TBILISI (Georgia) — Sarà per la coincidenza di nomi, ma a me Santa Nino è un sacco simpatica. Per chiarire, al secolo era Santa Cristiana, da qui l’omonimia: forse il diminutivo al maschile è uno scherzo linguistico della complicata e fiorita lingua georgiana. E’ lei la campionessa della fede in Georgia, ed è lei che ha citato per prima Papa Francesco, nella sua ininterrotta lode alla metà femminile del paese caucasico. I suoi omaggi sono stati così costanti, e ritmati, da far pensare che non stimi poi molti i maschietti. Ma probabilmente anche lui, pontefice latino, è rimasto affascinato da quella “bellezza” georgiana che nei secoli ha incantato poeti e musicisti. Non so se è leggenda, non ho verificato, ma pare che persino il razionalissimo Emmanuel Kant avesse esaltato le donne georgiane, la cui grazia e avvenenza erano state capaci di travalicare i confini della mezzaluna caucasica per sorprendere l’Occidente. Anche Francesco deve essere capitolato. Sebbene, a leggere con attenzione la storia, le donne georgiane in realtà sembravano possedere attributi maschili. Insomma erano toste, anzi tostissime (ed ecco spiegati il nome al maschile).
Prendiamo Santa Nino: per la tradizione occidentale schiava, per quella orientale fanciulla di alto lignaggio, all’inizio del IV secolo arriva in Georgia e converte la corte di re Mirian III, non senza compiere prodigi e miracoli. Fatto sta che nel 337 il regno diventa cristiano, con battesimi di massa ordinati dal sovrano che aveva chiesto, tramite missiva all’imperatore Costantino, un vescovo e sacerdoti atti allo scopo. E’ così che questo angolo del Caucaso adotta il cristianesimo come religione di stato, legando definitivamente il suo destino a quello della Croce, che nello specifico è ricurva e fiorita, la stessa che impugna Nino in ogni icona, legno da cui germogliano tralci di vite.
Proprio alla nostra Cristianina (forse da qui Nino) la Croce era stata consegnata in sogno dalla Vergine, quando ancora si trovava a Roma o in Cappadocia, a seconda delle tradizioni, prima di attraversare mari e monti per convertire dapprima la regina Nana (giuro non è uno scherzo ma il suo nome) e il di lei marito Mirian. La sua storia è raccontata da varie fonti, da Teodoreto di Ciro fino a storici romani, e da cronache che ripercorrono le vicende della Kartli o Iberia come veniva allora denominata la parte orientale della Georgia.
Ma non è finita qui, qualche secolo più avanti e spunta un’altra donna che rafforza e sostiene l’identità cristiana consegnata da santa Nino. E’ santa anche lei, ma solo per la Chiesa apostolica georgiana. Si tratta di Tamara, prima regina della storia del paese, ma chiamata “re” nelle fonti proprio per la determinazione tutta maschile nel perseguire una politica di riforme in campo politico, culturale ed ecclesiastico.
Pronipote del grande Davide il costruttore, questa donna raffigurata sempre con le insegne regali e delicatezza femminile, fu generale e economista, mecenate e letterata, ampliò i confini del regno e si oppose alle solite schiere di invasori, trasformando la cultura feudale del tempo attraverso relazioni creative con altri paesi, approfondendo la filosofia neoplatonica e la letteratura teologica bizantina, definendo quell'”umanesimo georgiano” che ha consegnato monasteri e cattedrali, sintesi di tradizioni arabe, persiane e orientali.
Solo due esempi per capire meglio quegli accenni ripetuti di Papa Francesco al valore delle donne, tra i tesori del Paese. Nonne e madri le ha chiamate lui, che hanno tramandato e custodito la fede, “portando l’acqua fresca della consolazione di Dio in tante situazioni di deserto e conflitto”. Sono le donne che ha omaggiato ieri mattina nello stadio, durante la celebrazione eucaristica con la minoranza cattolica, ma anche quelle di cui ha parlato nella Chiesa dell’Assunta, la vecchietta che ostinatamente proclama la sua fede attraversando il Caucaso per incontrare il successore di Pietro o la mamma che accompagna il figlio nella sua vocazione sacerdotale, o ancora Maria, Madre di Dio, modello di ogni tenerezza. Sono le depositarie della memoria, per Francesco, le ancelle della Chiesa che è sempre al femminile, madre e sposa. E’ la lezione che arriva da Tbilisi e che vale per tutta la cattolicità poco incline nel seguire il pontefice nell’esaltazione e nella valorizzazione della donna. E di quello che è il suo genio. Per ricordarmi di tutto ciò ho comprato un’icona di Santa Nino. Con in pugno la Croce fiorita e il Vangelo.