L’elefante è in mezzo alla stanza, ma nessuno ha il coraggio di nominarlo. A pochi giorni — una manciata di ore — dal voto sul ddl Cirinnà la stampa nostrana tira fuori pareri di esperti, di pediatri e di costituzionalisti che approfondiscono la materia e fanno toccare con mano a tutti che cosa è mancato in questo paese dalla primavera del 2013, ossia da quando il ddl fu depositato in Parlamento. È mancata una discussione, un confronto, un vero dialogo. Così, capita che i giornali riportino di “esperti divisi”, e capita di leggere che “non si può escludere che convivere con una coppia dello stesso sesso abbia ricadute negative sui processi di sviluppo psichico o relazionale dell’età evolutiva”. Tutto l’opposto di quello che abbiamo visto per intere settimane. Intorno a questo disegno di legge, infatti, ci sono stati atti di bullismo, rivendicazioni, manifestazioni e arringhe, ma mai una presa di coscienza frutto di un reale e pacato incontro tra pari, tra interlocutori.
Il motivo è molto semplice: non è stato creato uno spazio, un ambito, dove costruirlo. Ci sono certamente state cenette, convegni, post, petizioni, ma mai un perimetro a cui la classe politica abbia chiesto un parere, una sintesi, una proposta. La politica ha fatto da sé, gli intellettuali hanno fatto da sé, le piazze hanno fatto da sé e il popolo è andato per conto suo. Ancora una volta lo Stato, quella comunità chiamata Italia che si studia sui libri, ha assistito ad una contrapposizione muscolare, ad una “chiamata alle armi”, ma non ad un dibattito civile, competente, serio.
La radice di tutto questo, è inutile girarci intorno, sta nel fatto che non c’è stato alcun riconoscimento fra le parti, nessuno ha riconosciuto all’altro il diritto di parola e di espressione, nemmeno quello di vegliare, di esserci. Un’altra occasione è andata perduta, una comunità è stata di nuovo ferita da una politica idiota, incapace di rivolgersi al popolo non per fomentarlo, ma semplicemente per ascoltarlo e sentirlo dialogare.
I risultati, quelli che poi rimarranno, sono sotto gli occhi di tutti. Il livore dello scontro è stato così alto che si ha perfino paura di parlare. Tutti devono attestarsi sulla linea in maniera chiara e inequivocabile, pena gli improperi, gli insulti, la presa in giro virale e la violenza verbale. Se si guarda a quello che è successo a don Carrón, presidente della Fraternità di Comunione e liberazione, per aver osato affermare che in gioco in questa storia c’erano soprattutto bisogni inascoltati e desideri da comprendere, vengono i brividi. Lo dico ai fratelli e alle sorelle nella fede cattolica: la dottrina della Chiesa, il magistero della Chiesa, è la mia dottrina, la mia teologia, il mio vero amore. Proprio per questo non posso girarmi dall’altra parte se nel cuore della notte una vedova viene a chiedermi del pane. Se non la voglio considerare per amore, devo almeno considerare il suo bisogno per la sua insistenza (Cfr. Lc 18,2-5).
Comunque la si pensi, dietro l’insistenza delle lobby Lgbt c’è qualcosa che ci sfugge, c’è qualcosa da capire, da comprendere e da purificare. Così come dietro la nostra dottrina c’è qualcosa di più del nominalismo di una volontà divina: c’è la realtà, c’è la biologia, c’è l’amore al bisogno dell’uomo che Cristo ha preso così sul serio da consegnargli una strada, una morale, una via per diventare grande e per compiersi. La fatica per scoprire che cosa c’è dietro le cose, la fatica di capire, di scambiarsi informazioni e idee, di costruire spazi reali di comprensione reciproca, non si è vista. Si è visto lo stadio, si sono viste le tifoserie, gli inviti alle reciproche scomuniche, laiche o religiose che siano.
E ancora una volta hanno perso tutti. Ma soprattutto ha perso l’Io di ciascuno. Di tutti quelli che ancora non hanno capito che il cuore dell’uomo ferito dal peccato è lo stesso per tutti. E finché questo cuore tu non lo affronti, non lo guardi in faccia attraverso la vita del fratello che ti sta accanto — e che non vorresti neppure avere —, non imparerai mai niente di nuovo. Se non il fatto che “hai ragione”, che la tua posizione è quella giusta perché Dio — o la Corte Europea — è dalla tua parte. E guai quindi a chi osa pensare, interrogarsi, domandare. Scomunicato. Come i soldati che lungo il confine franco-tedesco giocarono a pallone la notte di Natale del 1914 durante la prima guerra mondiale. Traditori, idealisti, folli. O forse, invece, profeti di umanità? Ai posteri, anche stavolta, l’ardua sentenza.