Nella puntata di oggi de Le Iene Show si tornerà a parlare del Moby Prince, il traghetto che il 10 aprile del 1991 venne investito dalle fiamme dopo uno scontro in mare aperto con la petroliera Agip Abruzzo. Dal disastro si salvò soltanto il mozzo, Alessio Bertrand, ma la vita di quel ragazzo costretto a camminare sui cadaveri, a restare appeso alla ringhiera della nave e a lanciarsi in mare prima di essere soccorso, da allora non è stata semplice. Intervistato alcuni anni fa da Il Tirreno, Bertrand, che vive a Napoli ed è stato dichiarato invalido all’80%, ha dichiarato:”Mi ricordo tutto, come fosse ieri. Eppure sono passati vent’anni. Quell’incubo non vuole abbandonarmi. Prendo psicofarmaci, altrimenti non dormo. La psicoterapia da sola non basta. Non ho più il coraggio di guardare il mare, quando sento il rumore delle onde mi sale lo sgomento. Di viaggiare, poi, non se ne parla. Non ho la patente e tocca a mia moglie scarrozzarmi avanti e indietro. Insieme ci occupiamo dei nostri figli di 14 e 9 anni, che hanno bisogno di cure specialistiche. Alla vita chiedo unicamente di essere più generosa con loro. Non voglio nient’altro”. Bertrand è consapevole che quella tragedia lo ha segnato in maniera decisiva e all’intervistatore che gli chiede di rievocare quei momenti oppone un rifiuto:”Non me lo chieda, parlarne è troppo doloroso. Per favore. È un incubo che non mi abbandonerà mai più. Io non sono più quello di prima, quella tragedia mi ha fatto diventare un uomo diverso. Forse peggiore”
A 25 anni dal disastro del Moby Prince, la Commissione d’inchiesta istituita dal Senato non ha ancora fatto luce sulla dinamiche dei fatti. Risale alla notte del 10 aprile del 1991 lo scontro fra il traghetto Moby Prince e la petroliera dell’Agip Abruzzo. Nell’incidente marittimo persero la vita 140 persone fra equipaggio e passeggeri e solo Alessio Bertrand, mozzo della nave, riuscì a sopravvivere. Si discuterà dell’episodio questa sera, martedì 22 novembre 2016, nella nuova puntata de Le Iene Show. Gli obbiettivi della Commissione riguardano innanzitutto la chiarezza sui temi di sopravvivenza delle vittime ed accertare la posizione esatta della petroliera Agip al momento dell’impatto. Non è chiaro inoltre quali furono le cause che rallentarono i soccorsi e l’efficienza dei materiali di sicurezza presenti a bordo. Come riporta Il Fatto Quotidiano, la Commissione sarà chiamata a rispondere a ciascuno dei punti entro la prossima estate.
Le 140 persone che hanno perso la vita nel disastro del Moby Prince sono state avvolte dalle fiamme, sviluppate in seguito alla collisione fra il traghetto e la petroliera Agip. La causa è stata il petrolio fuoriuscito da una delle cisterne dell’Abruzzo, in parte riversandosi in acqua ed in parte bagnando la prua del Moby Prince. Nel 1998 la nave è inoltre affondata mentre si trovava ancora sotto sequestro nel porto di Livorno ed in seguito recuperata e demolita in Turchia. Secondo le prime ricostruzioni, si è appurato che le fiamme raggiunsero il salone De Luz oltre mezzora dopo l’impatto. Sicuro dell’arrivo dei soccorsi, l’equipaggio fece spostare i passeggeri proprio nel salone, per via della presenza delle porte tagliafuoco e della lontananza dalla parte anteriore della nave, luogo maggiormente interessato dalle fiamme. Secondo gli esami tossicologici, la maggior parte delle vittime morì a causa del monossido di carbonio, alimentato e distribuito con maggior forza dalla presenza dell’aria condizionata.
Nel 1995, la Procura di Livorno ha aperto un fascicolo sul disastro del Moby Prince, con l’accusa di omicidio colposo ed omissione di soccorso. Imputati Valentino Rolla, il terzo ufficiale di coperta dell’Agip Abruzzo, il Comandante in seconda della Capitaneria di Porto Angelo Cedro e Lorenzo Checcacci, l’ufficiale di guarddia, oltre al marinaio di leva Gianluigi Spartano, accusato di non aver trasmesso la richiesta di soccorso. Due anni dopo la Procura assolse tutti gli imputati, sentenza rivista parzialmente in appello. Il reato venne dichiarato in seguito prescritto dalla Corte d’Appello di Firenze. Le famiglie delle 140 vittime non si sono tuttavie arrese, sottolinea in un articolo di quegli anni Il fatto Quotidiano, richiedendo nel 2009 che il Presidente della Repubblica chiedesse a Barack Obama, Presidente USA, di rendere pubblico qualsiasi materiale raccolto dalle autorità americane sul disastro del Moby Prince. Negli anni successivi, inoltre, sono state ritrovate nel luogo dello scontro alcuni reperti significativi, ma anche in questo caso lil Gip di Livorno ha richiesto l’archiviazione del caso.