Il processo inizierà il 12 aprile. Stefano Binda è stato rinviato a giudizio, lo ha deciso il tribunale di Varese dando ragione all’accusa. Il processo si terrà aperto al pubblico presso la corte d’assise di Varese, la difesa non ha chiesto riti alternativi come quello abbreviato. Stefano Binda dal gennaio 2016 è in carcere, accusato di aver ucciso la ex compagna di scuola Lidia Macchi, in un caso che è stato riaperto improvvisamente dopo quasi trent’anni. Oggi in aula era presente Paola Bettoni, mamma di Lidia: «Sono distrutta. Speravo che potesse confessare. Ma io vorrei il colpevole, non un colpevole qualsiasi» ha commentato alla fine dell’udienza.
La mamma di Lidia Macchi, la studentessa di Varese uccisa trent’anni fa, ha rilasciato al quotidiano Il Giorno una intervista, in vista dell’udienza di oggi in cui il tribunale deciderà se processare o meno Stefano Binda, accusato di essere l’assassino. Alla domanda se pensa che l’uomo, ex compagno di scuola della figlia, sia colpevole, ha risposto: “Non posso dirlo. Non ho la documentazione che hanno gli inquirenti. Certo, se è stato lui a scrivere quella lettera, ‘In morte di un’amica’ (recapitata alla famiglia il giorno dei funerali di Lidia e attribuita all’arrestato, ndr)… Colpevole o innocente non ha vissuto bene neanche lui. Una volta ho detto che preferivo essere la mamma di Lidia Macchi piuttosto che quella del suo assassino. Lo confermo. Non posso trovare altre parole. Il dolore, c’è, rimane. La storia non si è conclusa”. A proposito della figlia, se avesse la possibilità di parlarle, ha risposto: “Le direi di darsi da fare e di farci capire chi è stato. Le direi: guarda che la mamma sono trent’anni che soffre e che le rimane ancora poco. Adesso siete su in due, tu e papà. Aiutatemi, aiutateci”. Paola Bettoni lo scorso anno ha perso anche il marito, dopo lunga malattia: “A Lidia dico sempre: adesso che siete in due, tu e papà, datemi una mano”.
E’ iniziata stamane l’udienza preliminare a carico di Stefano Binda, accusato dell’omicidio di Lidia Macchi, la studentessa di Varese trovata morta quasi trent’anni fa, il 5 gennaio 1987, uccisa con 29 coltellate. L’uomo è stato arrestato lo scorso anno quando, grazie a una testimonianza, il caso è stato improvvisamente riaperto dopo essere stato chiuso da anni. Binda ai tempi era un conoscente della giovane e a incastrarlo sarebbe una lettera anonima scritta a mano pervenuta alla famiglia Macchi poco dopo il funerale e che sembra sia stata scritta proprio da lui. L’udienza di oggi serve a stabilire se il Binda verrà rinviato a processo come chiede l’accusa, mentre sembra che la difesa non abbia intenzione di chiedere il rito abbreviato. La famiglia Macchi si è costituita parte civile, oggi in aula la mamma di Lidia, Paola Bettoni, e la sorella Stefania Macchi. In una intervista rilasciata due giorni fa al quotidiano Il Giorno, la mamma di Lidia aveva detto: “Spero nella giustizia per mia figlia. Spero che tutto finisca. Il nostro amico don Giussani mi diceva che la mia ferita si rimarginerà solo in Cielo e che finché vivrò sarà così. È successo a me. Da trent’anni ne porto tutte le conseguenze. Ma credo che anche quelli che lo hanno fatto, non abbiano avuto una vita migliore della mia”.