La prima determinazione della velocità della luce è stata fatta da Ole Romer nel 1676, ma bisogna aspettare fino al 1849 per avere a disposizione il primo dispositivo in grado di calcolarla. Si tratta dell’apparato di Fizeau-Foucault nel quale un lampo di luce veniva inviato su uno specchio sistemato a 8 chilometri di distanza che lo rifletteva fino all’osservatore. Il fisico francese Hippolyte Fizeau riuscì a calcolare il tempo trascorso per percorrere i 16 chilometri ponendo sul percorso una ruota dentata in rapida dotazione. Il raggio luminoso, dunque, passava tra un dente e l’altro all’andata, quindi colpiva il dente successivo al ritorno, ma Fizeau, sistemato dietro la ruota, non riusciva a vederlo. Il fisico decise allora di aumentare la velocità della ruota: il raggio passava tra i due denti e allora Fizeau riuscì a misurare la velocità della rotazione della ruota, arrivando a concludere che la velocità della luce era pari a 315.000 chilometri al secondo. Il metodo fu perfezionato da Léon Foucault nel 1850: il fisico, famoso per l’invenzione del Pendolo a cui ha dato il suo nome, utilizzò uno specchio ruotante al posto della ruota dentata, quindi il tempo trascorso veniva misurato con un cambiamento molto leggero di direzione del raggio di luce. Questo metodo gli fornì come misurazione 298.000 chilometri al secondo.



La velocità della luce è superabile? A quanto pare sì. Ci sarebbero, infatti, particelle subatomiche, elementari, che sono dotate di una velocità superiore a quella della luce, ma la loro esistenza non è stata ancora dimostrata scientificamente. A teorizzare la loro esistenza è stato il fisico americano Gerald Feinberg, secondo cui la velocità dei tachioni entra in contrasto con la teoria della relatività di Albert Einstein: il celebre fisico sosteneva che è impossibile accelerare una particella al punto tale da farle raggiungere la velocità della luce. Questa teoria, però, non esclude l’esistenza di particelle già dotate inizialmente di una velocità superiore a quella della luce e, infatti, i tachioni teorizzati da Feinberg non hanno alcun bisogno di essere accelerati. Feinberg è stato il primo ad usare questo termine, ma la prima descrizione concettuale è attribuita ad Arnold Sommerfeld.



Romer è stato il primo a determinare la velocità della luce: la calcolò, infatti, in 220.000 chilometri al secondo. Per questo oggi si celebra il 340esimo anniversario dalla sua scoperta. Questa misurazione, però, non è corretta, del resto aveva un valore impreciso del diametro dell’orbita terrestre. Gli studi dell’astronomo danese, però, sono stati importantissimi per calcolare in maniera più precisa la velocità della luce. Nel 1790, infatti, il matematico olandese Christiaan Huygens partì dalle idee di Romer per ricavare un valore numerico che è molto vicino a quello accettato oggi, cioè di 299.792,458 chilometri al secondo. Un raggio luminoso potrebbe compiere in un secondo sette giri e mezzo della Terra seguendo la linea dell’equatore. Di Romer sono andati persi purtroppo altri studi, quelli risalenti alla sua permanenza a Copenaghen, dove fu nominato professore. La causa risiede nel grande incendio che colpì la città nel 1728. 



Guerre Stellari e la velocità della luce: Ole Romer e George Lucas, la scienza e la fantascienza. Insomma, la grande giornata dedicata all’inventore e scopritore della Velocità della Luce vede numerosi riferimenti che sconfinano nel campo del fantasy e delle grandi saghe letterarie e cinematografiche. Una delle più importanti e famose, utilizza un concetto classico dei viaggi superluminari. Star Wars infatti sfrutta a differenza di Star Trek l’antica teoria dell’iper spazi, ossia di una dimensione parallela in cui è possibile viaggiare al di sopra della velocità della luce. La trovata della saga è certamente meno accurata rispetto alla precedente ma recentemente è stato pubblicato uno studio che sembrerebbe avvalorare l’esistenza di un iper spazio. Nel 2005, infatti, il fisico della NASA Marc G Millis ha illustrato in un suo lavoro l’eventualità che viaggi nell’universo come quelli condotti dal Millenium Falcon siano possibili. 

