——————
“A Strasburgo si sono occupati di un processo, celebrato in Italia, in cui per l’accertamento della verità si è ritenuto di poter prescindere dall’assicurare agli accusati ogni esercizio del diritto di difesa. E nessuno, in proposito, ha eccepito alcunché. Le responsabilità vanno senz’altro accertate, ma non ostinatamente in capo a chi non c’entra nulla e specialmente nei confronti di chi, in obbedienza alla Legge, non ha potuto esercitare alcun diritto di difesa”. E’ questo il commento di Nicolò Pollari, ex capo del Sismi, alla notizia delle sentenza con la quale la Corte di Strasburgo ha riconosciuto l’Italia colpevole per la extraordinary rendition, vale a dire il rapimento, avvenuto a Milano, la detenzione illegale e la consegna all’Egitto dell’ex imam Abu Omar, a quel tempo sospetto di terrorismo e poi condannato, in via definitiva, per tale reato. I fatti risalgono al 2003 e l’operazione avvenne, secondo la Corte di Strasburgo, con il supporto del Sismi, guidato all’epoca dal generale Pollari. L’Italia, secondo la sentenza della Corte europea, “ha applicato il legittimo principio del segreto di Stato in modo improprio e tale da assicurare che i responsabili per il rapimento, la detenzione illegale e i maltrattamenti ad Abu Omar non dovessero rispondere delle loro azioni”. Pollari non solo ribadisce la totale estraneità sua e del Sismi da lui diretto, rispetto ad una vicenda che egli stesso definisce “paradossale”, ma tiene a sottolineare che il percorso processuale che ha interessato lui e gli altri coimputati del Sismi presenta obiettive criticità, proprio avuto riguardo ai principi sanciti dall’art. 6 della Cedu, in punto di diritto di difesa. In questa intervista spiega perché.
Pollari, secondo la Cedu l’Italia ha fatto ripetutamente ricorso al segreto di Stato per coprire l’operato di uomini del Sismi, tra i quali anche lei. Come commenta?
C’è prima una sotto-questione di merito: la rendition di Abu Omar. Va sicuramente perseguito chi ne è stato responsabile, non certo chi non lo è stato o viene ritenuto tale sulla base delle sole prospettazioni dell’accusa, per giunta in assenza di una sentenza definitiva di condanna.
Dica.
Diamo per scontata l’avvenuta rendition. Il processo avrebbe dovuto riguardare chi ne è responsabile e naturalmente coloro che hanno partecipato a questa operazione. Invece stiamo parlando di un processo che ha riguardato, come più volte ho ripetuto, almeno per quanto riguarda il Sismi da me diretto, persone del tutto estranee alla vicenda. Peraltro, limitandosi alla scena del crimine e ai tabulati telefonici di quel frangente e dei periodi antecedenti e susseguenti, è agevole rilevare che nessun appartenente al Sismi è stato in alcun modo riscontrato. Le persone e le comunicazioni oggetto di considerazione, tutte puntualmente individuate o rilevate, sono estranee al Sismi.
In Italia però c’è stato un processo, ricordiamolo.
Eh certo. Ma questo processo ha riguardato presunti responsabili che non solo si sono dichiarati estranei ma che hanno formalmente informato l’autorità giudiziaria che la loro estraneità risulta per tabulas e specialmente è perfettamente nota a tutte le autorità di governo succedutesi nel tempo. Autorità che hanno ordinato a tutti gli indagati di opporre, rispetto alla vicenda, il segreto di Stato. La stessa autorità giudiziaria procedente si era rivolta all’autorità nazionale di sicurezza (cioè al presidente del Consiglio pro tempore), ottenendo una precisa risposta in tal senso. Il processo di conseguenza si è concluso con il proscioglimento degli imputati per la sussistenza del segreto di Stato. Segreto, che non mi stancherò mai di ripetere, copre la dimostrazione della loro innocenza e non già della loro colpevolezza. D’altronde i vari governi, allorché ne hanno riscontrato i presupposti, hanno sempre sollevato conflitti di attribuzione di fronte alla Corte costituzionale che ha pronunciato sentenze di accoglimento delle ragioni del governo, talvolta anche con formulazioni assai incisive.
Perché Lei insiste sulle caratteristiche del processo italiano?
