Si torna a parlare della morte di Martina Rossi, la ventenne di Genova deceduta nell’agosto 2011 dopo essere precipitata dal balcone di un albergo mentre si trovava a Palma di Maiorca, alle Baleari. L’episodio fu archiviato come suicidio ma i familiari non hanno mai creduto a questa tesi. Stando alle novità riportate oggi da TgCom24, il procuratore di Arezzo nei giorni scorsi ha firmato la chiusura delle indagini in merito ai due giovani aretini accusati della morte di Martina Rossi come conseguenza di altro reato e di tentata violenza sessuale. Nel corso delle indagini, riaperte nel 2012 grazie all’insistenza della famiglia, dunque, sarebbero emersi dei retroscena shock che avrebbero smentito quanto riferito dalle autorità spagnole, secondo le quali la giovane era morta in seguito ad una caduta provocata dall’effetto dell’assunzione di sostanze stupefacenti. Era il febbraio del 2012 quando Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, due coetanei di Martina Rossi che la giovane conobbe a Palma di Maiorca insieme alle sue amiche, furono convocati in qualità di testimoni. Ignari della presenza di microspie, i due si lasciarono andare ad alcune confidenze ritenute “compromettenti” e che facevano riferimento per la prima volta ad un tentativo di stupro. Da quel momento le indagini si spostarono repentinamente iscrivendo i due giovani nel registro degli indagati per “omicidio colposo, omissione di soccorso e tentata violenza sessuale”. L’accusa avrebbe quindi ricostruito quanto accaduto a scapito di Martina Rossi la quale, in camera con i due ragazzi, alla luce del tentativo di stupro avrebbe tentato di sfuggire alla violenza passando da un balcone ad un altro e precipitando giù nel cortile. Dopo la chiusura delle indagini, sarebbe ormai alle porte il rinvio a giudizio a carico dei due giovani aretini. Il padre di Martina Rossi, al quotidiano Repubblica ha commentato: “Non poteva essere stato un incidente, no. Adesso anche la polizia è convinta che sei morta a vent’anni cercando i fuggire a una violenza”.