Non si resta indifferenti davanti alla storia di Fabrizio Corona. Perché ha il ritmo e la seduzione del romanzo? No, i grandi traviatori e corrotti nell’animo, i maledetti dei classici che abbiamo a mente avevano altra potenza e spessore. Qui siamo al feuilleton, e di bassa lega, meglio ancora nel fotoromanzo.
Perché lui è attrattivo e incantatore? Anche, ma in un solo senso, ormai: com’è possibile tanto spreco di bellezza e intelligenza. Sì, uso il termine non a caso: se l’astuzia è componente dell’intelligenza, se questa facoltà non deve per forza essere volta al bene o alla costruzione di sé per essere definita tale.
Ma non basta. Perché intriga e calamita la storia di Fabrizio Corona? Perché è l’emblema portato all’eccesso di una povertà del vivere, di un’infinita e strabordante insoddisfazione che nessuna donna, nessuna vacanza ai tropici, nessuna auto di lusso, nessuna cena dorata, nessuna barca e nessuna rivista patinata può colmare. Corona è quello che possiamo diventare se pensiamo che la vita sia una somma di emozioni, se rincorriamo con ansia sempre e solo l’occasione per emergere, per essere in, per accomodarci su modelli imposti. Corona è quel che tanti avrebbero voluto essere, e oggi si scandalizzano del suo fallimento, delle sue bassezze.
Strutturare la vita così, nella frenesia di essere il più visto, chiacchierato, nella sfida per l’eccesso, porta inevitabilmente alla disperazione o al crimine, se non a tingersi i capelli fino a ottant’anni con penose apparizioni in tv. Molti che vivrebbero come lui non possono, perché meno intelligenti e meno fighi. Corona come Desesseintes, come Andrea Sperelli, come gli antieroi decadenti che con la loro turpe vita debosciata sono diventati incapaci di amare, perfino di soffrire, costretti a vivere il male, anche se sempre un male piccino, incapaci anche in questo di forza virile.
Che ha mai fatto, Corona? Dopo l’esperienza devastante o redentrice del carcere, dopo il tempo speso a pensare, dopo la lacerazione di una famiglia strappata, dopo, dopo… è tornato quello di prima, peggio di prima. E come un ladruncolo da bar ha nascosto i soldi ottenuti con la truffa in un controsoffitto, lui e la tapina sua complice. Magari avesse depredato la gioielleria più chic di Milano. Ma tornare in galera così, dopo qualche bacio rubato su un panfilo estivo, dopo qualche festa in discoteca, dopo finte interviste in cui prometteva di essere cambiato… Cupio dissolvi. Corona è l’uomo che butta tutti i talenti, familiari, personali, che sputa sulla buona sorte e in un vortice sempre più avvolgente si perde. Sceglie contro di sé, contro la ragione e il bene.
La domanda è perché. Per il nulla che ha alle spalle, il nulla che ha incontrato, il nulla che lo circonda? In questo nulla siamo anche noi, e rischiamo di esserne soggiogati. Perché in fondo, andava bene così, a noi tutti, che fosse tornato quello di prima.