Ci ha messo cinque anni il veleno che le avevano iniettato nel cervello per fare effetto, ma alla fine la bambina che doveva essere abortita è morta. La storia, riportata dal sito LifeSitenews, comincia nel luglio del 1993 quando una ragazzina di 15 anni si reca al Women’s Health Care Services per abortire. E’ ormai oltre la ventesima settimana di gravidanza e quella clinica è una delle tre in tutti gli Stati Uniti che permettono di abortire anche oltre il periodo normalmente considerata ultimo, e cioè la 16esima settimana. A effettuare il tentativo di aborto è il noto medico abortista George Tiller, che pochi mesi dopo sarebbe stato ucciso da un manifestante antiabortista. Tiller, secondo le testimonianze, nonostante la bambina nel ventre fosse ormai quasi sul punto di nascere, inietta nella testa della piccola due dosi di cloruro di potassio, un veleno, una nella parte sinistra della fronte sopra le sopracciglia e l’altra alla base del cranio. Il giorno dopo la madre torna alla clinica per terminare le procedure di aborto, ma i medici scoprono che la bambina non è morta come avrebbe dovuto: è ancora viva. A questo punto la mandano in un ospedale dove viene fatta nascere, avvolta in una coperta e lasciata a morire in una culla. E’ a questo punto che accade l’incredibile: passate altre 24 ore con ancora il cordone ombelicale attaccato e senza alcun nutrimento, una infermiera trova che la piccola è ancora viva. Scioccata, avverte un avvocato che si dice pronto a trovare una famiglia che la adotti. Per i medici ha poche settimane di vita, ma curata dai genitori adottivi vivrà invece per  cinque anni, sebbene il veleno iniettato nella sua testa l’abbia lasciata cieca, incapace di camminare e con il cervello danneggiato. Cinque anni dopo, è il 1998, Sarah Elizabeth, come era stata battezzata, muore per i danni provocati dal veleno, termina così il martirio di una piccola vittima innocente.



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