzio. La sua testimonianza segna la svolta nella vicenda Macchi, fino all’arresto di Stefano Binda, quel ragazzo di cui Patrizia ammirava «cuore, anima e intelligenza», innamorata per quanto conscia di vivere una storia senza sbocchi, perché Stefano era misogino al punto da pentirsi anche di un bacio. È lungo, sofferto, l’approccio di Patrizia con la polizia. Il primo contatto nell’estate del 2014, con l’esplicita raccomandazione di rimanere «fonte confidenziale»”.
A poche ore dall’arresto del presunto assassino, la famiglia di Lidia Macchi decide di fare tutto il possibile per chiudere il caso una volta per tutte. Il legale dei Macchi, come ha fatto sapere a Quarto Grado, annuncia che è stata depositata alla Procura Generale di Milano la richiesta per la riesumazione dei resti di Lidia, uccisa brutalmente con 29 coltellate nel 1987. La famiglia vuole infatti cercare conferme della colpevolezza di Binda anche sulla salma della ragazza nella speranza di avere ulteriori prove. Lidia Macchi, all’epoca dei fatti appena 21enne, era stata stuprata quella notte, prima di essere uccisa. “E’ un’ipotesi che ovviamente consideriamo come ultima spiaggia”, afferma Daniele Pizzi durante la puntata di Quarto Grado, “può essere presa in considerazione laddove tutti gli altri accertamenti hanno dato esito negativo”. Ieri mattina, all’alba, viene arrestato Stefano Binda grazie ad una lettera che lo ha incastrato e che è stata riconosciuta da una compaesana. La Procura Generale ha già effettuato in queste ultime ore degli accertamenti e hanno verificato che nell’agenda del Binda sarebbero state strappate proprio le pagine che vanno dal 4 all’8 gennaio del 1987.
Carmen Manfredda, il sostituto Procuratore Generale di Milano, ha affermato alle telecamere di Studio Aperto “lo dovevamo alla famiglia di Lidia Macchi, lo dovevamo a noi stessi e lo dovevamo anche alle molte persone che in 29 anni sono stati inseguiti dal vento velenoso della calunnia e del sospetto”. Qui il video del servizio di Studio Aperto sulla vicenda.