Altre novità sul caso di Lidia Macchi, dovute alle ultime testimonianze esposte la settimana scorsa durante l’incidente probatorio. Sono stati ascoltate diverse figure che ruotano attorno alla vicenda e che soprattutto potrebbero dare una svolta al caso, fornendo dei particolari sulle tesi finora esposte da Stefano Binda. E’ il principale sospettato del delitto di Lidia Macchi, da quando una telespettatrice riconosce la sua calligrafia in una lettera ricevuta dalla famiglia della vittima esposta durante una puntata di Quarto Grado. E’ così che si riapre il caso che porta nei giorni successivi all’arresto di Stefano Binda. E’ proprio Patrizia B., quella telespettatrice, che viene ascoltata la settimana scorsa su altri particolari in suo possesso. Durante la sua deposizione, Patrizia B, afferma di ricordare alcuni dettagli che potrebbero rivelarsi significativi. Parla di un episodio che ha vissuto col Binda nei giorni successivi al delitto di Lidia Macchi,. Ricorda di essersi recata con lui al Parco Mantegazza di Varese dove avrebbero fatto una breve sosta. “Stefano ha accostato”, riporta Patrizia B. durante l’incidente probatorio, “mi ha detto di non scendere. Ha preso un sacchetto di carta, conteneva indubbiamente qualcosa di pesante. E’ entrato nei giardini, quando è tornato il sacchetto non c’era più”. Gli inquirenti hanno subito dato il via alle indagini al Parco Mantegazza alla ricerca di questo oggetto, nel dubbio che si tratti proprio del coltello con cui è stata uccisa Lidia Macchi, 29 anni fa. Clicca qui per vedere il video di Quarto Grado sul delitto di Lidia Macchi. Alla fine degli anni ’80, quando avviene il delitto, il Parco Mantegazza ospita diversi eventi e manifestazioni, esattamente come avviene ora. Sul posto gli investigatori hanno ritrovato diversi coltelli che verranno tutti sottoposti alle analisi per verificare che siano presenti tracce del sangue di Lidia Macchi. L’arnese con cui è stata uccisa la ragazza è lungo 10 cm e largo 2, mentre la lama è monotagliente.
Durante l’incidente probatorio sono stati ascoltati anche altri supertestimoni, come Emanuele, l’organizzatore della gita in cui Stefano Binda ha detto di essersi recato nei giorni del delitto e che ha sfruttato, all’epoca dei fatti, come alibi di ferro. L’uomo ha affermato con fermezza che Binda non era presente in quella gita, particolare confermato da Stefania Macchi, la sorella di Lidia Macchi,, che è certa di non averlo visto sui pullman del ritorno. E’ stato ascoltato anche don Giuseppe Sotgiu, l’amico del cuore del Binda, che ha affermato di essersi allontanato da lui, anni dopo, quando ha scoperto che si drogava. Sono tanti i non ricordo che Sotgiu, appena ventenne al momento del delitto, ripete durante la sua deposizione, talmente tanti che dopo tre ore di ascolto, il gip decide di sottoporre Sotgiu ad un’indagine per falsa testimonianza. Così tanti che Paola Macchi, la madre di Lidia, è costretta ad uscire dall’aula per prendere un po’ di respiro. Riferisce alle telecamere di Quarto Grado di essersi emozionata quella mattina e sottolinea che il dolore la spinge ancora a cercare giustizia per sua figlia: “Son 29 pugnalate, 29 anni”. Stefano Binda invece appare molto dimagrito dal giorno del suo arresto e si limita a lanciare gli occhiali sul tavolo ad ogni parola di don Sotgiu.