Il giallo sul delitto di Lorys Stival si è concluso per il momento con la sentenza di condanna a 30 anni di carcere a carico di Veronica Panarello. La vita continua a Santa Croce Camerina, dove la popolazione non vuole commentare l’immane tragedia. Intanto, il Comune intitolerà una palestra tensostatica realizzata con i fondi Ue del progetto “Io gioco legale”. Lo ha annunciato il sito LaSicilia.it. In merito, il primo cittadino avrebbe dichiarato: “Dobbiamo riuscire a dimenticare questa dolorosa tragedia che ha colpito tutta la comunità”. Sempre per Lorys Stival il sindaco Iuvara avrebbe anche comprato con la sua indennità ed a nome della comunità il lotto del cimitero dove riposa il bambino, donandolo alla famiglia. Nel luogo del ritrovamento inoltre, sarebbe stato già realizzato un monumento dove campeggiano messaggi e fiori e l’immagine della piccola vittima con la scritta emblematica “colui che è dentro di noi non muore mai”. A proposito del luogo del ritrovamento, Orazio Fiadone, il cacciatore che trovò il corpo di Lorys avrebbe deciso di rinchiudersi nel silenzio. Il suo legale avrebbe invece commentato la sentenza asserendo: “Per noi giustizia è fatta”.
La condanna a 30 anni di reclusione a carico di Veronica Panarello, accusata dell’omicidio di Lorys Stival, ha scosso molto l’intera comunità di Santa Croce Camerina. L’intero paese del Ragusano spera di poter tornare presto alla normalità. Una speranza che oggi è anche dei nonni del bambino. Come riporta il sito del quotidiano La Sicilia, Andrea Stival, il suocero di Veronica Panarello accusato dalla stessa donna di essere il reale assassino di Lorys Stival, dopo la sentenza ha commentato: “Nessuno ha vinto, io ho un chiodo nel cuore per la morte di mio nipote”. L’uomo, nonno paterno della piccola vittima, ha poi commentato anche le accuse della nuora a suo carico: “Per me parla la sentenza”. L’altro nonno, Francesco Panarello, è l’unica persona ad aver confermato la sua vicinanza alla figlia accusata di essere l’assassino del figlio primogenito. “Veronica come sempre ha detto la verità ma come sempre non le credono. Ma io ho una grande voglia di combattere e non lascerò mai da sola mia figlia fino a che avrò vita”, ha commentato. L’avvocato Francesco Villardita ha invece annunciato, come prevedibile, appello alla sentenza. Una notizia alla quale il padre di Veronica ha replicato con soddisfazione: “Io sarò con lui”.
Dopo la sentenza a carico di Veronica Panarello e che si è conclusa, come sappiamo, con la condanna a 30 anni di reclusione per il delitto di Lorys Stival, i riflettori sono tutti concentrati sulla donna di Santa Croce Camerina. Per il gup di Ragusa, è stata lei ad uccidere il bambino di appena 8 anni la mattina del 29 novembre 2014. Secondo quanto riportato dal quotidiano online La Sicilia, la cittadina siciliana dopo la sentenza sembra essersi chiusa a riccio. Il desiderio che trapela è quello di voler dimenticare un incubo, sebbene questo appaia difficile. Gli abitanti della piccola comunità non si sbottonano davanti alla curiosità dei giornalisti che continuano a chiedere un parere su Veronica Panarello e sulla sua condanna. Da chi afferma di non essere del posto a chi chiaramente dichiara di non avere nulla da commentare. In realtà del caso di Lorys Stival se ne parla ma a voce bassa e non di fronte ai “forestieri”. Al pudore si affianca la voglia di chiudersi a riccio. Eppure, ci sono anche le eccezioni, coloro che commentano con una certa durezza quanto accaduto nei giorni scorsi dichiarando a gran voce: “E’ stata una sentenza giustissima, anche se non l’ha ucciso, soltanto per avere portato il corpo nel canalone merita 30 anni… una madre certe cose non le fa…”. Molte donne, ancora, invocano “pietà divina per Veronica e la pace per Lorys”.
Veronica Panarello e la sua condanna a 30 anni di carcere: con questo nelle testa e nello stomaco, oltre che per la scomparsa tragica del piccolo Lorys Stival, si appresta a ripartire Davide Stival, il padre del bimbo ucciso e il marito della donna accusata e condannata per il fatto tremendo. Una lettera aperta ha diffuso ieri tramite i vari organi di stampa, cercando di spiegare in poche righe la sua intenzione nell’immediato futuro – togliendosi anche qualche sassolino, come ribadire di non avere mai rilasciato interviste negli ultimi giorni, come invece erroneamente il Corriere della Sera riportava – che sa molto di “rinascita”. «Nella mia pancia si mischiavano i sentimenti più diversi ed è difficile riuscire ad esprimere con le parole quel che ho provato nel momento in cui il giudice ha letto la sentenza: una malinconica sensazione di giustizia per il mio piccolo angelo che la invocava silenziosamente. Ora è tempo di voltare pagina. Da oggi si ricomincia. Lo devo al piccolino che non c’è più e a quello che mi aspetta a casa».
Inquietanti analogie, due donne e due vittime di pochissimi anni: Veronica Panarello e Anna Maria Franzoni, accomunate da una sentenza e dall’interesse mediatico sollevato dalle loro azioni. Due casi di cronaca fra i più cruenti della storia italiana, difficili da dimenticare. Madri che uccidono i figli e bambini senza più futuro. Eppure Veronica Panarello, anche in seguito alla condanna a 30 anni di carcere, continua a proclamarsi innocente. Un ulteriore punto in comune con la madre di Samuele (3 anni, ndr): alla Franzoni è stata comminata una pena identica. Entrambe erano apparse madri disperate, in seguito alla morte dei loro bambini. Ed ancora entrambe hanno professato la propria innocenza fino all’ultimo ed anche oltre. Per gli inquirenti Veronica Panarello è colpevole e lo dimostra la sentenza, avvenuta a due anni di distanza dal terribile omicidio del figlio Loris Stival. Rimangono però ancora delle zone d’ombra. La Panarello ha agito da sola oppure aveva un complice? L’omicidio si poteva evitare? Sono queste le domande che sorgono spesso spontanee nell’immaginario della cittadinanza, alla ricerca di una prova concreta che fughi ogni dubbio sulla possibilità che questi due omicidi si potessero evitare. Sia Anna Maria Franzoni che Veronica Panarello avrebbero inoltre agito in base ad un impeto di ira incontrollata. La donna di Croce Camerina non è stata infatti condannata per omicidio premeditato, motivo che induce a supporre che il raptus sia stato scatenato da una miccia, un capriccio del figlio che quella mattina non voleva andare a scuola. Come Samuele: Maria Franzoni doveva accompagnare il primogenito a scuola ed il piccolo si era ribellato, compromettendone la tempistica.