Caro direttore,
l’intervista a Luciano Violante pubblicata su queste colonne mercoledì 27 gennaio, mi offre l’opportunità di intervenire su un tema che, a seguito dell’intervento di don Julián Carrón sul Corriere della Sera, è stato già trattato da altri — sicuramente più preparati e quotati di me — ma che a parer mio si presta a qualche pericoloso equivoco.
Mi riferisco, in particolare, alla questione dei cosiddetti “nuovi diritti” e “diritti tradizionali”, apparentemente posti in diverse occasioni (si legga anche l’articolo di Eugenio Mazzarella) sul medesimo piano.
A questo proposito, vorrei innanzitutto dire che nella bagarre che si è scatenata intorno alla proposta di legge Cirinnà, a tema non c’è il confronto fra valori fra loro diversi ma equiparabili, né — come dice Violante — la salvezza della Chiesa, che è già stata salvata da Cristo: “Le porte degli inferi non prevarranno contro di essa”.
A tema c’è, piuttosto, la difesa della realtà così come essa è. A tema c’è la salvezza della società e della famiglia così come essa si dà in natura, e non solo nella civiltà occidentale. La questione è antropologica, non religiosa né politica.
Non è possibile considerare le richieste di nozze gay, l’adozione di bambini da parte di queste coppie, l’utilizzo dell’utero in affitto, alla stregua di nuovi diritti, cioè richieste tutto sommato “legittime” e “non comprimibili” emergenti dalla modernità, contrapponendole ai valori “tradizionali”, quasi fosse solo una questione di denominazione.
Un conto è la richiesta di tutela e riconoscimento giuridico del matrimonio fra uomo e donna e dei figli che dalla loro unione nascono, in quanto basati sulla legge naturale e fondamento di qualsiasi società umana; un altro è il riconoscimento di richieste che nascono dalla degenerazione di esigenze umane e pretendono di danneggiare vite innocenti e donne in difficoltà. Il confronto non è fra valori “tradizionali” e nuovi diritti, ma fra il riconoscimento della realtà quale essa è in natura e la pretesa di piegare la realtà alla propria misura. Non è possibile, non è ragionevole (cioè fondato sulla realtà così come essa è) porre sullo stesso piano le due cose!
E’ uguale per un bambino crescere con padre e madre o con una coppia omo? E’ umano usare il corpo di una donna come forno di cottura per produrre bambini da dare ad altri? Perché a questo, infine, mira la legge Cirinnà, dietro il paravento dei diritti civili (che in gran parte già esistono, per quanto perfettibili).
Violante afferma che occorre formare una nuova opinione. Ed è vero, ma per formarla occorre anche ridestare le coscienze stordite dal bombardamento mediatico e dalla cultura nichilista; per questo, a volte, serve anche alzare la voce e gridare dai tetti e nelle piazze. Non possiamo e non dobbiamo assistere in silenzio all’approvazione di leggi che trasformerebbero in diritti ciò che in realtà diritti non sono né possono essere, poiché privi di fondamento alcuno nella realtà così come essa è in natura (se proprio non vogliamo dire “creata da Dio…”).
E non è mancanza di misericordia, come qualcuno dubitosamente pare insinuare. Certo, il rischio di ridurre tutto a ideologia o di strumentalizzazione è sempre dietro l’angolo. Ma vogliamo e dobbiamo correre questo rischio; misericordia è anche spendersi e combattere per evitare che diventino leggi — e dunque modello di comportamento socialmente legittimato — voglie perverse e aberrazioni dannose per tutti, ma innanzitutto per i più deboli.
Non c’è una Chiesa che cerca di schiacciare la testimonianza e la misericordia sotto il peso della mobilitazione politica, né chi fa dei valori religiosi uno strumento di conquista politica. Insinuare questo, appare solo come un malizioso invito del potere a lasciar manovrare indisturbato il manovratore… E così facendo, ogni legge potrà nel silenzio essere approvata, a uso e consumo di qualsiasi voglia.
Come scrisse Chesterton: “La grande marcia della distruzione intellettuale proseguirà. Tutto sarà negato. Tutto diventerà un credo. È una posizione ragionevole negare le pietre della strada; diventerà un dogma religioso riaffermarle. È una tesi razionale quella che ci vuole tutti immersi in un sogno; sarà una forma assennata di misticismo asserire che siamo tutti svegli. Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. Noi ci ritroveremo a difendere non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Combatteremo per i prodigi visibili come se fossero invisibili. Guarderemo l’erba e i cieli impossibili con uno strano coraggio. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto”.
Andremo a Roma con il desiderio di bene per tutti. Per difendere la realtà così com’è. Per il bene dei più deboli e indifesi: i bambini. Ma anche per chi considera la legge Cirinnà un progresso, senza rendersi conto del danno che ne riceverebbe. Perché, come ha scritto don Carrón, “La goccia non riuscirà mai a riempire il bicchiere della vita”. Men che meno se la goccia è avvelenata.