Con il blitz avvenuto nella notte e che ha portato a ben 11 arresti, il cerchio si stringe sempre di più attorno al latitante Messina Denaro. Tra gli arrestati compare anche il nome del figlio del boss mafioso Mariano Agate. Epifanio secondo quanto reso noto da Il Fatto Quotidiano, gestiva due società che operavano nel settore del pesce. Il padre, deceduto tre anni fa, era stato condannato all’ergastolo per la strage di Capaci. Nell’85 era giunta a suo carico una condanna pesantissima per sette omicidi tra le cui vittime vi era anche Giangiacomo Ciaccio Montalto e del sindaco di Castelvetrano, Vito Lipari (per quest’ultimo delitto fu poi assolto). Le imprese sotto sequestro, invece, erano gestite direttamente da famiglie mafiose del Trapanese attraverso prestanome. Tra gli arrestati anche Carlo Antonio Loretta, 50 anni, e il fratello Giuseppe, 26, Angelo Castelli, 71enne di Mazara. Altre sette persone sono state sottoposte all’obbligo di dimora nel comune di residenza.



All’alba di oggi si è compiuto un nuovo duro colpo a scapito del boss latitante Matteo Messina Denaro. Settanta agenti della Polizia di Trapani, Palermo, Mazara del Vallo e Castelvetrano sono stati impegnati nella cosiddetta operazione “Ermes 2” e che ha portato oggi a ben 11 arresti e al sequestro di tre imprese controllate da “Cosa nostra”. A darne notizia è l’edizione online del Corriere che ha evidenziato non solo l’ennesimo colpo al latitante Messina Denaro ma anche ad una certa falsa antimafia. Protagonisti delle undici misure cautelari, infatti, sarebbe non solo boss vicini alla primula di Cosa Nostra ma anche due insospettabili imprenditori ed un collaboratore saltuario del Giornale di Sicilia, Filippo Siragusa. Quest’ultimo sarebbe stato accusato di intestazione fittizia di beni. Secondo SkyTg24, inoltre, il giornalista sarebbe accusato di aver partecipato alla gestione della società Medioambiente, realizzata per aggirare la normativa antimafia, insieme ai fratelli Loretta, “pur consapevole del loro spessore criminale”. Proprio i Loretta avrebbero sostenuto e garantito la latitanza di Messina Denaro, organizzando diversi summit mafiosi nelle campagna di Mazara del Vallo. In una nota ufficiale diffusa da RaiNews e che fa riferimento all’importante operazione compiuta all’alba di oggi, si legge: “L’indagine ha confermato i saldi contatti tra il clan mafioso di Mazara del Vallo, retto da Vito Gondola, e quello di Castelvetrano e ha svelato gli accordi per la divisione degli appalti sotto le direttive del latitante Messina Denaro”. Sempre secondo la nota, le imprese sottoposte a sequestro erano controllate da famiglie mafiose del trapanese attraverso prestanome e tramite queste imprese la mafia si era infiltrata nei lavori che hanno riguardato non solo il parco eolico di Mazara ma anche la ristrutturazione dell’ospedale civile della medesima città. Con l’operazione, dunque, si stringe sempre di più il cerchio attorno al latitante, rimasto sempre più solo ma che ad oggi continua ad essere ancora inarrestabile.

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