Non infinita ma relativa. E’ la velocità della luce così come è stata determinata dall’astronomo danese Ole Romer che Google celebra oggi con un Doodle animato. Già nel XVII secolo, ricorda Focus, Ole Romer ipotizzava che la luce avesse una velocità enorme ma non infinita: nel vuoto è pari a 299.792.458 metri al secondo ma è sempre relativa. La determinazione della velocità della luce su fatta dall’astronomo nel 1676 quando stava lavorando all’osservatorio reale di Parigi diretto all’epoca da Giovanni Domenico Cassini. In seguito, nel 1790, per calcolare in maniera più precisa la velocità della luce il matematico olandese Christiaan Huygens utilizzò l’idea di Romer: ricavò un valore numerico molto vicino a quello accettato oggi. Poi la misurazione precisa della velocità della luce è stata fatta dai fisici: un raggio luminoso viaggia nel vuoto a 299.792.458 metri al secondo e in un secondo potrebbe compiere sette giri e mezzo della Terra seguendo la linea dell’equatore.

La velocità della luce è stata “sfidata” nella grande tradizione letteraria e cinematografica di fantascienza da notevoli e molteplici teorie, dalle più strampalate a quelle con “cenni” di realtà: un grande classico amato e osannato da tutti gli amanti della fantascienza è certamente Star Trek. Nella serie ideata da Gene Rodenberry il capitano Kirk viaggia grazie a una bolla di curvatura nello spazio. In realtà non si tratta di una teoria campata in aria ma di un’idea elaborata negli anni ’40 da un fisico messicano chiamato Miguel Alcubierre. In base alla sua ricerca sarebbe possibile viaggiare superando la velocità grazie appunto a una bolla di curvatura in grado di curvare lo spazio davanti all’astronave e di espandere quello dietro (teoria della velocità superluminare). Sembra tuttavia che questa teoria per lungo tempo rimasta confinata alla fantascienza possa in futuro diventare realtà. Un fisico della NASA, infatti, Harold White sembra stia lavorando a un motore in grado di curvare lo spazio, e forse nei prossimi anni potremmo davvero viaggiare più veloci della luce. Insomma, se il Capitano Kirk potesse realmente dire la sua approverebbe in pieno la grande teoria superluminare. 

Per calcolare la velocità della luce nel vuoto Ole Romer utilizzò, come riporta Focus, un effetto dell’orbita di Io, un satellite naturale di Giove. Quando la Terra si allontana da Giove, la luce che proviene da Io (è la luce del Sole, riflessa dalla luna) impiega più tempo a raggiungerci e quindi l’orbita di Io sembra rallentare anche se in realtà non è così. Io compie un’orbita completa intorno a Giove in 1,76 giorni. Ole Romer si accorse che il tempo impiegato dalla luna non era sempre lo stesso e che in certi periodi dell’anno, quando la Terra era più lontana da Giove, ci metteva più tempo. Invece quando Terra e Giove erano più vicini Io sembrava anticipare la sua rivoluzione. Secondo la tesi di Romer la differenza era dovuta alla velocità della luce: se questa non è infinita, allora deve impiegare un certo tempo per giungere da Giove alla Terra. E quando la Terra è più lontana, ci mette più tempo. Quest’ipotesi non era ben vista dal direttore dell’osservatorio reale di Parigi, Gian Domenico Cassini, tanto che Ole Romer dovette annunciare che l’eclissi di Io, prevista per il 9 novembre 1676, sarebbe avvenuta 10 minuti prima dell’orario che tutti gli altri astronomi avevano dedotto dai precedenti transiti della luna. Dopo che la previsione si verificò Cassini si convinse.

