Alla vigilia di Natale lo schianto dell’aereo Tu-154 dell’esercito russo, diretto in Siria, con a bordo 64 membri del Coro dell’Armata rossa, è stato un duro colpo a una delle ultime icone sovietiche, conosciuta e apprezzata in tutto il mondo. Fondato nel 1928 dal professore di musica Alexandr Alexandrov con l’intento di sollevare il morale delle truppe, il coro dell’Armata rossa, famoso anche come Alexandrov Ensemble, è forse la più nota delle bande musicali di questo tipo. Anzi, per i nostalgici dell’Unione Sovietica rappresenta un’autentica leggenda. Formato esclusivamente da voci maschili, il coro è passato dall’essere una piccola formazione di venti-trenta membri all’ensemble attuale composto da 400 cantori, che si riducono a 30 e 50 durante i tour come quello previsto in Siria. Nel repertorio del gruppo molte canzoni patriottiche, di epoca sovietica ma anche canti popolari e appartenenti al folclore russo, come il famoso “Battellieri del Volga” (adattamento di una melodia popolare che tanto piaceva a don Luigi Giussani, fondatore di Comunione e liberazione). Alexandrov è anche l’autore del motivo musicale che ha sostituito l’Internazionale come inno ufficiale della Russia post-Urss con una modifica nel testo.



Ieri, nel giorno della nascita di Cristo, è tornato alla casa del padre Romano Scalfi, fondatore di Russia Cristiana, attraverso la quale ha promosso uno straordinario dialogo tra oriente ed occidente durante la guerra fredda rinsaldando poi i legami tra cattolicesimo ed ortodossia. Attraverso la sua testimonianza molti in Europa e nel mondo hanno imparato ad amare la Russia aldilà degli stereotipi. 



Il coro avrebbe cantato in Siria per i soldati russi impegnati al fianco di Assad. Ma è facile immaginare che quelle melodie commoventi e potenti insieme avrebbero toccato il cuore di tanti provato dal conflitto e dalla struggente nostalgia per una umanità ferita.

Delle ragioni del disastro aereo si sa poco o nulla. Men che meno sappiamo se temere un atto di terrorismo islamista. Nel mistero della morte prende corpo la sfida non di rado evocata dalla missione di padre Scalfi. I popoli hanno un particolare destino ed una particolare collocazione nella storia. Chissà che non tocchi come già in passato all’ortodossia ed al popolo russo riannodare le fila del dialogo con l’islam attraverso il nuovo ruolo che Putin si sta ricavando in Medio oriente e nel Mediterraneo. L’Occidente oggi è muto. A Washington come a Londra, come a Berlino e Parigi, regnano sovrane incertezza e confusione. Al di là della forza militare e della coesione politica figlia di una leadership ai limiti della democrazia, i russi manifestano in questa circostanza storica una volontà ed una visione che farebbero intendere che le insegne della “terza Roma” sono ancora una volta passate di mano.