Il processo celebrato in Italia si è alimentato dalle doverose proposizioni dell’accusa, ma si è caratterizzato per la totale impossibilità degli imputati del Sismi di esercitare anche solo un minimo di diritto di difesa. Io e gli altri coimputati del Sismi non ci siamo dunque potuti difendere in alcun modo.
Non per sua scelta, come lei ha ripetuto in questi anni, ma perché le è stato vietato.
Sì. Poiché, come ho detto, le prove che dimostrano la nostra totale estraneità ai fatti sono coperte da segreto di Stato, che, ricordo, è stato apposto prima che il procedimento penale attingesse persone del Sismi. Quando ciò è avvenuto, nel più che comprensibile desiderio di difenderci, abbiamo ripetutamente chiesto al presidente del Consiglio di poter dire come stavano le cose, visto che così facendo ci saremmo liberati da ogni accusa in pochi minuti.
Con quali risultati?Tutti i capi di governo pro tempore hanno sempre ritenuto, nell’interesse della sicurezza nazionale, di dover confermare il segreto di Stato, precedentemente apposto. Essi hanno sempre ordinato di opporlo rigorosamente. Ciò non ha consentito di articolare alcun tipo di difesa riferendo i fatti e le evidenze, più che obiettive, che dimostravano e dimostrano l’innocenza mia e degli imputati del Sismi da me diretto.
E della sentenza di ieri cosa pensa?
Io rispetto lo Stato e la Corte di giustizia. Osservo solo, in riferimento alla sentenza di Strasburgo, che peraltro non investe la mia persona perché riguarda il nostro Paese, che essa dà per scontato che ci sia stato un processo regolare ai sensi dei principi della Cedu nell’ambito del quale sia stata dimostrata la nostra responsabilità. Invece non è così perché, come ho detto, il processo si è concluso con la declaratoria di improcedibilità per sussistenza di segreto di Stato e sia, soprattutto, perché tale processo si connota per essere stato svolto nell’impossibilità per gli imputati del Sismi di esercitare ogni diritto di difesa.
Lei parla di totale estraneità ai fatti. Ma Nicolò Pollari, come capo del Sismi, poteva non sapere ciò che avveniva a Milano di Abu Omar?
In astratto ciò che lei dice è comprensibile. Ma gli organismi di sicurezza si occupano di persone, di fatti e di notizie quando già tali persone, fatti e notizie non siano all’evidenza o all’attenzione di altri organismi dello Stato. In quest’ultima ipotesi l’interesse dell’intelligence può essere applicato solo a corollario delle attività svolte dalle istituzioni ed a complemento di esse. Tali circostanze, nel caso di Abu Omar, ricorrevano tutte.
E davanti alla reiterazione del segreto di Stato cosa avete fatto?
Come le ho già detto, abbiamo obbedito chinando la testa in osservanza della legge, pur se questo ha comportato per noi notevoli pregiudizi. Comprenderà quindi che, non essendo noi caratterizzati come persone che hanno la vocazione del martirio, ogni qual volta avveniva un cambio di compagine governativa, ci siamo affrettati a chiedere se finalmente ricorressero i presupposti per poterci affrancare dal segreto di Stato, permettendo così di difenderci. Tra l’altro, per affrancarci da ulteriori pregiudizi, materiali e morali, oltre a quelli che avevamo già dovuto subire.
Non abbiamo ancora citato i presidenti del Consiglio in questione: Prodi, Berlusconi, Monti, Letta.
Mi sono riferito a tutti i presidenti del Consiglio pro tempore a far tempo dall’avvio del procedimento penale a tutt’oggi. Tutti hanno ritenuto che sussistessero fatti e ragioni — attenzione, non il sequestro di Abu Omar, al quale, non mi stancherò mai di ripetere, io e gli altri coimputati del Sismi da me diretto siamo totalmente estranei — il cui disvelamento avrebbe procurato serio pregiudizio alla sicurezza e all’incolumità del nostro Paese. Si trattava probabilmente di fatti che forse potevano essere a corollario di vicende più ampie. Di conseguenza tutti hanno ribadito l’ordine di opporre il segreto al quale noi abbiamo continuato ad obbedire.
Un momento, cosa intende dire con “fatti che erano forse a corollario di vicende più ampie”?
