Abortion at Work: Ideology and Practice in a Feminist Clinic è un libro uscito da poco negli Stati Uniti, di cui è autrice una femminista pro choice, Wendy Simonds. Il libro parla delle battaglie a favore dell’aborto, degli scontri con gli attivisti pro life e contiene diverse interviste con persone che lavorano nelle cliniche aboristiche. Forse non rendendosi neanche conto di quello che ha scritto, spicca in particolare una intervista con una certa Cindy che racconta nel dettaglio il suo lavoro, in particolare il cosiddetto “late term abortion”. Il termine ultimo in cui poter abortire varia di paese in paese, generalmente non oltre la ventesima settimana ma negli Stati Uniti capita anche di praticarlo alla 21esima, è un dato molto discusso perché a quel periodo di gestazione non si può più neanche parlare di feto ma di bambino ormai del tutto formato. Nonostante questo è possibile. L’infermiera racconta come in questi casi si procede all’omicidio del piccolo praticando una puntura con una siringa che inietta del veleno direttamente nel cuore della creatura. In altri casi la puntura viene fatta nel fluido amniotico causando una morte lenta, mentre nel primo caso la morte è quasi immediata per quanto sempre dolorosa. Cindy racconta di come veda il cuore battere normalmente nel macchinario, “un cuoricino” lo definisce e poi dopo la puntura ecco che il cuore smette di battere: “la medicina lo uccide” dice, aggiungendo poi che lei non vorrebbe farlo, ma è il dottore che lo sta uccidendo. Dalle sue parole si deduce come l’infermiera cerchi di  scaricare ogni senso di colpa nel dottore che ha ordinato l’aborto, che la responsabilità della morte è solo sua. Non solo: l’infermiera “benedice” l’uso del veleno perché, una volta morto, il corpicino “è più facile da estrarre dal grembo materno”. Gli studi medici hanno dimostrato che i bambini a questa settimana di gravidanza sono del tutto formati, ascoltano e reagiscono ai suoni esterni, sognano e percepiscono il dolore fisico. 



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