La prima puntata della fiction di Rai 1 ‘Io non mi arrendo’ ha riportato l’attenzione su Roberto Mancini, il Vice-Commissario morto nel 2014 dopo anni di indagini relative alla Terra dei Fuochi. In occasione del film con Beppe Fiorello, anche Legambiente ha riservato un tributo a Mancini, con il quale per anni aveva combattutto contro il dramma dei rifiuti tossici. Nel sito ufficiale dell’associazione si ringrazia infatti la Rai per avere dedicato una produzione televisiva così importante a Roberto Mancini, che ha pagato con la vita il suo senso del dovere. ‘Noi di Legambiente lo sappiamo bene, perché a lui ci lega un rapporto profondo, nato nel segno dell’amicizia e dell’impegno comune. Un legame che ci ha accompagnato fin dai primi dossier sulla Rifiuti Spa del 1994/95’. Sempre secondo quanto riporta Legambiente, tale collaborazione è proseguita per oltre 15 anni e ha portato a galla l’incredibile tragedia della Terra dei Fuochi. Il film ‘è il segno di un Paese che vuole verità e giustizia, proprio come voleva Roberto’.



Ha raccontato la storia del poliziotto Roberto Mancini ieri sera nella trasmissione di Rai 1 Porta a Porta, condotta da Bruno Vespa, la moglie Monika Dobrowolska. La donna ha raccontato il lavoro svolto dal marito e la malattia che l’ha colpito fino alla morte. L’occasione per parlare della vicenda è la fiction in onda sulla rete ammiraglia della Rai “Io non mi arrendo”, in cui Beppe Fiorello interpreta Roberto Mancini: ieri sera è andata in onda la prima puntata e stasera è in programma la seconda. Il poliziotto è morto per la malattia contratta nella Terra dei Fuochi, una parte della Campania dove sono tantissimi i decessi causati da materiale radioattivo buttato in discariche abusive. Roberto Mancini è stato il primo a indagare sui veleni di quell’area, divenuta nota per i roghi appiccati per dar fuoco ai materiali gettati. La moglie racconta che proprio per il suo lavoro si è ammalato: “Scavavano con le mani nude e sollevavano da soli i bidoni che trovavano, senza l’aiuto di macchinari”. In studio anche due mamme di bambini morti, uno a 22 mesi e l’altro a 9 anni.



È andata in onda la prima parte della miniserie Io non mi arrendo, con Beppe Fiorello, su Rai 1. L’attore ha presentato il suo personaggio al Festival di Sanremo 2016, ispirato alla figura di Roberto Mancini, il poliziotto che indagò per primo sui veleni della Terra dei Fuochi della Campania. Ieri sera Beppe Fiorello è stato ospite di Porta a Porta condotto di Bruno Vespa, e ha riferito di considerare Roberto Mancini alla stessa stregua di Falcone e Borsellino e di tutti gli altri grandi uomini che hanno cercato di migliorare l’Italia. La moglie Monika Dobrowolska era presente in studio e ha parlato della malattia che ha colpito Mancini in seguito alle sue indagini. “Si scavava con le mani e con le pale”, riferisce al conduttore, “un giorno mi ha raccontato che aveva trovato un bidone e lo aveva abbracciato per metterlo in macchina”. Il giorno dopo, racconta Monika, le autorità sanitarie avevano informato il marito che si trattava di materiale radioattivo. Nella miniserie Io non mi arrendo, il nome di Roberto Mancini è stato trasformato in Marco Giordano. Un giorno giordano scopre che l’avvocato Gaetano Russo (Massimo Popolizio) acquista dei terreni ad uso agricolo per usarli come discariche abusive. Da questo evento parte la sua indagine che lo porterà a conoscere il sistema di rifiuti in mano alla Camorra. “Il film ha solo il compito di accendere la luce, non è un documentario”, riferisce invece Beppe Fiorello a Porta a porta, “ci siamo liberamente ispirati alla storia di Roberto, perché è grande la sua storia”. I telespettatori hanno accolto con piacere l’arrivo della miniserie, soprattutto i fans di Beppe Fiorello, che conoscono per altre interpretazioni, tutte a loro dire molto valide. “Un grande, non mi sono mai persa una fiction di Beppe Fiorello. Bravissimo attore”; “Penso che la vedrò le storie che che fa Beppe Fiorello sono sempre bellissime e di pura verità”. Le qualità di recitazione dell’attore principale di Io non mi arrendo sembrano aver catturato l’attenzione dei telespettatori ed attendono con ansia la seconda parte di questa sera. Non passa in secondo piano anche il trema trattato, al di là delle doti di interpretazione, che si fa portavoce di un uomo che continua a denunciare la tragiche vicende che lo hanno portato alla fine. 



Con la fiction “Io non ho paura”, in onda stasera su Rai Uno, Beppe Fiorello porta in tv la storia di Roberto Mancini, il poliziotto che per primo portò all’attenzione dell’opinione pubblica il problema della Terra dei Fuochi, pagando con la sua stessa vita il grande lavoro svolto per questa società. In una foto pubblicata sul settimanale Gente e condivisa su Twitter vediamo l’attore posare con Monika, la moglie del poliziotto. Tra l’attore e la donna che condivise la propria vita con l’agente di polizia morto di cancro dopo aver indagato sullo smaltimento di rifiuti nella Terra dei Fuochi è nata una bella amicizia immortalata in questo scatto in cui Fiorello posa calvo come nelle scene post-chemioterapia. Clicca qui per vedere lo scatto.

