In seguito alle polemiche sulla divulgazione dell’identità dei poliziotti che hanno ucciso Anis Amri a Sesto San Giovanni interviene il capo della Polizia Franco Gabrielli che, come riporta l’agenzia di stampa Ansa, sottolinea: “Non c’è alcuna esposizione, ma un riconoscimento chiaro. Una sottolineatura per mettere al centro chi ha reso possibile tutto questo, rischiando la propria vita”. ll Governo ha reso infatti pubblici i nomi dei due agenti che hanno bloccato e ucciso Anis Amri a Sesto San Giovanni. Ad uccidere il presunto killer di Berlino è stato un agente in prova al Commissariato di Sesto San Giovanni, Luca Scatà, 29enne mentre il poliziotto che è rimasto ferito è Christian Movio, di 36 anni, che è stato ricoverato all’ospedale di Monza con un proiettile in una spalla. L’operazione di rimozione della pallottola si è conclusa in maniera positiva e l’agente di polizia “sta bene ed è tranquillo, non è mai stato in pericolo”, ha detto il dottor Giovanni Zatti, primario di Ortopedia del San Gerardo.



Dopo che Anis Amri è stato ucciso a Sesto San Giovanni, sulla vicenda che ha visto coinvolta anche l’Italia per la morte del presunto killer di Berlino arriva anche il commento del neo presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Il magnate eletto alla Casa Bianca lo scorso novembre è intervenuto sul caso di Anis Amri sottolineando, come riporta Tgcom24, che “il terrorista che ha ucciso numerose persone in Germania ha detto prima di commettere il crimine ‘vi uccideremo come maiali’. Questa è una minaccia puramente religiosa, che si è trasformata in realtà”. Donald Trump lo ha dichiarato dopo che è stato postato da Daesh un video poco dopo che Anis Amri è stato ucciso a Sesto San Giovanni, in provincia di Milano. Il presidente eletto americano si chiede poi sul social network Twitter: “Quando gli Stati Uniti e tutti gli altri Paesi reagiranno?”.



La giornata di ieri è stata campale per le forze di polizia italiane: ucciso il killer di Berlino, Anis Amri durante un semplice controllo documenti a Sesto San Giovanni e una giornata intensissima di scenari geopolitici rilanciati dalla sicurezza dell’Interpol e dell’intelligence europea che purtroppo ha fallito una volta di più. Si cercano ora altre conferme sulla reale presenza di Anis Amri (legato all’Isis con la conferma di un video postato da Daesh pochi minuti dopo l’uccisione dello stesso killer alle porte di Milano) sul camion del terrore che lunedì scorso a Berlino ha investito e ucciso 12 vittime innocenti. Una novità importante è arrivata ieri sera direttamente dalla Germania: dopo il portafoglio e le impronte sulla portiera, è stato ritrovato anche uno smartphone modello Htc che sarebbe appartenente proprio ad Amri. Lo scrive Spiegel citando fonti della sicurezza. “L’analisi dello smartphone è in corso”,aggiunge il settimanale, che sottolinea come il ritrovamento dello smartphone e del portafoglio con il documento che ha indirizzato gli inquirenti sulla giusta pista sia avvenuto in ritardo, il giorno dopo l’attentato. Abbiamo lavorato secondo il principio “accuratezza prima della velocità”, ha detto il capo della polizia di Berlino, “ci sono standard ai quali ci atteniamo”.



Un caso ieri ha agitato le ore successive all’uccisione del killer di Berlino da parte di due semplici agenti della polizia di Milano e ha riguardato proprio i due agenti-eroi che hanno “risolto” senza volerlo il caso internazionale della fuga di Anis Amri. Nella conferenza stampa immediata dopo le prime notizie verificate dai magistrati italiani, il ministro degli Interni Marco Minniti ha immediatamente lodato e ringraziato i due agenti che svolgendo il loro semplice lavoro hanno fermato il pericoloso terrorista Isis; il problema sorto è che il ministro del Viminale ha riferito subito i nomi dei due agenti di polizia, Luca Scatà e Cristian Movio, con l’immediato e prevedibile intasamento sui social dei due poliziotti in pochissimo tempo. Tanto virale che i profili Facebook di Luca Scatà e Christian Movio sono stati oscurati: è il questore Antonio De Iesu a renderlo noto, spiegando che “abbiamo il dovere di tutelare l’immagine dei nostri agenti”. “Abbiamo detto ai ragazzi di non farsi prendere dall’emotività nel loro interesse”, spiega. “Stiamo parlando di una dimensione che non è la criminalità ma il terrorismo”. La critica velata, neanche tanto, è però anche contro lo stesso Minniti che in maniera forse un po’ avventata ha rivelato i nomi e le identità dei due agenti. Solo un problema di privacy? Il rischio ovviamente c’è, vista la presenza di probabili basi logistiche che avrebbero aiutato Amri una volta ritornato in Italia; un caso politico forse rientrato che però farà scuola per le prossime (si spera molto poche) occasioni.