La terra che continua a tremare genera paura. Nel silenzio di queste notti d’autunno, bagnate dall’acqua e accarezzate dal vento, si consuma forse il distacco definitivo tra la natura e l’uomo. La natura infatti vive, respira, freme. Mentre l’uomo si è convinto che la sua esistenza sia qualcosa di fermo, di definito, di chiuso. Gli uomini hanno abbandonato la vita nel momento in cui hanno dimenticato che la vita è divenire, è continuo muoversi, incresparsi, sgretolarsi. 



Niente dura per sempre e tutto ci è dato in prestito perché tutto è destinato a mutare e a finire. Il terremoto che in queste ore mette di nuovo emotivamente in ginocchio il centro Italia è la testimonianza più imponente del fatto che nulla è stabile, che tutti dobbiamo vivere mentre la terra trema. 

Potrebbe apparire curioso a molti sapere che nel testo biblico la terra rappresenta il desiderio umano. Trema dunque la terra, ma tremano ancor di più i nostri desideri che mutano, che cambiano, e che non sappiamo mai davvero abitare. Imparare a vivere dentro questo fremito di vita, ascoltarlo, comprenderlo, accoglierlo, è l’unico modo per smettere di avere paura e per iniziare a far spazio all’inquietudine che abita tutte le cose. 



Ritorna alla mente una vecchia poesia di Pascoli dove due fratelli, nel buio del loro letto,  temono l’oscurità semplicemente perché sono orfani, semplicemente perché si sentono “rimasti soli”. E vivono tutto come una minaccia, come il ricordo sbiadito di un Amore assente. Il fatto è — inutile negarlo — che questa solitudine inquieta, e questo fremito dell’anima e della terra può trovare riposo solo tra le mani di un Padre, tra le braccia materne di chi culla, abbraccia e stringe l’uomo che ha paura, i fanciulli nel letto che attendono ancora il ritorno della loro mamma. 



Ed è forse per questo che nell’ora del dolore e della prova, semplicemente, ci si abbraccia. Perché, quando tutto trema, dentro di noi sentiamo finalmente con forza la nostalgia di quell’abbraccio originario che un giorno — a chi prima e a chi dopo — ci ha donato la grazia di smettere di essere impauriti orfani per diventare amati figli. Nella certezza che quando tutto trema qualcosa resta: l’invincibile desiderio che tutto questo fremito trovi finalmente pace.