Il sogno si è spezzato: la velocità della luce resta più “veloce” dei neutrini, e non il contrario come provava a dimostrare una celebre ricerca a firma italiana. È notizia di qualche anno fa ma nel giorno dedicato all’invenzione e scoperta della velocità della luce del buon Ole Romer, la disputa rispunta in superficie: Einstein e la sua teoria della relatività è salva, il Cern ha ricambiato idea sulla velocità dei neutrini. «I dati diffusi il 23 settembre 2012, dai quali risultava che i neutrini fossero di 60 nanosecondi più veloci della luce, erano viziati da un banale errore tecnico: il collegamento difettoso di un cavo in fibra ottica tra un computer e un ricevitore GPS utilizzati per calcolare la distanza percorsa dalle particelle», questo il report del Scienze Magazine del tempo che ricalcitrava la differenza tra velocità della luce e neutrini. Un banale errore di misurazione, una fibra ottica che non funziona alla perfezione e crolla un sogno di superare la relatività e anni di ricerche. L’Italia, sempre tra le più attive in campo scientifico e di ricerca, ha dovuto anni fa ricredersi su questo importante punto della scienza: il neutrino non è più una particella superstar e ritorna a essere l’effimmera particella di sempre dalle molte stranezze ma comunque non più veloce della luce.

Che fine ha fatto Ole Romer dopo la prima determinazione della velocità della luce, pubblicata il 7 dicembre 1676, e che si celebra oggi con un Google Doodle animato nel 340esimo anniversario della scoperta? L’astronomo danese fece altri invenzioni. Nel 1681, come ricorda Focus, tornò nel suo paese, la Danimarca, dove insegnò astronomia all’Università di Copenhagen. Ole Romer non si occupò solo di velocità della luce. Come matematico reale fu infatti il principale responsabile dell’introduzione di un sistema nazionale per i pesi e le misure in Danimarca nel 1683. L’astronomo danese ideò inoltre una scala delle temperature che porta il suo nome ma che oggi non è più in uso: il fisico tedesco Daniel Gabriel Fahrenheit l’avrebbe però usata come base per elaborare l’omonima scala. Negli ultimi anni della sua vita Ole Romer fu nominato capo della polizia di Copenhagen, e mentre riformava quell’organo dall’interno, ritenuto corrotto, inventò anche i primi lampioni stradali a olio della città.

Che la Velocità della Luce scateni l’immaginazione e le emozioni in un misto di scienza e narrativa, è abbastanza riconosciuto: parecchie saghe di fantascienza hanno per anni e decenni ricamato sul fascino della velocità della luce, della velocità del suono e simili. Tornando un po’ più indietro nel tempo dobbiamo certamente menzionare un famoso e spettacolare metodo per viaggiare nello spazio a una velocità superiore a quella della luce. Stiamo parlando dal metodo escogitato dalla saga fantascientifica “Dune”. Rispetto alle altre due soluzioni di cui si è parlato, però, questa non sembra esser però nemmeno teoricamente realizzabile. In “Dune” infatti si viaggia nell’universo grazie a una tecnologia in grado di piegare lo spazio. Tuttavia tale attività deve essere necessariamente coadiuvata dalla presenza di esseri dotati di poteri paranormali e non si basa solo ed esclusivamente sulla tecnologia. A una base di tale concezione, poi, non ci sono studi o ricerche scientifiche di nessun tipo. Ma questo ci ha mai fermato dal fantasticare a velocità “doppia” rispetto alla luce?

La teoria sulla velocità della luce e le recenti scoperte potrebbero mettere in scacco addirittura Albert Einstein. L’annoso problema sulla costanza o variabile della velocità della luce ha ormai annoiato i più, anche perché come sanno benissimo tutti gli appassionati di fumetti, è un segreto che può conoscere solo The Flash. Superare questo gradino è sempre stato di interesse scientifico e culturale, lungo le diverse ere dell’umanità e se n’è interessato anche il regista Andrea Papini, nel suo film noir La velocità della luce. Nel cast Patrick Bauchau, Beatrice Orlandini e Peppino Mazzotta, che interpreta il ruolo del protagonista Mario. La pellicola del 2008, ruota attorno al significato della comunicazione e delle parole nello specifico, evidenti nell’interazione fra il protagonista e la sua nemesi, uno sconosciuto con cui entrerà in contatto per caso mentre si trova su strada e che si affaccerà presto nella sua vita. L’idea del titolo nasce appunto dalle velocità con cui vengono trasmesse le parole dai protagonisti, a mezz’aria fra verità e finzione, molto distanti dalla realtà. 

