Dare dell’omosessuale ad una persona etero non costituisce un’offesa: lo ha stabilito oggi la Cassazione con una sentenza annullando una condanna per diffamazione inflitta il 20 marzo del 2015 dal Giudice di pace di Trieste. Nella causa in questione un uomo aveva definito come “omosessuale” in senso denigratorio una donna eterosessuale con la quale era in lite per ragioni legate alla moglie. Gli ermellini però, come riportato da Il Fatto Quotidiano, hanno chiarito che “la tipicità della condotta di diffamazione consiste nell’offesa alla reputazione: è dunque necessario che i termini dispiegati o il concetto veicolato, nel caso di comunicazione scritta o orale, siano oggettivamente idonei a ledere la reputazione del soggetto”. Chiarito questo concetto ne viene fuori che “è innanzitutto da escludere che il termine ‘omosessuale’ utilizzato dall’imputato abbia conservato nel presente contesto storico un significato intrinsecamente offensivo come, forse, poteva ritenersi in un passato nemmeno tanto remoto. A differenza di altri appellativi che veicolano il medesimo concetto con chiaro intento denigratorio secondo i canoni del linguaggio corrente, il termine in questione – si legge nel verdetto – assume un carattere di per sé neutro, limitandosi ad attribuire una qualità personale al soggetto evocato ed è in tal senso entrato nell’uso comune”. Nella sentenza della Suprema Corte a firma del giudice Luca Pistorelli si chiarisce infine che il fatto di essere omosessuale non è “lesivo della reputazione del soggetto passivo”, soprattutto “tenendo conto dell’evoluzione della percezione della circostanza da parte della collettività”. Dunque, conclude la sentenza, “il termine utilizzato non può ritenersi effettivamente offensivo” nemmeno nel caso venga pronunciato o scritto con “intento denigratorio”.



Leggi anche

Bestie di Cerano, una sola condanna: 6 anni per violenza sessuale/ Assolti gli altri 25 imputatiPasquale Valitutti, indagato l'anarchico/ “Istigò al terrorismo prima dei disordini di Torino 2023”