Non ci sono purtroppo grosse novità nel caso del delitto di Lidia Macchi, neanche dopo i vari interrogatori ai sei testimoni negli scorsi giorni, se non quanto emerso – a carattere non sempre veritiero da parte della stampa – dalle parole di don Giuseppe Sotgiu, amico ai tempi di Stefano Binda e sospettato di averlo coperto con un alibi falso quel dannato giorno della morte della ragazza nel parco vicino a Varese. Proprio in quel parco Mantegazza, alla periferia di Varese, è il luogo del delitto e si cerca in questi giorni fino a fine febbraio la possibile arma dell’omicidio, quel coltello che inferse 30 coltellate al corpo della giovane Lidia. È stato posto sotto sequestro dopo che la teste Patrizia Bianchi, che già con la sua testimonianza sulla calligrafia di Binda ha fatto arrestare l’uomo due mesi fa, ha raccontato agli inquirenti che qualche giorno dopo l’omicidio lei accompagno il Binda in macchina fino a quel parco, lì l’uomo sarebbe entrato con un sacchetto bianco in mano e dopo ne sarebbe uscito senza. Il sospetto è che in quel sacchetto potesse esserci l’arma del delitto, un coltello che viene cercato da 29 anni.



Mentre continuano le ricerche dell’arma del delitto di Lidia Macchi, un coltello con il quale l’accusato e indagato Stefano Binda avrebbe ucciso 29 anni fa la ragazza in un parco vicino a Varese, non si placano le polemiche sui testimoni ascoltati e sulle notizie trapelate da queste deposizioni. Su tutte, don Giuseppe Sotgiu, prete e all’epoca dei fatti amico di Stefano, non avrebbe convinto gli inquirenti che sospetterebbero sull’alibi che ha fornito a Binda 29 anni fa: i giornali hanno parlato subito di accuse di falsa testimonianza, ma al momento non è accaduto nulla ed è semplicemente stato sentito come testimone informato sui fatti. Contattato dai colleghi del Corriere della Sera, il prete ha risposto con poche parole non volendo aggiungere altro ad un clima già teso di per sé: «Mi spiace, preferisco non fare commenti. Sono solo esterrefatto, doveva essere un’udienza a porte chiuse… È una indagine mediatica, credo che sia difficile in questo modo giudicare serenamente». Il clima è in effetti proprio così, con un caso che si trascina da anni e con tutte le novità di questi ultimi mesi comunque non si è arrivati ancora ad una minima versione definitiva; c’è un accusato, e questa è la novità, ma ora va compreso come e in che modo abbia ucciso Lidia. E se non è così sarebbe l’ennesimo errore giudiziario di un caso che offre moltissimi elementi per una campionatura di storture ed errori da far rabbrividire. E in più di mezzo ci sono persone, famiglie e una ragazza trucidata: come diceva la mamma di Lidia qualche giorno fa, la speranza è che la verità emerga presto.

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