Se per la famiglia di Teresa e Trifone, l’ex militare di Somma Vesuviana, Giosuè Ruotolo, rappresenta il vero assassino della coppia freddata a Pordenone il 17 marzo 2015, il padre dell’imputato difende a spada tratta il giovane. Dopo la quinta udienza del processo dei giorni scorsi, il padre di Ruotolo è intervenuto alla trasmissione Pomeriggio 5 in difesa dell’imputato: “Io posso parlare di mio figlio, di quello che conoscono io, del suo carattere e posso dire che non è un assassino”, ha dichiarato. Il signor Ruotolo, alla vista di una foto del figlio in mimetica e con una pistola in mano, ha smentito che Giosuè sappia usare le armi: “Voi continuate a mostrare cose che servono per accusare mio figlio ma poi invece in aula vengono fuori cose sui due ragazzi che non erano proprio santi”, ha protestato in diretta tv. “Li avete descritti come dei ragazzi per bene ma da quello che sta uscendo non mi pare, non siete qui in aula a vedere le foto di Trifone con gli anabolizzanti e le siringhe”, ha aggiunto ancora, come riporta Ultimenotizieflash.com. Parole durissime, quelle pronunciate dal padre del presunto assassino di Trifone e Teresa che ha preferito chiosare ribadendo l’innocenza del figlio: “Mio figlio è innocente, non riesco a capire perché sta in carcere”.



Dopo l’inizio del processo per il duplice delitto di Trifone e Teresa e che vede unico imputato l’ex militare 27enne Giosuè Ruotolo, continuano ad emergere importanti novità sul caso di Pordenone. A riportarle oggi è il quotidiano Il Gazzettino nella sua versione online e che rivelano elementi in più sulla personalità del presunto assassino dell’affiatata coppia, freddata in modo spietato la sera del 17 marzo 2015 all’uscita dalla palestra comunale di Pordenone. A riferire alcuni episodi che sono serviti agli inquirenti nel momento in cui è stata avanzata la richiesta di custodia cautelare a carico di Giosuè, è stato uno degli inquilini di Ruotolo. “Lo prendevano in giro chiamandolo Psyco, Sollecito… e lui si arrabbiò alzando le mani, scherzava, ma faceva male colpendo anche chi non c’entrava niente”. Sono queste le ultime rivelazioni shock che gettano contribuiscono a gettare nuove ombre sulla personalità dell’ex militare di Somma Vesuviana ritenuto l’assassino di Trifone e Teresa. Parole importanti che potrebbero avere un peso anche nel corso del processo, del quale nei giorni scorsi è andata in scena la quinta udienza.



Il processo sul duplice delitto di Trifone Ragone e Teresa Costanza, a carico di Giosuè Ruotolo, procede in Corte d’Assise ad Udine, tra momenti di alta tensione e nuove rivelazioni che potrebbero finalmente chiarire le dinamiche della triste vicenda. Nel corso dell’ultima udienza, ad intervenire è stata la madre del militare ucciso, Eleonora Ferrante, la quale per un’ora e 19 minuti ha sostenuto un drammatico confronto con il presunto assassino del figlio. L’audizione che ha interessato la madre di Trifone si è concentrata sui rapporti tra il figlio e la futura nuora, Teresa, ma anche sui presunti ed eventuali dissapori tra i suoi coinquilini, in modo particolare Giosuè Ruotolo. Come rivela Il Messaggero Veneto nella sua versione online, la madre di Trifone avrebbe ribadito anche al cospetto dei giudici della Corte d’Assise di Udine un fatto increscioso avvenuto a distanza di 48 ore dal duplice delitto dei due fidanzati e con protagonista proprio “il rossiccio” Giosuè Ruotolo. L’allora militare ed ex commilitone di Trifone, non si limitò a porgere le sue condoglianze alla famiglia della vittima ma, secondo il racconto della madre, avanzò la richiesta di 20 euro come debito non saldato dal figlio prima di essere ucciso. “Mio figlio era morto da due giorni e lui venne a chiedermi 20 euro”, sono state le parole della donna in aula e che per la prima volta hanno provocato la reazione di disappunto dell’imputato. Giosuè Ruotolo non sarebbe riuscito a mantenere la calma, discutendo animatamente con i suoi avvocati. Proprio dalla difesa di Giosuè Ruotolo, al termine della lunga deposizione della donna non sarebbe partita alcuna domanda. Nel corso della quinta intensa udienza del processo per il duplice delitto di Trifone e Teresa, consumatosi il 17 marzo dello scorso anno nel parcheggio del Palasport di Pordenone, sono intervenuti anche i marescialli ed i carabinieri che hanno seguito le indagini ed infine colui che è stato definito il testimone chiave, nell’intero giallo, Andrea Capuani. Il ragazzo indagato in un procedimento parallelo è lo stesso presente nel parcheggio nei momenti del duplice omicidio. Il teste, tuttavia, non si era presentato spontaneamente ma era stato individuato dalle celle telefoniche e dalle intercettazioni. Nel corso dell’ultima udienza si è però avvalso della facoltà di non rispondere in quanto, a detta della sua difesa, indagato per reato connesso. La procura ha però ribadito la volontà di volerlo sentire in qualità di testimone.

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