Non sono in condizione di riferire nulla in proposito e, d’altronde, se lo fossi, nulla direi senza l’autorizzazione dell’autorità nazionale di sicurezza. La domanda andrebbe posta a quest’ultima. Se poi, nelle sedi proprie, si manifestassero dubbi o inquietudini a riguardo, rammento che esistono organismi deputati a vigilare sul segreto di Stato. La Corte costituzionale, ad esempio, nell’ambito dell’esercizio della sua giurisdizione, ha ampia possibilità di prendere piena cognizione dei contenuti del segreto. Anche il Copasir può accedervi, nel rispetto di particolari procedure. Per quanto mi riguarda, sono sempre stato doverosamente disponibile.
Come si esce da questo impasse?
Non è una domanda da rivolgere a me. Sono stato sempre interessato alla soluzione più chiara e trasparente del problema. Anzi, Le dico di più, sono interessatissimo a questa prospettiva: da oltre dieci anni mi porto dietro questo peso per avere fatto il pubblico funzionario con correttezza e lealtà e per aver avuto la forza d’animo di obbedire ad ordini legittimi, malgrado i pregiudizi che me ne sono derivati. E non posso neppure dimenticare quelli che hanno subito gli altri colleghi del Sismi coimputati nel processo.
Come mai secondo lei ci si ostina a mantenere il segreto di Stato?
Anche qui non mi compete di risponderle. Le offro però uno spunto di riflessione. Ponga mente alla disomogeneità delle compagini politiche che si sono succedute ed ai loro vertici: Berlusconi, Prodi, Berlusconi, Monti, Letta, Renzi… Se le conclusioni a cui tutte sono pervenute e se tutte si sono manifestate d’accordo su questo punto, suppongo che non sia difficile per chicchessia farsi venire almeno il beneficio del dubbio. Non è un ragionamento complesso quello che le ho sottoposto. Peraltro, come spesso ho avuto modo di sottolineare, a legislazione vigente, quando ancora non sussistevano le cosiddette garanzie funzionali, nessun reato poteva essere legittimamente coperto da segreto di Stato. Il sequestro di persona, come è noto, era ed è un reato. Era ed è vietato coprire fatti di questo genere con segreto di Stato. Conseguentemente, se il segreto di Stato oggetto del procedimento che ci ha riguardato avesse coperto responsabilità di questa natura, tale apposizione e la conseguente opposizione sarebbero state ab origine illecite. Mi riesce difficile supporre che le diverse compagini governative cui mi sono riferito potessero essere d’accordo su questo punto.
Che idea s’è fatto di un Paese che consente ad altri agenti segreti di operare sul suo territorio e di consegnare un terrorista non alla giustizia italiana ma a quella di un’altro Stato?
Mi scusi se le appaio ripetitivo e forse noioso. Io e il Sismi da me diretto non abbiamo consentito nulla ad alcuno. Al contrario, sussistono anche le prove di miei fermi atteggiamenti volti ad impedire prospettive di questo genere.
A quali operazioni o persone si riferisce esattamente?
I dettagli sono coperti da segreto di Stato, ma le autorità di governo sanno di cosa sto parlando. Del resto, ogni qual volta si è manifestata la necessità di evocare prove a sostegno dei miei assunti, ho chiesto la testimonianza di tutti i presidenti del Consiglio, dei ministri della Difesa, dei ministri e dei sottosegretari competenti in materia di sicurezza nazionale. Nell’ambito del procedimento penale, purtroppo, neppure questo strumento di difesa mi è stato consentito.
Che cosa chiede allo Stato?
Niente. Come nulla ho mai chiesto. Se invece lei mi chiede che cosa io possa auspicare, le dirò che il mio desiderio è quello che, senza pregiudizio per la sicurezza nazionale, possano essere palesate le carte ed i contenuti oggi ancora coperti da segreto di Stato. A quel punto la verità apparirebbe in tutta la sua evidenza. Fino ad oggi il prezzo di questa verità è stato pagato da quei pochi che hanno inteso onorare il loro mandato tutelando lo Stato e la sua sicurezza.
Se un domani il Capo del Governo togliesse il segreto?
Meglio tardi che mai. Ma se il prezzo fosse un pregiudizio per l’interesse nazionale o un fastidio alla mia persona, io sceglierei il secondo. E la mia famiglia non sarebbe d’accordo!
(Federico Ferraù)