All’Ospedale di Padova troppe cicogne in arrivo: 130 infermiere e 16 ostetriche in attesa mettono a rischio reparti strategici, e i sindacati dei lavoratori hanno proclamato lo stato di agitazione. Perché? Chi resta deve allungare i turni, e all’emergenza l’azienda ospedaliera dovrebbe rispondere con nuove assunzioni per sostituire le maternità. Logico. 



Spiace però che nella notizia, riportata dai giornali locali e anche nazionali, non si sia innanzitutto evidenziata la bella notizia. Da festeggiare, di cui rallegrarsi: 146 bambini, quante speranze, sogni, famiglie, che complicità, che storie da raccontare, che aiuto da donarsi, tra colleghi! O vorremmo sospettare che le maternità sono programmate apposta per creare disagio al lavoro, per un’improvvisa voglia di starsene a casa, pianificando bebè? Incredibile. O la pianificazione dovrebbe essere fatta da azienda e sindacati concordi? Turni per procreare, tanto in Italia siamo già messi così bene sul sostegno alla maternità, che ci berremmo in silenzio anche l’ennesimo inciampo, alla faccia degli sproloqui politici sugli aiuti alle giovani coppie, sul paventato decremento ulteriore della natalità. Vuoi sposarti, avere un figlio? Ahi ahi, qui da noi non c’è posto, o aspetti o cerchi da un’altra parte. 



Ma quel che stupisce, davanti a un fatto di “bianca”, che a parte i lavoratori dell’ospedale di Padova per altri è soltanto una curiosità, è che non sia messo in relazione al dibattito infuocato che agita in questi tempi il paese. Stiamo almanaccandoci, rischiando di rompere  maggioranze e alleanze politiche per un ddl che risolva il gravissimo problema delle coppie gay, e manco un brivido per le tante famiglie in difficoltà, o per le giovani famiglie che ancora ce la fanno, e testimoniano nonostante tutto la fiducia e la speranza nel futuro. Propongo che si faccia un Family day a Padova, una festa con tanti palloncini nel reparto maternità, con bavaglini e pagliaccetti in regalo alle mamme. Una levata di gratuità che anziché uno sciopero inneschi una gara di solidarietà, di amicizia per le infermiere e le ostetriche, che miri ad assicurare loro il posto, al rientro, e a cercare naturalmente ragazze e ragazzi che le sostituiscano per il tempo necessario. Auspico che il gonfalone dell’ospedale patavino sventoli nella piazza del 30 gennaio. Ecco l’inno, la miglior bandiera della famiglia. Sempre che sia possibile, a fronte di tante bandiere arcobaleno che non si capisce più se significano marce per la pace o gay pride, mettere uno striscione anche a sostegno della famiglia naturale (ripetiamolo, naturale). Possiamo negarla, la legge naturale, possiamo anche crederci capaci di stravolgerla, ma la realtà si impone: a Padova nasceranno bambini e bambine, anche se nasconderemo i fiocchi azzurri e rosa. A Padova nasceranno figli e figlie di papà e mamme, piaccia o no. Naturalmente, senza provette che incrocino estranei, senza affitti e uso di organi. 



Chissà, sarà colpa dell’amministrazione leghista? Sarà un complotto, proprio in questo periodo, per una staffilata alla legge in discussione al Senato? O un segno, piccolo, per indicare l’assurdo? Delle polemiche, delle riscosse, delle sfide, su una legge che ostinatamente e supportati dall’ideologia si vuole imporre a un paese che non comprende l’urgenza, e viene appositamente confuso da continui richiami ai rimbrotti europei, alla modernità al progresso?

A Padova infermiere e ostetriche sono gente d’altri tempi, che ancora ritiene che fare all’amore possa generare una vita, che pensa sia una bella cosa darla alla luce, che non ha fatto calcoli prima di provarci. Strana gente o un esempio, buttato lì come un segnale, di splendida normalità  di cui essere felici, e per cui spendersi in ogni modo?