Arriva in mezzo alla puntata di Pomeriggio 5 una ultim’ora sul caso di Lidia Macchi, che come potete vedere qui sotto è stato poco fa trattato proprio nel programma di Canale 5 con Barbara D’Urso: riporta l’inviata da Brebbia, il paese dove è stato arrestato Stefano Binda, per ora unico indagato e arrestato per l’omicidio Macchi di 30 anni fa, quanto segue. «Secondo una indiscrezione degli inquirenti, la madre di Lidia, Paola Bettoni, avrebbe confidato che la ragazza poche settimane prima del delitto avrebbe detto della sua forte preoccupazione per un amico che si aggirava spesso con un coltello». Rimane una indiscrezione che andrà ovviamente verificata alla perfezione, dato che in questi 29 anni gli scoop o presunti tali non hanno fatto altro che rovinare le indagini e far perdere ulteriore tempo agli inquirenti, oltre che arrecare danno continuo alla famiglia e agli amici della vittima.
In questo momento il caso di Lidia Macchi viene affrontata in televisione, a Pomeriggio Cinque con l’intervento in collegamento con Giordano, compagno di classe all’epoca dei fatti di Stefano Binda. «Me lo ricordo bene, lo conosco anche ora e per me non può essere stato lui ad uccidere Lidia», le parole di Giordano. Binda ora è in carcere, ma gli inquirenti starebbero indagando anche su una possibile seconda persona visto che dalle prove del dna risulta che il francobollo della ormai famosa lettera mandata alla famiglia Macchi il giorno dei funerali della ragazza – “In morte di un’amica” era il titolo – per cui Binda è stato arrestato perché risulta dalla perizia calligrafica che l’ha scritta lui, sarebbe stato leccato da un’altra persona. Insomma, per le tracce di dna su quella lettera è tutto ancora oscuro. Rimangono le parole della mamma, che nel dolore dice che forse le indagini non sono finite. A prescindere da tutto questo, un caso è ancora aperto per una ragazza che ha sofferto allora e di cui in tanti, per fortuna, in questi anni hanno tentato di vivere nella sua memoria. Questo, prima ancora dell’omicidio e del processo, vale sottolinearlo in questi giorni di corse e rincorse su presunti scoop che spesso non tengono conto di persone dentro ai fatti, e non solo di dati.
Una Messa in riccordo di Lidia Macchi, la ragazza uccisa 30 anni fa a Cittiglio, in provincia di Varese, e per il cui omicidio è stato arrestato nei giorni scorsi un ex compagno di scuola, Stefano Binda. La funzione religiosa è stata celebrata ieri nella cappella della Fondazione Molina di Varese, istituto dove è ricoverato Giorgio, il padre di Lidia. Secondo quanto riportato dai quotidiani locali alla Messa hanno partecipato circa 300 persone che si sono strette intorno alla famiglia Macchi, il padre Giorgio, la madre Paola e gli altri due figli Alberto e Stefania. A celebrare la funzione don Silvano Lucioni di Bisuschio. Durante un Salmo la preghiera: “Perché Lidia accompagni il lavoro degli inquirenti affinché possano raggiungere la verità”. Poi, come riporta il quotidiano La provincia di Varese, un’omelia di speranza: “Lidia è molto di più dell’omicidio della ragazza scout”. Siamo qui per ringraziare la scia luminosa che lei ha lasciato, per quel ponte che ha lasciato verso l’eterno e su cui per un pezzo ci ha accompagnato. Lei è stata una scia luminosa di questo ponte che conduce all’eterno, verso l’ignoto che per lei era l’amato ed era tutto. Lidia era nemica della gabbia, del pregiudizio, del cantuccio caldo, dell’apparenza, della superficie. Lidia ardeva, spasimava. Lei era affascinata dalla verità, era avida di verità”.
