Caro direttore,
in questo inizio d’anno mi limito a proporre una semplice considerazione. Il dio dei cristiani è per noi devoti del Profeta una triplice sfida. È uno e trino, e ci apre ad una complessità inaccettabile. Confligge con la nostra ansia di semplificazione, soprattutto in politica. È un vincitore che ha perso. Sconfitto dal potere, esercita il suo dominio sulle civiltà più evolute e sul destino stesso del nostro pianeta. Dio delle schiere e degli eserciti si propone oggi come la più credibile opzione di pace nella storia attraverso i suoi servi, in particolare il papa di Roma.
È un paradosso. La religione cristiana, a ben vedere, si nutre di paradossi. Starei per dire che la dinamica stessa del cristianesimo è paradossale. Cerca cioè di confondere la mente dei sapienti attraverso l’evidenza della realtà nella sua semplicità e magnificenza. Ma se il cristianesimo è paradosso, perché i cristiani sono così proni al conformismo? Perché molti dei loro preti, vescovi ed intellettuali sono così omologati e politicamente corretti?
Perché nelle strategie contro i fondamentalisti che piagano con le loro follie il buon nome dell’Islam, non contemplano di dare spazio al fascino del loro dio bambino?
Averroè, in arabo Abu l-Walid Muhammad ibn Ahmad Muhammad ibn Rushd, diceva che il cristianesimo è la religione delle cose impossibili. Quando se ne convincono anche i cristiani fioriscono i miracoli. Inshallah!