Cosa non si fa per la famiglia. William Jefferson Clinton detto Bill, classe 1946, s’è comprato una Nikon digitale e accompagna Hillary Diane Rodham, classe 1947, a passeggiare nel bosco. Lo scatto del mancato first husband ritrae la ex first lady con la giovane mammina con pargola in groppa incontrata per caso. Hillary ha una faccia stanca e grigiastra per la gran trumpata che s’è presa, e senza trucco e (perfido) sorrisone d’ordinanza la donna di potere sembra — salvo i labbroni — una Valeria Marini al Grande Fratello.
Bill inquadra e clicca e sotto sotto gongola della sconfitta dell’indissolubile consorte. L’election day si è trasformato in un grandioso family day per la coppia più unita del mondo. Billy s’era già visto a casa, ad asciugare i piatti e a far giù la polvere, mentre Hillary dallo studio ovale, il “suo studio ovale”, suo di Bill (quanti ricordi!), esercitava l’attività per lei più soddisfacente: il potere.
E poi, via, comparire in qualità di consorte, di first husband, alle cene di gala e nei viaggi ufficiali… che tristezza. Come se Clinton, dicasi Clinton, non fosse più lui, ma lei, lei che è una Rodham, Hillary Rodham dalla nascita a un bel po’ di anni anche dopo il matrimonio. I due sin lì, anni Ottanta, avevano percorso le stesse strade — studi, college, professione di avvocato in studi di grido, ognuno col suo cognome. Poi però Bill prese l’ascensore politico che in breve lo avrebbe portato ad essere governatore dell’Arkansas e poi presidente degli Stati Uniti. Lui prese l’ascensore e lei prese il cognome del marito: Hillary Clinton. Figuriamoci un Bill Clinton, otto anni alla Casa Bianca, otto anni nello studio ovale — quanti ricordi — sentirsi dire: “Scusi lei è con la Presidente Clinton? parente? prego, si accomodi lì. Se vuole fare shopping o visitare una mostra mentre la Presidente è impegnata nel summit, non faccia complimenti, le mettiamo a disposizione la limousine… quella di servizio. Oh, con l’autista”.
Trump sia lodato, Trump il grande regista del Clinton Family Day. Può essere un nuovo inizio per i Clinton. Uniti unitissimi lo sono sempre stati. Non li ha separati nessuna delle mitiche micidiali “s”: né il sesso, né i problemi di salute né il soldo. Billy mente sulla relazione con la Lewinsky? “No, io credo a mio marito”. “Anzi, no: è un complotto della destra”. “Come? Ah è vero? Beh, noi siamo unitissimi”. Billy rischia la pelle per i guai al cuore? Ci sono i by-pass e gli stent. Ma lui vuole prevenire, mettersi al sicuro: si fa vegano, lui e il suo cane (e compra una Nikon). In fondo uno dei vecchi soprannomi di Bill è Big Dog.
Quanto ai soldi, Bill si è sempre dato da fare per ripianare i debiti delle campagne elettorali (specie quelle fallite) di lei. Poi anche lei è andata a lavorare: come segretario di Stato di Obama, suo rivale vincente alle primarie dei democratici. Generoso, buono Obama. Ma il contratto l’ha fatto per quattro anni, la prima presidenza: per la seconda presidenza basta Hillary, ha preso Kerry. Ma anche in precedenza i due dovettero aiutarsi sul soldo, perché la presidenza Clinton finì con lo scandalo Lewinsky, cioè con parcelle astronomiche per gli avvocati. E la coppia Clinton divenne una Foundation, anzi due: due Clinton Foundation, per tirar su fondi entrambe, una per la politica, una per la beneficienza. Hillary e Bill sono uniti anche adesso nel farsi ben pagare comizi, speech e comparsate. I bene informati parlano anche di 200mila a botta.
Ma in fondo… They have a dream. Il grande sogno dei Clinton, con i comizi milionari e due belle pensioni d’oro che se lo sa la Fornero…, è di fare i nonni. Eh sì, Bill e Hillary hanno due nipotini, uno di pochi anni e uno di pochi mesi, dati alla luce dalla trentaseienne figlia Chelsea. La figlia ha il suo da fare e gli asili nido scarseggiano, e poi costano un occhio: vuoi mettere i nonni. I quali finalmente, senza cessare di essere una società di scopo a prova di bomba, e due dicasi due Foundation, potranno essere finalmente una vera famiglia: mononucleare (mica come la tribù liquida e multietnica del Donald) e coi suoi bei nipotini da portare al parco, con la Nikon e il cane vegano. Peccato che l’altro nonno, il consuocero, sia ricco sì ma un mezzo avanzo di galera; peccato anche, se vogliamo, che il cognome dei marmocchietti (Charlotte e Aidan) sia, per via del padre, Mezwinsky, che sembra tanto un “mezzo-lewinsky”. Sarà destino? Basta non pensarci più. Ah, quanti ricordi…