Ha parlato in una intervista al Corriere la mamma di Lidia Macchi, dopo l’arresto di Stefano Binda, amico e compagno di scuola della ragazza uccisa 30anni fa in provincia di Varese: lui è accusato di aver ucciso Lidia dopo la perizia calligrafica positiva di quella lettera mandata alla famiglia Macchi il giorno del funerale della ragazza, mentre la madre, Paola Bettoni, è addolorata per una vicenda che improvvisamente si riapre e ancora non è del tutto chiarita. «Mi domanda se finalmente abbiamo scoperto la verità? Non so se quest’uomo è il responsabile o l’unico responsabile. Credo, ma potrei sbagliarmi, che le indagini non siano terminate. Questo non toglie il mio ringraziamento alla dottoressa Manfredda, tenace e ostinata: e ugualmente ho la convinzione che la mia Lidia mi abbia aiutato, in tutti questi anni, a trovare dopo una infinita attesa le persone giuste, investigatori e avvocati».Qualche polemica sulla lettera, dopo che la donna afferma che evidentemente di quello scritto non è stato preso in considerazione all’epoca quasi nulla, altrimenti forse qualcosa sarebbe potuta venir fuori molto prima, invece che attendere 30 anni.
Continuano le indagini sul caso Lidia Macchi e vengono ascoltate ancora molte delle persone in qualche modo coinvolte, seppur in maniera indiretta, in questa tragica vicenda. E’ il caso di Gianni Spartà che sarà presente a I Fatti Vostri, la trasmissione in onda su RaiDue, a partire dal 18 gennaio 2016. Il giornalista è ora in pensione ma precedentemente ha lavorato per La Prealpina. All’epoca dei fatti si occupò anche dell’omicidio di Lidia Macchi, avvenuto in una tragica notte, nel varesotto, di ormai 29 anni fa. I giorni scorsi il caso ha subito una grande svolta grazie all’arresto del presunto assassino ma rimangono aperte ancora alcune questioni che dovranno essere chiarite al più presto. Giancarlo Magalli intervisterà Spartà sulla possibile ricostruzione dei fatti che il giornalista ha descritto, non senza un velo di ironia, sul proprio blog. “Veniamo all’inchiesta ora che un arrestato c’è. Il botto è stato tremendo a livello nazionale: per notorietà, stando a un sondaggio, il giallo di Varese è secondo dopo i delitti del mostro di Firenze”. Per ora, come ci suggeriscono le pagine di Spartà, Stefano Binda non ha ancora confessato “e adesso sì che sarebbe utile poter confrontare la sua tessera genetica con quella estratta dai reperti biologici (liquido seminale, sangue) trovati nel corpo di Lidia”. Per mettere in atto questo procedimento bisogna trovare strade alternative perché, come sappiamo, i vetrini con le tracce sono stati distrutti già anni fa. E’ anche su questo che Spartà ironizza affermando che “adesso sì che sarebbe utile poter confrontare la sua tessera genetica con quella estratta dai reperti biologici (liquido seminale, sangue) trovati nel corpo di Lidia”. Ma quale sarebbe il movente che ha spinto Stefano Binda a sferrare 29 coltellate a Lidia Macchi? Secondo il servizio di Studio Aperto, l’uomo sarebbe stato spinto da una forte ossessione per Lidia e che lo ha portato a porre fine alla sua vita in quel gennaio del 1987. “Sono tranquillo” ha detto Binda al suo avvocato “attendo che tutto si chiarisca”. A Brebbi, nel paese in cui Binda vive, lo conoscono tutti ma nessuno, come confermato da un cugino di secondo grado, lo ha mai visto con una ragazza. In realtà, come ci informa il servizio di Studio Aperto, una ragazza c’è stata, nel 1988.
Si tratterebbe proprio della telespettatrice che ha riconosciuto la calligrafia del presunto assassino di Lidia Macchi e che ha reso possibile il suo arresto. Gli inquirenti non vogliono ancora scartare l’ipotesi che siano implicati nel delitto anche dei complici e che potrebbero vivere ancora negli ambienti in cui abitava la vittima. Possibile la riesumazione della salma per fare ulteriori controlli sulle tracce di DNA, dopo che i campioni già prelevati sulla scena del crimine sono stati distrutti 11 anni fa.
Guarda il video col servizio di Studio Aperto su Lidia Macchi ()