Sulle parole pronunciate dal Papa nel suo viaggio di ritorno dal Messico si potrebbero dire molte cose, ma tutte rischierebbero di peccare di una certa parzialità: è parziale il metodo del confronto, che mira a paragonare le espressioni pronunciate dai Pontefici del passato con le affermazioni di Bergoglio, così come è parziale il metodo dell’ostinata promozione di ogni frase detta dal Vescovo di Roma come “in sintonia” o “in linea” con un’idea di Chiesa e di cristianesimo che coloro che si pronunciano vogliono solo avvalorare e confermare. 



Entrambe queste modalità ci rendono spettatori e commentatori della strada indicata da Francesco, mentre è decisamente più interessante provare a chiedersi “dove mi portano, dove mi vogliono portare” le parole e i gesti del Papa. Seguendo un cammino semplice, come quello di Giovanni e Andrea, pieno di curiosità e di passione al Vero, non è difficile cogliere come ogni intervento del Pontefice letteralmente “ci sposti” da quello che già sappiamo e già pensiamo del cristianesimo. Tutti i nostri giudizi, le nostre presunzioni e i nostri cavalli di battaglia si sbriciolano davanti all’uomo “venuto dalla fine del mondo” e alla sua semplicità, alla sua imprevedibile ed essenziale, ma ferma, certezza. Ogni volta che il Papa parla, si tratti di temi etici, di attualità o di desideri, il nostro sguardo è costretto a voltarsi verso un’altra direzione, a esprimersi con altre categorie da quelle cui siamo abituati. 



Indipendentemente dal fatto che il tema sia un virus piuttosto che le affermazioni di un politico, gli occhi di Francesco non sono pieni di preconcetti, ma solo del “grande gesto” con cui Dio ha salvato l’umanità: l’incarnazione, la passione, la morte e la Resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo. È questa sovrabbondanza di sguardo che porta Bergoglio ad abbracciare il Patriarca di Mosca o a piangere per una ragazzina malata terminale che intona l’Ave Maria di Schubert, è per questa “grande Presenza” che egli è duro con i Vescovi che coprono la pedofilia o che sogna di andare in Cina. Il Papa segue Qualcuno, non perde di vista Qualcuno. Ed è questo a renderlo così affascinante e pericoloso. Anche agli occhi degli stessi cristiani. C’è un’esperienza di libertà in atto davanti ai nostri occhi che solo la rinuncia di Benedetto XVI o la letizia nella sofferenza di san Giovanni Paolo II possono eguagliare. 



Il punto non è se ci piace o meno dove sta andando la Chiesa, ma se noi la Chiesa vogliamo seguirla, vogliamo permettere che ci ribalti e che ci cambi. L’autorità non ha solo il dovere di confermare la nostra strada, ma anche di correggerla. Tante volte e in molti modi lo hanno fatto i papi durante il XX secolo, dalla strenua opposizione di Pio XI a Hitler fino alle profetiche parole di Paolo VI sulla vita e sulla responsabilità: ogni Vescovo di Roma ha scosso il popolo cristiano e non lo ha lasciato nelle sue comode opinioni, ma lo ha ridestato alla Verità, alla sequela di Qualcuno che è presente e vivo ora. 

“In manibus nostris codices, in oculis nostris facta” diceva sant’Agostino. Le nostre mani, piene di codici e di citazioni, rischiano di non riuscire più a sorprendersi della freschezza dei fattirendendoci, di fronte alla realtà di un Papa che — come Cristo — sfida le nostre misure, sempre più arrabbiati, più cupi e più tesi a difenderci. Sembra a volte di assistere in questa Chiesa occidentale a quei matrimoni dove ogni minima parola è fonte di litigio e di violenza: ciò che importa ormai non è più quello che viene detto, ma il dolore che provo perché quello che tu dici io non lo comprendo. Capitò anche a Giuda. E decise, per questo, di far fuori Gesù, di accusarlo di una linea politica miope che avrebbe portato gli ebrei sempre più nelle mani di Roma e lontano dalle tradizioni dei Padri. 

Ma Cristo non era venuto per questo, era venuto per salvare. E la salvezza, ci dice la Quaresima, significa svuotarsi di ogni altra logica per far spazio alla natura dell’uomo e alla natura di Dio. Il divino e l’umano, Dio e il prossimo. Sono queste le luci che illuminano lo sguardo del Papa e che lo rendono così libero e così fastidioso. Inizino pure i commenti dunque, si susseguano le analisi, gli applausi e le critiche, ma, lo domando soprattutto a me, c’è ancora un uomo — qualcuno fra noi stremati figli di una storia così gloriosa e viva — che vuole la vita e desidera giorni felici? Se la risposta è “Io”, allora la strada è una sola: non perdere di vista quest’uomo che, passando lungo il mare delle nostre Galilee, ci invita a mollare ogni sicurezza e ad andare con lui. Verso la Pasqua, verso una vita e una civiltà che — nel bel mezzo della notte — ricomincia. E spariglia le carte del già scritto, del già dentro, inquietando gli uomini con la testimonianza di una fiducia che può venire solo dal Cielo.

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