Si è aperta oggi la decima udienza per il processo che vede imputato Giosuè Ruotolo per l’omicidio di Teresa Costanza e Trifone Ragone, avvenuto il 17 marzo 2015 nel parcheggio del palazzetto dello sport di Pordenone. È la giornata delle testimonianze delle amiche di Maria Rosaria Patrone, la fidanzata dell’imputato. È intervenuta in aula, infatti, Rosa Fragliasso: la giovane – come riportato dall’Ansa – ha spiegato di aver conosciuto Giosuè Ruotolo e la fidanzata all’inizio degli studi universitari, aggiungendo di essere stata nell’abitazione dell’imputato nel maggio 2013, ospite proprio nella camera di Trifone. L’amica di Maria Rosaria Patrone ha riferito che la fidanzata dell’imputato le avrebbe confidato di nutrire il timore che Trifone potesse influenzare negativamente Giosuè. La giovane ha poi raccontato che dall’esterno la coppia sembrava solida, anche se una volta Maria Rosaria le riferì «che voleva lasciarlo perché lei era cambiata e il loro rapporto non era più lo stesso».
In attesa della nuova udienza sul duplice delitto di Trifone e Teresa e prevista per oggi in Corte d’Assise a Udine, a carico di Giosuè Ruotolo, sono emerse nelle passate ore interessanti novità. L’ultimo appuntamento in aula, come riporta anche IlfattoVesuviano.it, si sono rivelate importanti per la difesa dell’unico imputato, l’ex militare di Somma Vesuviana in carcere a Belluno dallo scorso marzo. Sulla scena del crimine, nel parcheggio del palasport di Pordenone, infatti, mancherebbe il Dna dell’imputato. Sul bossolo ritrovato all’interno della vettura nella quale sono stati freddati con svariati colpi di pistola Trifone e Teresa, sarebbe stato trovato un profilo genetico non appartenente a Ruotolo. Questo porta all’assenza della prova regina capace di incastrare del tutto l’unico indagato per il duplice omicidio di Via interna, evidenziando come quello in atto sia un processo indiziario, sebbene gli indizi a carico del ragazzo 26enne, secondo la procura, siano molteplici. Il Dna di Giosuè Ruotolo non sarebbe stato rinvenuto neppure sulla pistola trovata nel laghetto di San Valentino e con la quale sarebbero stati uccisi i due fidanzati. Un fatto comprensibile se si pensa che l’arma è rimasta per mesi nelle acque del lago, permettendo così la cancellazione di eventuali tracce. Per oggi, l’attesa è tutta concentrata sulle tre amiche di Rosaria Patrone e che saranno sentite in aula nell’ambito della decima udienza del processo a carico di Giosuè Ruotolo.
La nuova settimana si apre con la decima udienza del processo sulla morte di Trifone Ragone e Teresa Costanza, i due fidanzati freddati con sei colpi di pistola la sera del 17 marzo scorso, all’uscita del Palasport di Pordenone. Unico imputato per il terribile duplice delitto è l’ex militare 26enne Giosuè Ruotolo, ex commilitone di Trifone nonché il principale sospettato secondo l’accusa. Nel corso dell’udienza andata in scena lo scorso venerdì, è emerso un dettaglio che potrebbe andare a favore della difesa del presunto assassino di Trifone e Teresa: su un bossolo trovato nell’auto delle due vittime, non ci sarebbe il Dna di Giosuè. Le tracce biologiche rinvenute, infatti, restano ignote ma per la difesa dell’unico imputato segnano un aspetto decisivo in quanto i confronti finora eseguiti avrebbero scagionato il proprio assistito. Intanto, questo lunedì si svolgerà la decima udienza del processo, la quale si preannuncia estremamente importante in quanto verranno a deporre le amiche di Rosaria Patrone, ex fidanzata di Giosuè Ruotolo. Secondo l’accusa, la ragazza avrebbe “inoltrato” dei pizzini alle amiche, affinché non rivelassero nulla ai Carabinieri rispetto alla creazione del profilo Facebook “Anonimo anonimo” che era stato creato e dal quale partivano i messaggi minatori contro Teresa. Stando alle notizie rese note dal quotidiano Il Messaggero Veneto, le tre ragazze chiamate a deporre sono Rosa Fragliasso, Anna Mena Rea e Claudia Piccolo. Sarebbero state proprio loro a rivelare agli inquirenti l’esistenza di una relazione tra il profilo social anonimo e Somma Vesuviana. Tutto ha inizio quando, dopo la morte di Trifone e Teresa, nel corso delle loro approfondite indagini gli investigatori entrano in possesso dell’iPhone della ragazza uccisa, trovando al suo interno diversi messaggi molesti ricevuti su Facebook. Secondo la Procura, sarebbe stata questa la “miccia” che innescò il movente del duplice delitto di Pordenone. Stando a quanto emerso da Anna Mena Rea, il profilo anonimo fu creato in caserma e proprio il lavoro degli investigatori ha confermato nei mesi scorsi questo dato importantissimo. Nei giorni e negli orari in cui Teresa riceveva i messaggi minatori su Facebook, Giosuè Ruotolo si trovava in servizio nella medesima Caserma dalla quale era stato realizzato il profilo. La testimone che oggi parlerà in Corte d’Assise a Udine, inoltre, agli inquirenti aveva riferito un ulteriore aspetto che trovò conferma dai successivi accertamenti. A sua detta, Rosaria Patrone le rivelò che un giorno eseguì autonomamente l’accesso al profilo anonimo dal suo cellulare. La ragazza, dunque, non solo era a conoscenza dell’esistenza di un finto profilo di donna creato da Giosuè, ma ne conosceva anche la password. “Giosuè si era arrabbiato, perché riteneva che se avessero fatto delle indagini, gli inquirenti avrebbero scoperto che lei era entrata nel profilo”, aveva dichiarato l’amica dell’ex dell’imputato. Ed in effetti, le successive analisi hanno stabilito l’accesso al profilo da un dispositivo mobile a Somma Vesuviana.