Non si placano le polemiche sul caso di Salvatore Failla, il tecnico della Bonatti ucciso in Libia dopo sette mesi di reclusione assieme agli altri tre colleghi italiani. Fausto Piano ha avuto il suo stesso tragico destino, mentre Filippo Calcagno e Gino Pollicardo sono per fortuna riusciti a salvarsi e rientrati di recente in Italia. La giornata di ieri è stata campale per la famiglia Failla che ha convocato la stampa per far sentire la registrazione di una chiamata ricevuta ad ottobre dal marito di Rosalba, Salvatore Failla e la commozione e rabbia ha chiaramente regnato nel pomeriggio siciliano. La stampa ha potuto ascoltare l’ultima telefonata ricevuta dal marito, con la voce però pre registrata di Salvatore che dice alla moglie di non stare bene e di avere bisogno di cure mediche, aggiungendo di avvertire telegiornale e accelerare la sua liberazione. Dopo quella telefonata, ha rivelato sempre Rosalba Failla, la Farnesina ha richiesto di non rispondere più al telefono: tutta la rabbia però è scoppiata ieri, dopo che appunto con tutte le rassicurazioni del Ministero degli Esteri, alla fine nulla è servito e l’uomo è morto tragicamente in Libia per mano di miliziani islamici. «Perché lo stato non ci ha tutelato? Né prima da vivo né ora da morto?», con riferimento alla autopsia avvenuta ancora in mano delle forze libiche: Salvatore Failla è morto, sembra, per colpi allo sterno e alla zona lombare. “L’autopsia eseguita a Tripoli è stata una macelleria”, ha detto il legale della famiglia Failla, Francesco Caroleo Grimaldi, e non solo: “è stato fatto qualcosa che ha voluto eliminare l’unica prova oggettiva per ricostruire la dinamica dei fatti”. Il penalista dei Failla ha comunque riconosciuto che i rappresentati italiani del Ministero in Libia si sono battuti per evitare lo scempio avvenuto. «La maggiore lesività sul corpo l’abbiamo riscontrato sul lato sinistro, con la frattura del femore e dell’omero. Le condizioni della vittima sono quelle di una persona che ha sofferto la prigionia, con barba e capelli lunghi e un corpo delimitato dalla perdita di peso», ha sottolineato i medici legali Luisa Regimenti e Orazio Cascio, consulenti per conto della famiglia, intervenuti su Tg Com24. 



Le salme sono rientrate in Italia ma Salvatore Failla e Fausto Piano hanno perso la vita in maniera ingiusta in Libia, dopo episodi ancora non ben chiariti e che i libici titolari dell’indagine non stanno ancora chiarendo. Salvatore Failla, 47 anni, originario di Carlentini (Siracusa) si trovava da tre anni in Libia per lavoro, presso la ditta Bonatti; rispondendo ad un amico che gli chiedeva su Facebook se non aveva paura di stare in quelle zone pericolose, Salvatore scriveva “qualche scontro c’è stato, ma dopo 3 anni ci ho fatto il callo”. Rimaneva lì per un motivo molto semplice che spiega sempre l’uomo su Fb, “il lavoro me lo faccio paciere per forza, la famiglia bisogna pure camparla e mi dà modo di togliermi qualche sfizio”. Ha perso purtroppo la vita probabilmente in una sparatoria vicino alla città libica di Sabrata, assieme alla collega Fausto Piano: i corpi sono rientrati a Roma la scorsa notte e sono ora oggetto di nuova autopsia. Filippo Calcagno e Gino Pollicardo, anche loro rapiti nel luglio 2015 a Sabrata, sono tornati dopo essere stati liberati lo scorso venerdì 4 marzo 2016.

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