Dallo scorso 25 gennaio, Veronica Panarello, la donna in carcere con l’accusa di omicidio e occultamento di cadavere del figlio Lorys Stival, sarebbe un vero fiume in piena. La giovane mamma, dopo oltre un anno dal delitto avvenuto a Santa Croce Camerina il 29 novembre 2014, avrebbe iniziato a ricordare cosa avvenne quella mattina, quando Lorys ha perso la vita in circostanze ancora tutte da chiarire. Veronica avrebbe accusato dell’omicidio il suocero Andrea Stival, che di contro avrebbe negato con forza le sue dichiarazioni. Secondo la Panarello, il padre di suo marito Davide avrebbe avuto con lei una relazione segreta, scoperta da Lorys e che avrebbe portato al suo delitto. In base a quanto riportato dal quotidiano La Sicilia e ripreso dal sito Leggo.it, Veronica avrebbe fornito alla psicologa un racconto dettagliatissimo di quanto accadde la mattina del 29 novembre di due anni fa: “Dottoressa, io a mio figlio l’ho trovato già morto, ero andata a buttare la spazzatura e quando sono rientrata l’ho trovato a terra. Ho provato a rianimarlo, ma ormai…”. A detta della Panarello, la sua unica colpa sarebbe quella di aver gettato il corpicino del figlio di otto anni nel canalone. A lasciare interdetti sono le sue dichiarazioni sul tipo di rapporto tra lei e il suocero Andrea Stival: “Lui aveva attenzioni strane per Lorys, ma io gli ho detto: prendi me”. Parla di un vero e proprio patto con l’uomo, al punto da dichiarare: “Da sei mesi avevo frequenti rapporti sessuali con mio suocero quando i bambini sono fuori casa. Non ero consenziente, lo facevo solo per proteggere i miei figli… questo era il patto”. A detta della presunta assassina di Lorys, il suocero avrebbe rivolto alcune attenzioni sconvenienti nei confronti del figlio tali da aver fatto nascere in lei il timore di poter essere vittima di abusi. Le stesse attenzioni Andrea Stival le avrebbe iniziate ad avere anche nei confronti del figlio minore. A detta della Panarello, la conferma di questo loro macabro patto risiederebbe in alcune prove in suo possesso, come la valigia fattele recapitare dal suocero in carcere, “Un segnale per me che stavo facendo bene a non parlare e che quindi meritavo una ricompensa”.



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