Caso Lidia Macchi, si avvicina l’esame per l’incidente probatorio che come dicevamo in precedenza si terrà il 15 febbraio a Varese, dove verranno ascoltati i testimoni considerati “chiave” all’interno del delitto Macchi, con un unico accusato, Stefano Binda, ora in carcere ma con moltissimi elementi ancora per nulla chiari e che potrebbero ribaltare la situazione. Si gioca molto infatti sulle testimonianze dell’epoca, con Binda che durante i fatti terribili nelle colline varesotte era segnalato in una vacanza con altri ragazzi della sua età in montagna: se questo dovesse essere confermato è chiaro che cadrebbe l’accusa principale di omicidio volontario, viceversa la situazione si complicherebbe per Binda. Verranno ascoltati tra gli altri, come preannuncia il Giorno, Patrizia Bianchi, l’amica di Binda all’epoca, colei che ha riconosciuto la grafia dell’uomo e che di fatto ha riaperto il caso. Ci sarà anche don Giuseppe Sotgiu, amico di Binda, poi verrà il turno di Paola Bonari, l’amica e compagna di appartamento di Lidia alla quale la ragazza fece visita in ospedale a Cittiglio, poche ore prima dell’omicidio. Infine ci sarà anche la sorella della vittima, Stefania Macchi. 



Il caso di Lidia Macchi continua e prosegue nei meandri della confusione e dei pochi elementi chiari: intanto un accusato c’è ed è in carcere, Stefano Binda, con l’accusa di omicidio della ragazza, accoltellata e stuprata 29 anni fa nelle colline sopra Varese, ma la vicenda ha contorni ancora per nulla definiti, nemmeno sul possibile assassino. Il prossimo 15 febbraio inizierà l’incidente probatorio nel processo Macchi, e con questa formula saranno interrogati alcuni testimoni e amici della ragazza davanti al gip di Varese, Anna Giorgetti. Su richiesta del sostituto procuratore di Milano, Carmen Manfredda, nell’esame sarà sentita anche Patrizia Bianchi, la donna che ha riconosciuto la calligrafia di Stefano sulla famosa lettera anonima inviata ai Macchi il giorno dei funerali di Lidia e che apparterrebbe all’autentico assassino. Di fatto è la testimone chiave che ha permesso di riaprire il caso: oltre a lei tanti altri verranno ascoltati, ma intanto la madre di Stefano Binda ha voluto parlare per la prima volta dopo le indagini sul figlio, intervista dai colleghi de Il Giorno. «In quei giorni non era neppure a casa ma in vacanza a Pragelato con altri ragazzi, mio figlio non ha ucciso Lidia. Su d lui ho letto di tutti, vorrei vedere rispettato il nostro dolore. Spero che il Signore guardi giù». Un dolore dignitoso e non urlato che merita a prescindere rispetto per una condizione di disagio e fatica profondi.

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