Restano ancora sconosciute le causa dell’uccisione preceduta da atroci torture a scapito di Giulio Regeni, il giovane studente friulano trovato morto lo scorso 2 febbraio in Egitto. Le indagini sembrano attualmente concentrarsi sugli scambi di messaggi ed sms di Regeni nei giorni e nelle ore precedenti alla sua scomparsa avvenuta lo scorso 25 gennaio. In base a quanto scrive oggi BlizQuotidiano, Giulio avrebbe mandato un messaggio tramite l’app di Facebook ad un ex compagno dell’università di Cambridge pochi giorni prima del suo sequestro: “Devo incontrare un pezzo grosso. Incrociamo le dita”. Potrebbe nascondersi dietro questa breve corrispondenza il movente della sua uccisione? A pubblicare la notizia del messaggio su Facebook sarebbe la stampa italiana, mentre dall’Egitto sarebbe giunta un’altra versione: in questo ultimo caso si parlerebbe di un sms inviato alla fidanzata alle ore 19.41 mentre si trovava in metropolitana, ma la notizia non troverebbe conferma presso la Procura di Roma.
È notizia di poco fa e riguarda ancora il bruttissimo caso di Giulio Regeni, il giovane ricercatore italiano trucidato e torturato in Egitto dopo essere lasciato senza vita alla periferia de Il Cairo. Dopo giorni in cui il caso è divenuto internazionale, e dopo varie ricostruzioni dei media occidentali che tiravano in ballo i servizi segreti egiziani, arriva la smentita ufficiale (e prevedibile) del governo di Al Sisi che con decisione allontana questa ipotesi, bollandola come falsa. «In un comunicato ufficiale pubblicato dal Ministero dell’Interno, una fonte del Dipartimento dell’informazione ha smentito le informazioni pubblicate dai medie occidentali secondo le quali l’accademico italiano Giulio Regeni sarebbe stato arrestato da elementi appartenenti ai servizi di sicurezza prima della sua morte», afferma l’agenzia ufficiale Mena. Viene poi aggiunto che «i risultati delle ricerche e nelle indagini su questo caso saranno annunciati quando porteranno a risultati utili». I servizi segreti allontanano le colpe, ma rimangono ancora troppi aloni di mistero per allontanare del tutto questa ipotesi: Regeni era in qualche modo scomodo e alcuni lo hanno voluto eliminare. Resta purtroppo da capire chi abbia potuto fare questo.
Emergono particolari shock resi noti dal New York Times che sottolineano in modo dettagliato come sia avvenuta la terribile morte di Giulio Regeni, il giovane 28enne ucciso mentre si trovava in Egitto. “Sette costole rotte, segni di scosse elettriche sui genitali, lesioni traumatiche e tagli inferti con lame affilate su tutto il corpo, lividi e abrasioni e anche un’emorragia cerebrale”. Sono questi i dati che emergerebbero dall’autopsia su Giulio Regeni in attesa dei risultati dei medici legali italiani previsti per questa mattina. Intanto diventa sempre più difficile, per gli investigatori italiani al Cairo, trovare un punto di partenza sul movente e sui responsabili dell’assassinio di Giulio Regeni, trovato senza vita lo scorso 3 febbraio. Nonostante non ci sia alcuna certezza, secondo l’Ansa l’ipotesi più accreditata al momento sembra essere quella del coinvolgimento di organismi egiziani. Intanto, le indagini proseguono, seppur lentamente, posando l’attenzione sui video. Quelli mostrati dagli egiziani il giorno della scomparsa di Giulio Regeni, tra le 19.40 e le 20 non mostrerebbero la presenza del giovane italiano, né dei due poliziotti in borghese che, stando alle dichiarazioni di un testimone raccolte da Repubblica sarebbero gli stessi che nei giorni precedenti alla scomparsa erano andati nella medesima palazzina di Regeni. Al momento del fermo, secondo il teste, lo studente friulano avrebbe opposto resistenza. La mancanza di immagini nell’ora indicata come quella della scomparsa di Giulio Regeni, tuttavia, porterebbe a spostare la scena del fermo in un altro punto non ripreso o non più utilizzabile, come sottolineato anche dal New York Times. La famiglia e gli amici del giovane ucciso in Egitto, nei giorni scorsi avrebbero fornito agli investigatori cellulari e pc di Giulio Regeni, sperando di rintracciare negli sms e nelle mail dati interessanti ai fini del caso. A tal proposito sarebbe stata sentita Maha Abdelrahman, “tutor” di Giulio nei suoi studi a Cambridge e al Cairo, al fine di chiarire su cosa si incentrassero le ricerche del giovane per le due università. La verità sul complicato giallo, al momento appare però sempre più remota.