Uno dei casi che stasera Chi l’ha visto? vuole illuminare è proprio il delitto di Teresa e Trifone e per il quale è ancora indagato Giosuè Ruotolo. L’uomo è stato interrogato per la seconda volta sugli omicidi, è salito in procura alle 14:40 ed alle 15:30 è uscito dopo essersi avvalso della facoltà di non rispondere. Viene quindi tutto rinviato a dopo l’incidente probatorio su un pc sequestrato alla caserma De Carli di Cordenons, perchè i messaggi alla povera Teresa sarebbero partiti proprio da lì. I messaggi dicevano sommariamente frasi come “Teresa non illuderti, Trifone non ti ama” e continuavano “è un amorale che passa il tempo a conquistare donne”. Parole crudeli per Teresa che avevano innescato, secondo la procura di Pordenone, una reazione a catena inarrestabile che ha portato poi al duplice delitto. E’ nei social network che gli inquirenti cercano le prove degli omicidi e sembra che sappiano già a chi appartiene realmente il profilo facebook al centro dell’indagine. Il difendore di Ruotolo continua ad affermare che non c’è nessun collegamento fra il suo assistito e quel profilo anonimo. Diversa la posizione degli inquirenti che sembrano certi che i messaggi siano stati spediti proprio da quel computer. Inoltre l’apparecchio è stato sequestrato dalla caserma di Cordenons, da quel laboratorio in cui Ruotolo trascorreva diverse ore. In un primo momento i due caporali Renna e Romani avevano coperto Ruotolo dicendo che non si era mosso da casa. Quando i due sono stati indagati per concorso in duplice omicidio avevano scaricato l’amico affermando che Ruotolo, la sera dell’omicidio, era uscito durante la sera. Questi i particolari che sarebbero scritti nel verbale dell’interrogatorio di Renna e Romani. I due avevano anche affermato che Ruotolo sarebbe un esperto informatico e proprio per questo gli inquirenti sospettano che sia stato lui a creare e poi a cancellare il profilo facebook. Presente in studio l’avvocato Costantino Catapano, avvocato di Rosaria, che conferma che la sua assistita ha confermato in un secondo momento che il profilo sia stato creato da Giosuè ed usato per inviare messaggi a Teresa. La donna è accusata per false comunicazioni al pubblico ministero e per istigazione. Secondo l’accusa Rosaria avrebbe detto a Giosuè di uccidere le due vittime mentre secondo Catapano potrebbe trattarsi di una mossa degli inquirenti per dividere i due fidanzati.
In silenzio di fronte ai pm per capire quali prove gli inquirenti avrebbero in mano contro di lui. Sarebbe questa la strategia difensiva di Giosuè Ruotolo, il militare di Somma Vesuviana indagato per il duplice omicidio di Teresa e Trifone, i due fidanzati uccisi con colpi d’arma da fuoco alla testa a Pordenone il 17 marzo 2015. Si è parlato della vicenda questa mattina su Rai Uno nella trasmissione Storie Vere. Durante il programma sono state mandate in onda le immagini del militare appena uscito dalla procura di Pordenone dove ieri è stato interrogato per la seconda volta. L’uomo è indagato a piede libero e in molti si aspettavano il suo fermo. Ma così non è stato. Giosuè si è avvalso della facoltà di non rispondere: con tutta probabilità le domande dei pm erano centrate sul finto profilo Facebook dal quale, secondo le accuse, Giosuè avrebbe inviato messaggi anonimi a Teresa per minare il suo rapporto di coppia con Trifone. Dopo l’interrogatorio Giosuè è stato visto entrare in un bar con il suo avvocato: qui i due avrebbero messo a punto la strategia difensiva, cercando di capire quali carte avrebbe in mano la procura.
Sereno e tranquillo. Così è apparso ieri dopo l’interrogatorio Giosuè Ruotolo, il militare di Somma Vesuviana indagato per il duplice omicidio di Teresa e Trifone, i due fidanzati uccisi con colpi d’arma da fuoco alla testa a Pordenone il 17 marzo 2015. Le immagini dell’uomo uscito dalla procura di Pordenone dopo esser stato interrogato dai pm, sono state mostrate questa mattina in diretta su Rai Uno nella trasmissione Storie Vere. Giosuè ha mostrato un’aria serena e ha anche abbozzato qualche sorriso: dopo l’interrogatorio di un’ora è entrato in un bar con il suo avvocato per fare il punto sulla strategia difensiva. Davanti ai pm l’uomo si è avvalso della facoltà di non rispondere: con tutta probabilità le domande degli inquirenti hanno ruotato intorno al finto profilo Facebook dal quale, secondo le accuse, Giosuè avrebbe inviato messaggi anonimi a Teresa. Molto si aspettavano ieri il fermo dell’uomo ma così non è stato: Giosuè resta per il momento indagato a piede libero e i pm probabilmente aspettano di ricostruire un puzzle fatto di tanti tasselli, tra cui non solo le chat di FB ma anche le contraddizioni in cui è caduto Giosuè e le immagini della telecamra che inquadra l’auto dell’indagato proprio mentre Teresa e Trifone venivano uccisi.
Siamo forse ad una svolta nel caso di Teresa e Trifone. Messaggi partiti da un finto profilo Facebook e inviati, secondo gli inquirenti, da Giosuè Ruotolo contribuirebbero a gettare una nuova luce sulla vicenda. Il militare di Somma Vesuviana è indagato per il duplice omicidio di Teresa e Trifone, i due fidanzati uccisi con colpi d’arma da fuoco alla testa a Pordenone il 17 marzo 2015. Del giallo di Pordenone si parla oggi nella trasmissione di Rai Uno Storie Vere. Gli inquirenti hanno interrogato ieri per la seconda volta Giosuè: lui, al contrario del precedente interrogatorio, si è avvalso della facoltà di non rispondere. In Procura a Pordenone le domande poste all’indagato sono state appunto relative al finto profilo Facebook dal quale sarebbero partiti i messaggi anonimi verso il profilo di Teresa. Secondo le accuse, sarebbe stato Giosuè a molestare online la fidanzata del suo commilitone. Secondo l’avvocato di Ruotolo invece, visto che il profilo FB è stato creato all’interno della caserma De Carli, la password era a disposizione anche di altri commilitoni e quindi i messaggi potrebbero non essere stati spediti dal suo assistito. Per questo motivo Giosuè Ruotolo ha deciso di non rispondere alle domande degli inquirenti.