Svolta clamorosa nel caso relativo all’omicidio di Chiara Poggi che sembrava chiuso con la condanna definitiva di Alberto Stasi: il ritrovamento sotto le unghie della vittima di tracce di Dna diverso da quello del suo ex fidanzato potrebbe portare alla riapertura del processo. La criminologa Roberta Bruzzone e lo psichiatra Alessandro Meluzzi hanno commentato la vicenda. «Bisogna capire quanto materiale c’è, su quali basi il profilo genetico riscontrato non è realmente riconducibile ad Alberto Stasi e considerare la dinamica del delitto che non è una dinamica attiva di difesa da parte di Chiara Poggi» ha spiegato Bruzzone, secondo cui ci sono criticità in questo delitto ed è sufficiente un elemento di novità per ottenere la revisione di un processo. Non è detto, però, che la sentenza che scaturirà dall’eventuale nuovo processo possa essere diversa dalla prima. Meno cauto è Meluzzi, che non è mai stato convinto della colpevolezza di Alberto Stasi: «Ritengo che non esistano prove per affermare che sia lui l’assassino di Chiara e quindi spero che dai nuovi elementi possa emergere chiaramente la prova della sua innocenza». Per lo psichiatra, ad esempio, la perizia sulla camminata dell’ex fidanzato di Chiara Poggi sulla scena del delitto non doveva essere considerata una prova regina. I due esperti, dunque, convergono sulle criticità della vicenda, che potrebbe regalare nuovi colpi di scena.



I difensori di Alberto Stasi hanno spiegato come sono riusciti a risalire all’uomo il cui Dna è stato trovato sotto le unghie di Chiara Poggi e hanno lanciato accuse pesanti agli inquirenti. «Ci sono stati gravi errori» hanno dichiarato i gli avvocati Fabio Giarda e Giada Boccellari, che hanno riletto gli atti e fatto uno screening, indirizzandosi verso un soggetto. La difesa di Alberto Stasi, condannato a 16 anni per l’omicidio della fidanzata, ha chiesto allora alla Procura di Pavia una revisione del processo, cioè di riaprire le indagini e di focalizzarsi su un amico di Chiara Poggi che il 13 agosto 2007, quando è avvenuto il delitto, si trovava a Garlasco. Il nome dell’uomo in questione è già negli atti d’indagine. L’accertamento genetico non ha identificato una persona in particolare, bensì il ceppo maschile del nucleo famigliare, quindi il Dna in questione potrebbe appartenere all’amico in questione, ai suoi fratelli o a tutti i suoi parenti maschi. «L’unica certezza è che si tratta di una persona che non ha nessun rapporto con Alberto» ha spiegato Fabio Giarda, come riportato da Tgcom24.



Si tratterebbe di una svolta importante, quanto rivelato oggi in merito al delitto di Garlasco e che vede in carcere Alberto Stasi, condannato a 16 anni in via definitiva per l’omicidio di Chiara Poggi. Le novità rese note da Corriere.it preannunciano una nuova guerra di perizie che da anni vede schierati numerosi genetisti, tra quelli della difesa del giovane, oggi 38enne, e quelli della famiglia della vittima. La novità consisterebbe nel ritrovamento di un Dna maschile, differente da quello relativo ad Alberto Stasi, sotto le unghie dell’ex fidanzata e che potrebbe appartenere ad un amico comune alla coppia. E’ quanto emerso da alcune analisi condotte privatamente dalla difesa del giovane e che dimostrerebbero la sua estraneità rispetto alle pesanti accuse di omicidio. La notizia giunge in vista del deposito del ricorso alla Corte europea per i diritti dell’uomo. Repubblica.it ha raccolto il commento del genetista Marzio Capra che ha seguito la famiglia di Chiara Poggi: “Cercano di fare tutto quello che possono. Sono cose che scientificamente valgono zero”, ha asserito. A detta dell’esperto, quanto avanzato oggi dalla difesa di Stasi rappresenterebbe “un tentativo mediatico”. “Questo caso è uno dei pochissimi casi in cui tutto è sempre stato fatto nel contraddittorio delle parti. Non c’è nessun fatto nuovo, sono fatti già discussi nel contraddittorio. E le tabelle sono le stesse di due anni fa: c’era del materiale biologico maschile, scarsissimo e degradato. Inutilizzabile allora e ancor meno utilizzabile oggi”, ha chiosato il genetista riferendosi al fatto che già nel 2014 furono eseguiti degli esami dai quali era emerso un “mister X”. Suggestioni che caddero presto nel vuoto anche in seguito all’insufficienza di materiale trovato sotto le unghie della ragazza. Tutto, dunque, fu già discusso due anni fa a Genova nel contraddittorio tra le parti e quanto sostenuto dalla difesa di Alberto Stasi fu rigettato in Cassazione l’anno seguente.



Colpo di scena nel caso di Chiara Poggi, la giovane di Garlasco uccisa il 13 agosto 2007 e per il cui omicidio è stato condannato in via definitiva a 16 anni di carcere l’ex fidanzato Alberto Stasi. Come riporta oggi Repubblica.it, la famiglia di Stasi ha chiesto che venga riaperto l’intero processo. Una richiesta che può apparire strana ma che invece diventa più comprensibile alla luce dei risultati di una recente indagine realizzata da un genetista e da una società investigativa milanese. Secondo quanto emerso dall’indagine in questione, il Dna rinvenuto sotto le unghie di Chiara Poggi non apparterrebbero ad Alberto Stasi, ma ad un altro giovane del posto, del quale si conoscerebbe nome e cognome. A riportare in esclusiva la notizia è stato il Corriere della Sera che sottolinea come il Dna rinvenuto e non appartenente al ragazzo condannato, sarebbe di un altro ragazzo che conosceva la vittima. Già in passato la difesa di Alberto Stasi aveva avanzato l’ipotesi di rivolgersi alla Corte Europea, ribadendo come a carico del proprio assistito non ci fossero prove concrete. Le motivazioni della sentenza di condanna a 16 anni a carico dell’ex di Chiara Poggi, sono state depositate lo scorso 21 giugno dai giudici della Suprema Corte. A partire da quel momento i legali di Stasi hanno 180 giorni a disposizione per ricorrere alla Corte di Strasburgo. Alberto Stasi è nel carcere di Bollate da ormai un anno. Oggi 38enne, all’epoca dei fatti aveva appena 24 anni. La conferma della condanna a 16 anni di reclusione da parte della Cassazione è giunta solo il 12 dicembre 2015, chiudendo così definitivamente un caso durato 14 anni ma che ora rischia di riaprirsi.