Quando ero ragazzo, frequentavo una scuola elementare alla periferia di Milano. La tradizione cattolica era ancora viva e anche gli operai comunisti mandavano i figli all’oratorio. La domenica pomeriggio si giocava, si andava al catechismo e poi tutti a vedere il film nel salone parrocchiale.

Eravamo tanti. E c’era sempre qualcuno grasso, o balbuziente, o vestito male perché più povero degli altri. Insomma, c’era sempre qualcuno da prendere in giro, tutti incuranti che il poveretto ci restasse male. Anzi: ci sembrava la prova di aver colto nel segno e un motivo in più per insistere. Invano maestra e parroco si affannavano a difendere quelli presi di mira, che finivano con l’isolarsi quando non venivano isolati.



Ora i quartieri sono meno popolosi, le radici cattoliche sono un vago ricordo, nessuno va al cinema dell’oratorio. Le scuole pubbliche hanno metodi didattici più moderni di allora, insegnanti di sostegno e, all’occorrenza, l’aiuto dello psicologo.

Non c’è più la classe che prende in giro il ragazzo ciccione. C’è il bullismo del branco di adolescenti che perseguita il compagno o la compagna via internet. Anche con messaggini osceni e scatti scabrosi col telefonino, con conseguenze a volte tragiche. In questo siamo già al passo con il resto della civilissima Europa. Quella che ha rinunciato esplicitamente alle sue origini cristiane e che ci invita oggi ad adeguarci su coppie gay e legislazione annessa.



E l’adolescente di domani, quello con due mamme o due papà, lascerà indifferente i bulli di turno? Non sarà condannato ad una vita, lui sì, da diverso? Incolpevole, certo, ma oggettivamente diverso dalla maggioranza dei coetanei che conoscono la loro origine, il loro padre e la loro madre, anche quando i genitori hanno divorziato. Diverso, perché a casa i suoi amici trovano la nuova compagna di papà o il nuovo compagno di mamma. Vallo a spiegare al branco che non bisogna discriminare fra i sessi. È dai tempi del libro Cuore – centotrent’anni fa! – che si insiste (a parole) con la difesa delle minoranze e dei più deboli. La figura di Garrone, il personaggio di Cuore che difendeva i compagni da prepotenze e sfottò, non ha fatto proseliti. Anzi, col tempo sembra che Garrone – il più forte e robusto – sia passato a trascinare i bulli.



Oggi basta non essere al passo con la moda di scarpe o di felpa per essere preso di mira dai compagni. E non ci sono solo quelli, nella vita.

Ma basta col terrorismo psicologico, penserà qualcuno. In fondo, non c’è evidenza scientifica che chi cresce con due papà o due mamme avrà da grande problemi particolari.

Ecco, questo è il punto. Non ci sono evidenze scientifiche perché non ce ne possono essere.  I bambini che oggi vivono in casa di una coppia monogenere sono in Italia circa cinquecento. E di adolescenti ce ne sono? Quanti? Fra una decina d’anni si potranno fare studi seri su un numero di casi adeguato. Per ora non c’è evidenza scientifica perché i casi studiati nel mondo – relativamente pochi – si prestano a valutazioni errate o a manipolazioni di ogni tipo.

E allora? Come procedere? Da cattolico indietro coi tempi o da progressista ansioso di mettersi al passo con i paesi cosiddetti civili? C’è un metodo che va bene per tutti: teorizzare di meno e osservare la realtà che si svolge nel tempo. Occorre guardare la vita che cambia e tenere a mente gli esiti passati. Diceva il premio Nobel Alexis Carrel: “Molti ragionamenti e poche osservazioni portano all’errore. Pochi ragionamenti e molte osservazioni portano alla verità”.

Mi torna alla mente la figura di un pediatra americano che ha segnato la vita di intere generazioni, e in particolare quelle cresciute a cavallo del mitico ’68. Parlo del dr Benjamin Spock, autore di un testo sull’educazione dei figli arrivato a vendere cinquanta milioni di copie in tutto il mondo.

Cuore del messaggio di questo guru della pediatria era la necessità di un forte permissivismo, per favorire la libertà di apprendimento e lo sviluppo della creatività. Musica per le orecchie del tempo, attraversato dalla contestazione di ogni autorità, tradizione e ordine costituito.

Esplose il numero di alunni liberi di fare i compiti o non farli, di maestre che abolivano rimproveri e note, di ritagli di giornale al posto di grammatica e sintassi. Tutto in linea con il successivo “6 politico” e con gli esami di gruppo all’università.

I risultati furono devastanti. I bambini crescendo apparivano sempre più incapaci di impegno, costanza e relazioni stabili con amici prima e colleghi di lavoro poi.

Il dr Spock fece retromarcia e corresse il tiro invitando i genitori ad un “amorevole severità e disciplinata tenerezza”. Poi si pentì del tutto e fece pubblica ammenda.

Peccato che, nel frattempo, i bambini di un tempo erano diventati adulti frustrati e incapaci di integrarsi nella società: venne definita la “generazione Spock”.

Si sa che il progresso ha le sue vittime. Ma, per qualcuno, ha i suoi vantaggi. Il dr Spock, progressista e pacifista, fece una montagna di soldi coi diritti d’autore, all’insegna del motto da lui coniato: “la pediatria è politica”. Poi si trovò una moglie femminista di quarant’anni più giovane ed una grande barca su cui veleggiava molti mesi all’anno, soprattutto ai Caraibi.

Per restare fissi sulla realtà vediamo ora cosa è successo –più modestamente – ad un pediatra di casa nostra. Per l’esattezza al Presidente dell’Associazione Italiana di Pediatria Giovanni Corselli. Ai primi di Febbraio pubblica una nota sul sito ufficiale dell’associazione in cui dice –tra l’altro – “Non è scontato che avere due genitori dello stesso sesso non abbia ricadute negative sui processi di sviluppo psichico e relazionale nell’età evolutiva”. Nei giorni successivi molti media riprendono la notizia. Ne nasce un putiferio e il povero Corselli deve fare retromarcia. Anzi, dice che le sue parole sono state strumentalizzate. “Certo – gli scappa detto – alcuni bambini che hanno genitori dello stesso sesso possono vivere un senso di diversità, di frustrazione o disagio nell’interazione coi coetanei a livello scolastico o ludico, che può creare gravi difficoltà. E questo alla luce di indagini fatte, e poste all’attenzione della comunità scientifica”.

Contemporaneamente sparisce però la nota dal sito ufficiale dell’Associazione Italiana di Pediatria.

Siamo passati da “la pediatria è politica” a “la pediatria è politicamente corretta”.

Con buona pace delle cavie: i bambini di ieri e di oggi.