Si torna in classe. Tra mille dubbi, tra tante preoccupazioni. Ma gli studenti di Umbria, Marche e Abruzzo di giorni di assenza ne hanno fatti fin troppi, più delle vacanze di Natale che si avvicinano, mettendo a repentaglio svolgimento dei programmi e preparazione. Paura, bisogno di sicurezza, scuole inagibili. Sicuramente il terremoto ha destabilizzato gli animi, ha violentato molti edifici scolastici, e non solo nei paesi vicini all’epicentro, ma anche a 60, 70 chilometri di distanza in linea d’aria.



Sono rientrato ieri, di domenica, nella scuola di mio figlio, chiusa dopo l’ultima scossa, con danni alle pareti divisorie subiti già con la scossa del 24 agosto. Lavori urgenti di messa in sicurezza in queste due settimane abbondanti, per chiudere crepe, rinsaldare porte e stipiti, togliere calcinacci, convincere che la scuola è sicura. Sarà, ma la preoccupazione rimane. Un piano della scuola rimane chiuso al pubblico, inagibile, con tutte le aule inutilizzabili, come inutilizzabile è la palestra, l’ascensore per i disabili, il bar interno le aule informatiche, i laboratori. Si fa prima a dire che ci sono un po’ di classi che riceveranno gli studenti e poco altro. Verrebbe vergogna a dirlo, ma è la scuola più recente tra quelle costruite a Teramo. Eppure la più danneggiata di quelle superiori.



Ieri il preside e un tecnico dell’amministrazione provinciale portavano i genitori a visitare quei luoghi, rassicurando, sottolineando che nessuno sarebbe così folle da firmare il nulla osta per la riapertura con dubbi sulla staticità dell’edificio. Sarà, ma oggi gli studenti minacciano di non entrare in classe per la paura, solo sabato l’ultima scossa che ha fatto tremare le pareti.

E la storia di Teramo è la stessa di Ascoli Piceno, di Norcia e di tanti altri paesi. Mamme troppo apprensive, politici troppo sicuri? Forse la verità sta nel mezzo. L’invito del presidente della Provincia di Teramo, Renzo Di Sabatino, è stato di rientrare a scuola — “se non ci fidiamo dei protocolli tecnici sarà difficile venirne a capo” — e, allo stesso tempo, di cominciare a collaborare per le scelte future: “riunitevi, riunite il consiglio di istituto, confrontiamoci: se si dovesse decidere che non vale la pena investire su questa struttura e che bisogna cominciare a pensare ad una nuova scuola allora va aperta una fase di dialogo con tutta la città e con la sua amministrazione per vedere se e dove pensare a nuovi poli scolastici”. 



La speranza è che il terremoto abbia finito di scatenarsi. “Non siamo una controparte, siamo parte lesa — ha precisato Di Sabatino anche al commissario per la ricostruzione, Vasco Errani — abbiamo posto quella che è la questione vera: noi abbiamo bisogno di risorse non solo per riparare i danni ma per costruire in sicurezza. Questa è la vera partita”. Ecco nei prossimi anni serviranno centinaia di milioni di euro nel Centro Italia, per ricostruire e garantire sicurezza, soprattutto a edifici pubblici come scuole, ospedali e tanto altro ancora. Nel frattempo si deve tornare a scuola. Non esistono scelte alternative.