Alla fine diventa davvero impossibile rispondere alla domanda: si dona o si riceve con la Colletta? Sicuramente si dona tanto. Si dona cibo — e a breve sapremo quanto — ma anche tempo ed energie, come fa da vent’anni quell’esercito di volontari che colora di giallo l’intera penisola l’ultimo sabato di novembre. Ma si dona anche altro: un sorriso e un significato, ad esempio. 



Ieri, per tutta la giornata, tre volontari speciali hanno accolto incessantemente clienti in un supermercato a Santa Domenica di Ricadi, vicino a Tropea: si tratta di una famiglia di Aleppo — padre, madre e figlia — giunta in Calabria dopo aver abbandonato la loro città martoriata dalle bombe. In Siria ci erano tornati anni fa, dopo aver trascorso già diversi anni in Italia: il padre, infatti, era interprete per i governi della prima repubblica, da Andreotti a Craxi. Dopo le ultime, cruente battaglie, la decisione di tornare al sicuro in Italia. Ora in Calabria vivono in una casa messa a disposizione da una persona che, tempo fa, aveva partecipato ad una cena di solidarietà nel corso della quale c’era stato un videocollegamento con la Siria, e che aveva chiesto di poter essere utile in qualche modo al popolo di Aleppo. “Appena arrivati in Italia abbiamo iniziato a condividere le loro difficoltà — racconta Sergio Camporeale — e li abbiamo invitati a partecipare alla Colletta. Si sono subito coinvolti, ma siamo rimasti letteralmente sbalorditi dal loro stupore e dalla loro gratuità assoluta: non la finivano di ringraziare quanti donavano cibo. In particolare, si sono commossi quando un’anziana, alla consegna del sacchetto, aveva pesantemente sbottato ma poi è uscita con mezzo carrello pieno per la Colletta. Il loro stupore, accanto alla loro umanità ferita, ci ha richiamati potentemente al senso di questo gesto di fine novembre. Ci ha ridetto con forza il significato di ciò che facciamo da tanti anni”. Loro, in fuga da Aleppo, hanno sorriso in continuazione, e donato una speranza a quanti hanno incontrato, a partire dai “colleghi” volontari in giallo, che hanno ricevuto in cambio un sussulto d’umanità imprevedibile. 



Si dona e si riceve nelle terre terremotate. “Siamo stati aiutati tanto, e siccome stiamo qui senza far niente, aiutiamo chi ha bisogno” dice una volontaria a Porto d’Ascoli. È una sfollata di Amatrice, quasi rasa al suolo dal terremoto di fine agosto. Le sue giornate, in un hotel sulla costa, sono spesso noiose: la Colletta è un’occasione per rimettere a posto tante cose ancora traballanti per via di un sisma di cui si sa l’inizio ma non si intravede la fine. Lei con suo marito e altri tre amici di Accumuli donano tempo, i bisognosi ricevono cibo.

E tra quest’ultimi, ci sono proprio loro, gli sfollati: “Abbiamo ricevuto tanto — dice — e dunque vogliamo dare quel po’ che possiamo”. Annamaria è l’albergatrice che li ospita, e conferma: “Molti sfollati non potevano venire a fare la spesa ma tutti mi hanno dato qualcosa, dicendomi di farla io per loro”. Sono piccoli, ma incommensurabili gesti in cui si dona e si riceve contemporaneamente.



“Vendiamo cara la pelle” dice Cristiano Ceselli. Nella sua Tolentino, duramente colpita dal sisma di fine ottobre, ospita nel garage antisismico di casa sua ben venti sfollati. Molti di questi, oggi, erano con lui in uno dei nove supermercati dove si è svolta regolarmente la Colletta: “Non ci arrendiamo, e ci siamo messi in gioco con questo gesto concreto. Cosa ci abbiamo guadagnato? Abbiamo guadagnato il sorriso di tanta gente, spesso sfollata, che non chiedeva nemmeno di cosa si trattasse: ti guardava, sorrideva e tendeva la mano verso il tuo volantino e verso il sacchetto giallo. Gente che vuole dare perché sta già ricevendo molto. La carità non si ferma di fronte a niente”. Un’esperienza educativa, quella della Colletta: “Da sempre — conclude Cristiano — proponiamo questo gesto alle scuole, che ormai lo inseriscono anche nel piano dell’offerta formativa. E anche quest’anno sono stati numerosi gli studenti che hanno voluto mettersi a disposizione. C’è un popolo nel popolo che commuove: l’esperienza vera vince su tutto”. 