Anche Galileo Galilei si era cimentato nella determinazione della velocità della luce. L’astronomo danese Ole Romer, a cui è dedicato il Google Doodle di oggi, aveva determinato, come ricorda Focus, la velocità della luce nel 1676, ipotizzando che la luce avesse una velocità enorme, ma non infinita. Prima di Ole Romer pure Galileo Galilei, anche se senza successo, aveva effettuato esperimenti in questo campo. L’esperimento di Galileo, si legge sempre su Focus, consisteva nel mettere due lanterne a una distanza di un miglio e di calcolare il tempo che la luce impiegava ad arrivare da un punto all’altro. Così insieme a un assistente prese una lanterna schermata e andò sulla cima di due colline che distavano un miglio. Galileo scoprì la sua lanterna, e l’assistente sull’altra collina, non appena vide la luce, scoprì a sua volta la lanterna. Galileo Galilei avrebbe quindi dovuto misurare il tempo necessario per vedere la luce dall’altra collina: sarebbe stato sufficiente dividere la distanza per il tempo per ottenere la velocità della luce.

Della velocità della luce si sono occupati recentemente João Magueijo dell’Imperial College di Londra e iayesh Afshordi del Perimeter Institute in Canada. Non sapete di chi stiamo parlando? Male. Il loro studio, pubblicato su Physical Review D, potrebbe rivoluzionare il mondo della fisica, perché suggerisce una velocità della luce molto più elevata di quella attuale, pari a circa 300.000 km al secondo (nel vuoto), e perché il suo valore è alla base della teoria della relatività generale. I ricercatori, che sono convinti di poter verificare sperimentalmente la loro ipotesi, non considerano la velocità della luce una costante: se così fosse, dovremmo registrare il cambiamento nel tempo delle leggi della natura. Il team di scienziati dopo aver avanzato questa rivoluzionaria ipotesi hanno spiegato che potrebbero testare la loro teoria, in netto contrasto con le indicazioni del padre della relatività generale. Di sicuro il dilemma sulla velocità della luce diventa sempre più affascinante. La conferma può arrivare dalle future misurazioni dell’indice spettrale, quindi dobbiamo attendere per ricevere conferme o smentite allo studio.

Quello della velocità della luce è un argomento molto complesso, soprattutto per chi ha scarsissima confidenza con la fisica. Laddove non arrivano le nostre conoscenze possono giungere personaggi inaspettati: pensiamo, ad esempio, a quelli di Futurama, la famosissima serie a cartoni animati sulle avventure di Philip Fry, alle prese con una nuova vita nel futuro. La velocità della luce è superabile? Alla delicata questione, su cui gli scienziati stanno dibattendo come vi abbiamo spiegato in basso, è stata trovata una risposta da Futurama, secondo cui le navette spaziali viaggiano tra galassie in pochissime ore perché “nel 2208 gli scienziati hanno aumentato la velocità della luce”. Dalla tv spostiamoci alla letteratura, perché della velocità della luce ha parlato anche Douglas Adams nel romanzo “Mostly Harmless”, il quinto libro della seria “Guida galattica per gli autostoppisti”. Il tema scientifico in questione è stato in questo caso rivisitato in chiave umoristica. La velocità della luce non può essere superata? Per Adams c’è qualcosa che va più veloce: “Niente viaggia più in fretta della velocità della luce, con la possibile eccezione delle cattive notizie, che seguono proprie leggi specifiche”.

Ole Romer, lo scopritore della prima misura quantitativa della velocità della luce, è il protagonista del doodle celebrativo realizzato da Google: oggi, infatti, ricorre il 340esimo anniversario di questa importante scoperta. Il 7 dicembre 1676, infatti, l’astronomo danese presentò i suoi studi all’Académie royale des sciences: aveva stabilito la prima misura della velocità della luce. Il doodle realizzato per l’occasione riproduce esattamente lo studio che ha portato Ole Romer a questa importante scoperta. In alto a sinistra la scritta Google con le due “o” utilizzate per la rappresentazione del Sole, attorno a cui ruota la Terra, e di Giove. Perché? L’analisi per stabilire la misura della velocità della luce partì infatti dallo studio sui tempi delle eclissi delle lune di Giove. A destra, invece, viene ritratto Ole Romer intento nelle sue osservazioni astronomiche, quelle che lo portarono, ad esempio, a stabilire che il tempo impiegato dalla luce per percorrere il diametro dell’orbita terrestre è di circa 22 minuti. Nei giorni nostri, invece, è accettato il valore di circa 16 minuti e 40 secondi.