Roberto Mancini, il poliziotto che per primo parlò della Terra dei fuochi mettendo in luce il malaffare che portò all’irrimediabile disastro ambientale in Campania, nonostante le etichette che gli furono attribuite negli ultimi anni di vita, non si considerava affatto un eroe. Per Mancini, protagonista nella mini fiction di Rai 1 dal titolo Io non mi arrendo ed interpretata da Beppe Fiorello, un eroe sarebbe servito solo a pulire la coscienza a chi non intendeva sporcarsi le mani. Lui invece, con le sue indagini aveva scoperto qualcosa che non poteva venire reso pubblico e per tale ragione era stato lasciato da solo. Roberto Mancini ha pagato con la sua stessa vita il lavoro compiuto per anni e che anticipò di almeno un decennio ciò che poi sarebbe venuto alla ribalta solo negli anni 2000. “Io, morto per dovere” rappresenta il libro-verità sull’indagine condotta da Roberto Mancini. Il libro è scritto a quattro mani dai giornalisti Luca Ferrari e Nello Trocchia con la collaborazione della moglie del poliziotto morto nel 2014. Beppe Fiorello, l’attore siciliano che vestirà i suoi panni nella mini serie di Rai 1, firma anche la prefazione del libro nella quale scrive: “Aveva scoperto qualcosa che non si poteva dire, qualcosa che dava noia a troppe persone, per questo è stato lasciato solo. Diceva la verità, per questo è morto”.

Roberto Mancini, protagonista della mini-serie di Rai 1 “Io non mi arrendo” è morto nel 2014, dopo essersi ammalato di tumore in seguito alle indagini da lui effettuate nella Terra dei fuochi. Per i suoi servizi allo Stato Italiano, il Ministero lo ha riconosciuto ‘vittima del dovere’, titolo che viene dato a tutte le persone che hanno perso la vita per il bene della comunità portando a termine il loro lavoro. Tale riconoscimento è arrivato grazie alla petizione promossa su Charge.org dall’amico Fiore Santimone, che ha raccolto 75.000 per non dimenticare Mancini e le difficoltà della sua famiglia. Poco dopo è arrivata anche la Medaglia d’Argento alla Memoria consegnata direttamente dal Capo della Polizia alla vedova Monika.

Chi è alla ricerca di informazioni su Roberto Mancini, a causa di un’omonimia con il campione di calcio incontrerà non poche difficoltà a reperire notizie in più sull’uomo che ha dedicato la sua intera esistenza al nostro futuro e che da stasera sarà protagonista nella fiction di Rai uno “Io non mi arrendo”. Seguendo il consiglio di Beppe Fiorello e associando al nome Roberto Mancini le parole chiave ‘poliziotto’ e ‘Terra dei fuochi’, emergerà la vita un uomo che vale la pena conoscere. Il racconto della vita di Roberto Mancini, rivivrà sul piccolo schermo il 15 e 16 febbraio nella prima serata di Rai 1 grazie alla nuova miniserie dal titolo “Io non mi arrendo”, con protagonista proprio l’attore Beppe Fiorello. Ma chi è davvero il poliziotto che scoprì la Terra dei fuochi sacrificandosi per il bene del prossimo? Roberto Mancini, già vent’anni fa era a conoscenza del grave disastro ambientale nella così detta Terra dei fuochi, tra Napoli e Caserta. Nel ruolo di poliziotto, aveva investito il suo tempo e la sua stessa vita in una difficile quanto pericolosa indagine sulle tracce di quei rifiuti tossici sversati in terra di Gomorra. Uomo dai fortissimi ideali, cresciuto tra le fila della sinistra extraparlamentare e sempre ligio al suo dovere si è guadagnato il titolo di primo poliziotto che investigò sui rifiuti tossici. Con le sue intuizioni riuscì ad anticipare di oltre un decennio l’immane disastro che si sarebbe consumato in una terra caldissima, caratterizzata dai rifiuti tossici e dal malaffare. Nero su bianco Roberto Mancini, definito dai più come il “poliziotto comunista”, già dai primi anni ’90 mise nomi e cognomi di politici, imprenditori, criminali, massoni e affaristi dei rifiuti. Tutto però rimase chiuso in un cassetto, inascoltato, insabbiato.

Tutto ciò che ruotava attorno al “business illegale della monnezza” sul quale aveva indagato per anni Roberto Mancini, venne alla luce solo nel 2000 quando un magistrato Napoletano chiese al poliziotto di sbobinare tutte le telefonate della sua vecchia informativa, utili nel processo contro Cipriano Chianese, sotto accusa per disastro ambientale. Lo stesso Chianese era finito nei documenti di indagine di Mancini già un decennio prima, quando ricopriva un posto in prima fila nella politica nostrana. Fino al 2000 lavorò indisturbato nelle sue discariche che ospitarono i rifiuti industriali dell’Italia del Nord e quelli “legali” grazie alle autorizzazioni statali. Il ritardo con il quale le denunce di Roberto Mancini arrivarono alla ribalta, portò a più di una morte, a partire da quella di un territorio meraviglioso, oggi ormai marchiato con l’appellativo della Terra dei fuochi. Una terra che con la morte di Mancini si macchia anche di omicidio ambientale. Il poliziotto che ora rivivrà nella fiction di Rai1 “Io non mi arrendo” grazie a Beppe Fiorello (i nomi saranno diversi ma la storia sarà la sua), venne a contatto con le medesime sostanze pericolose sulle quali indagò per anni. Al fine di procurarsi le prove, scavò lui stesso nei terreni inquinati dai rifiuti tossici fino ad ammalarsi di tumore. Il suo sogno di portare a termine l’indagine iniziata venti anni prima e che portò alla luce la tragica realtà della Terra dei fuochi non fu mai portata a compimento. Roberto Mancini morì nel 2014.