Anche Fiorella è di Tolentino. Vive in camper da qualche settimana e al termine della giornata di ieri, stanca, trova il tempo di raccontare quanto le è accaduto: “Sto tornando in macchina al camper, e sto piangendo. Questa giornata è finita, ho un forte mal di schiena, ma non è quello che mi fa piangere. Cosa c’è di diverso dagli altri anni? Forse che torno in camper… ma non è neanche il non aver casa, il più grande dei problemi. Mi rendo conto che forse il bisogno grande che ho dentro ora, scosso dalla realtà che vivo, è stato sollecitato dal gesto della Colletta, fino alla commozione. L’umanità che ho incontrato, Matteo che si arrabbia perché non tutti spendono ‘almeno 1 euro'” e mi dice: ‘Gesù non avrebbe fatto così: Lui non aveva niente e ha dato tutto’ e, finito il suo turno, non se ne vuole andare fino a che la mamma se lo porta via tirandolo; la donna che mi dice di pensare a lei perché il marito è morto, Laura che rincorre un uomo che si commuove al suo raccontare la Colletta… che bisogno avrà lui, mi sono chiesta, per arrivare ad avere gli occhi lucidi? È tutto uno sconvolgimento dell’umano!”.

Da qualche anno la Colletta è un’occasione privilegiata per donare e ricevere per tanti detenuti in regime di messa alla prova. Al magazzino di San Benedetto del Tronto se ne incontrano due, infaticabili: danno una mano a sistemare i pacchi che arrivano in continuazione durante tutto il giorno. “Stiamo pagando per i nostri errori — dicono — ma questa è un’occasione unica per sentirsi utili. E quale utilità maggiore di dar da mangiare ai poveri?” Inizia anche con questo gesto un riscatto di cui sentono un grande bisogno. L’esuberanza di Danilo e Nicola, detenuti del carcere di Pescara, è coinvolgente: quasi non credono ai loro occhi di poter essere utili, di trasformare in un po’ di bene il male che li condanna. Donano volantini e sorrisi e pacche sulle spalle a tutti. E ricevono una speranza: “L’amore vince e purifica tutto” dice a Nicola una suora all’uscita del supermercato nel capoluogo adriatico. Nicola si commuove. Sta donando la sua giornata di libertà, sta ricevendo una consolazione.

Musulmani, bengalesi, rumeni e sudamericani di Milano si sono ritrovati in un supermercato della famigerata via Padova. Là dove spesso regna la divisione, ora fa capolino il giallo della simpatia umana che mette insieme al di là degli steccati. Ci si può forse dividere sulla carità? “Per me è un onore partecipare alla Colletta per aiutare i poveri. La religione, l’islam, mi insegna a fare opere di bene” dice una ragazza che, come tanti altri, ha risposto positivamente all’appello lanciato qualche giorno fa dall’imam Asfa Mahmoud, presidente della Casa della Cultura islamica: “Tante persone hanno accolto il nostro invito — dice Mahmoud — e in questo modo diamo anche un’immagine diversa di via Padova”. Hanno donato il loro tempo lieti, questi volontari delle nazionalità più disparate. Hanno ricevuto in cambio una bella notizia: la carità unisce, mette insieme, rende gioiose le persone.

All’estremo opposto, in Sicilia, è accaduto qualcosa di simile: a Catania l’arcivescovo metropolita, Salvatore Gristina, e l’imam della Moschea della Misericordia, Kheit Abdelhafid, hanno fatto insieme la Colletta Alimentare. Monsignor Gristina parla apertamente dei “carissimi amici della comunità musulmana”. Con loro da tempo fa un percorso comune, all’insegna della fratellanza e della condivisione. E ieri ritrovarsi in un supermercato con la pettorina gialla è stata una cosa quasi naturale. Gomito a gomito, vescovo e imam hanno consegnato sacchetti e ricevuto cibo. Dare e ricevere: il pendolo della Colletta oscilla incessantemente anche qui.

Sempre a Catania, Salvo D’Amico, volontario della Comunità di Sant’Egidio, ha indossato la pettorina gialla per tutta la giornata di ieri. Lui che, ogni settimana, dà il suo tempo alla mensa per i poveri della stazione, e che di tanto in tanto accompagna i malati a Lourdes con l’Unitalsi. Di professione fa il parrucchiere, e per i suoi quarant’anni ha scelto di farsi un regalo speciale: chiudere tre dei suoi quattro negozi e lasciarsi più tempo da dedicare ai bisognosi. Perché? “Perché si riceve di più di quello che si dà” dice senza mezzi termini. E cosa ricevi? “Imparo la gratitudine per quello che ho e che troppo spesso do per scontato”.

Da Nord a Sud, in Italia c’è un popolo che, dopo vent’anni, non sa dare una risposta alla domanda: si dona o si riceve con la Colletta?