L’Udienza Generale con l’intervento di papa Francesco di mercoledì 9 novembre 2016 è avvenuta in Piazza San Pietro alle ore 10 e Papa Bergoglio ha salutato milioni di pellegrini, che lo sono venuti a sentire ed incontrare dalle regioni italiane e dagli altri stati. Il sunto dell’intervento papale ha ricordato l’insegnamento dato dal Pontefice sulla misericordia e ha ribadito l’invito a meditare ed a recarsi a “Visitare i malati e i carcerati”. Dopo il saluto del santo Pontefice ai fratelli ed alle sorelle presenti, il Papa ha ricordato gli anni in cui Gesù si è aperto alla predicazione ed alla gente, nel suo ministero pubblico. In questo triennio Gesù è stato vicino a tutti coloro che ne avevano bisogno e non ha lesinato le parole di conforto e di misericordia anche ai più umili ed ammalati, i lebbrosi, i paralitici, i ciechi, gli indemoniati, gli epilettici. Allo stesso modo in cui si legge in vari brani del Vangelo, anche noi non dobbiamo dimenticare di essere misericordiosi con i nostri fratelli e sorelle che soffrono. Il Papa ha quindi ricordato che la maggiore sofferenza è la mancanza della libertà ed in questo contesto si inseriscono sia gli ammalati che i carcerati. Entrambi mancano di libertà e sono limitati nella loro vita, cosa che non avviene se ci si affida a Gesù, che ci permette di essere liberi in ogni caso, anche se in prigione o in un letto di ospedale. La migliore libertà è quella del peccato, perché ci avvicina alla luce della misericordia divina. Alla stessa maniera dobbiamo ricordare la sofferenza di chi è ammalato e spesso è solo ed abbandonato. Una visita, una carezza dice il Papa, aiutano di più della migliore delle medicine. Sono le case di cura ed ogni ospedale le vere “cattedrali del dolore” e chi fa opera di volontariato si assume un impegno encomiabile, che tutti dovremmo seguire. Soprattutto se siamo compassionevoli e ci dedichiamo a sollevare chi soffre per malattia o mancanza di libertà in nome di Dio daremo un significato più completo alle nostre visite ed attenzioni, portando la nostra vicinanza ed empatia.
Nessuno inoltre continua il Pontefice può ergersi a giudice di chi ha sbagliato, chi si trova in carcere perché ha infranto la legge, sta pagando per il male fatto, ma è pure sempre un figlio di Dio, che attraverso la sua misericordia espierà la sua pena. Nessuno è dentro al cuore ed all’animo di chi ha sbagliato e quindi non c’è persona che può entrate nelle coscienze altri. Sarà credendo che anche chi ha sbagliato può redimersi e che tutti potremmo essere al posto dei carcerati, che ci indurrà a ridare la giusta dignità, spesso privata a chi è recluso. Il santo padre invita tutti ad essere misericordiosi verso chi è carcerato, a fargli visita senza puntare il dito contro chi ha sbagliato e che è stato corrotto dall’insidia del male. Il Papa afferma di pensare spesso al motivo per cui si arriva a commettere atti malvagi e ricorda le lacrime di chi ha sbagliato e nonostante tutto viene accettato e consolato. Gesù e gli apostoli non hanno evitato questa esperienza, il Signore ed i suoi seguaci sono stati catturati, trascinati alla stregua di malfattori, derisi, flagellati, incoronati di spine e molto altro ancora. Il papa ha ricordato il Giubileo dei Carcerati, avvenuto e celebrato domenica 6 novembre 2016 e ha riferito dell’incontro avuto con un gruppo di loro nel pomeriggio. Il gruppo ha risposto ad una richiesta del Pontefice su come avrebbero trascorso il giorno di lunedì, prima di tornare in carcere con queste parole: “Andremo al carcere Mamertino per condividere l’esperienza di san Paolo”. la risposta ha fatto molto piacere al Pontefice, che ha visto compassione e misericordia in chi già è sofferente. Gesù stesso ha evangelizzato andando a trovare i poveri i deboli e gli ammalati, non dobbiamo essere indifferenti alla sofferenza umana, anche se non ne siamo direttamente coinvolti. In questo modo daremo misericordia ed arricchiremo il nostro spirito, diventando più ricchi e felici. Aiutare chi soffre e non farlo sentire solo, ci farà migliori e portatori dell’insegnamento divino, che non ha dimenticato nessuno di chi ha confidato in lui. Non siamo soli e non dobbiamo lasciare soli i nostri fratelli, cadendo nell’indifferenza condividendo il dolore e le emozioni negative in un grande abbraccio fraterno.