Non si placano le polemiche attorno all’omicidio di Yara Gambirasio ed è Roberto Saviano a gettare nuove ombre sul caso risolto con la condanna di Massimo Bossetti. Lo scrittore in un’intervista al settimanale Oggi ha espresso i suoi dubbi sull’inchiesta relativa al delitto della piccola di Brembate di Sopra e sollevato una possibile nuova pista: “Il padre di Yara ha lavorato per la Lopav, un’azienda di proprietà dei figli di Pasquale Locatelli, superboss del narcotraffico, che aveva anche un appalto nel cantiere di Mapello”, ha dichiarato Saviano. La speranza dello scrittore è che questa pista venga approfondita in Appello: “Mi sembra inquietante che non si sia indagato in quella direzione. Anche perché tutti e tre i cani molecolari usati nelle indagini, sono andati tutti dalla palestra in cui si allenava Yara al cantiere”, ha aggiunto Roberto Saviano, secondo cui alla festa della Lopav “parteciparono tre magistrati della procura di Bergamo”.
Non è la prima volta che Roberto Saviano ipotizza una connessione tra la morte di Yara Gambirasio, la criminalità organizzata e la Lopav. Lo scrittore in un capitolo di “Zero zero zero” sosteneva, infatti, che il papà della vittima, Fulvio Gambirasio, avrebbe testimoniato a Napoli in un processo contro Pasquale Claudio Locatelli. Questa ricostruzione è stata però smentita dal genitore dell’adolescente: “Non ho mai testimoniato contro Pasquale Claudio Locatelli. Non ho nemici”. Questa precisazione evidentemente non ha spazzato via i dubbi e le supposizioni dello scrittore, che invece insiste e continua a ribadire che sul caso relativo all’omicidio di Yara Gambirasio non sia stata scritta ancora la parola fine. Roberto Saviano non è convinto che Massimo Bossetti sia l’assassino della piccola di Brembate di Sopra. Nuovi e clamorosi scenari, dunque, potrebbero aprirsi per Massimo Bossetti, condannato all’ergastolo?