Il book è il sogno di tanti e soprattutto tante giovani. Riuscire ad avere un book è la prima aspirazione di chi ambisce a fare la top model (o anche solo la model), o la velina, o l’attricetta. “Ti faccio io il book”, e quelle ragazzine 38 di taglia e 38 (chili) di peso pagano un occhio della testa a improbabili talent scout pur di averlo, con su le loro belle foto. Poi ci sono le agenzie il book te lo presentano. Foto e prezzi di attici e ville a schiera. Foto e prezzi di escort, in tutte le possibili inenarrabili varianti. Non so se c’è il book delle badanti: lo faranno, lo faranno. Dove c’è compravendita, c’è book. E dove c’è book c’è compravendita.
Non avrei mai pensato che anche visoni ed ermellini avessero un book. E invece sì. Si trova a Novosibirsk, capoluogo della Siberia occidentale, anzi, per essere più precisi nella città satellite di Akademgorodok, che vuol dire “Cittadella dell’Accademia”: la fece sorgere Kruscev nel 1957, per replicare in Siberia le istituzioni scientifiche moscovite, università e Accademia delle Scienze. Gli abitanti sono 90mila e tutti vivono di università e ricerca, dal super-rettore megagalattico all’ultimo bidello. C’è anche un museo, per documentare con orgoglio le più grandi scoperte. In una grande teca di vetro, appese come pianete multicolori in un armadione da sacrestia, fanno bella mostra di sé pellicce color fucsia, argento, verde acido, rosa pastello, violetto, turchese. Ma non finte; vere. Di ermellini e di visoni. E non dipinte, che sarebbe solo questione di gusto un po’ kitch, ma di natura loro.
Oddio, di natura… modificata, ecco. L’applicazione pratica della scoperta prevede il book dell’ermellino e del visone: guardi, scegli e paghi. Per amore. Assodato il diritto umano alla pelliccia (a Novosibirsk gli ecologisti e gli animalisti non esistono, non erano nei piani quinquennali di Nikita), nei nuovi diritti va messa senz’altro la scelta del colore. Se l’ammazzi d’estate l’ermellino è rossiccio: è il momento in cui costa meno, d’accordo, ma pensa che umiliazione per lui non potersi mostrare bianco candido e più caro, come sarebbe invece d’inverno. Ma perché sempre e solo bianco, poi? Perché negargli la gioia dei colori? Noi umani nello scegliere le tinte sappiamo di fare la felicità dell’ermellino e del visone. E’ l’amore. L’amore col book.
Credevo che Novosibirsk fosse la frontiera più avanzata del book. Invece no. Negli Usa e in Canada c’è il book della surrogata e della donatrice. Non si tratta di animali da pelliccia, ma di donne. La donatrice è quella che vende l’ovulo, la surrogata quella che affitta l’utero. Il book te lo mostra, pagando, l’agenzia specializzata. Notoriamente l’agenzia non lo fa per soldi, ma per amore del cliente: ti dò tutti i servizi, pagando. Anche le gestanti conto terzi lo fanno non perché hanno bisogno di soldi, ma per amore. Per amore e per solidarietà.
Spieghiamo. Cessione dell’ovulo e leasing dell’utero sono legittimi oggi in Usa, Canada, Russia, Ucraina e India. I costi sono alti in America (120-150mila), la metà a Mosca e Kiev, un quinto in India. Questo perché le donne indiane non è che siano più derelitte: amano di più. E anche in California, la surrogata del compagno di Vendola, poniamo, è portoricana, una ispanica, insomma. Sarà un caso? O sarà che gli ispanici sono spesso più poveri degli yankee? Ma no, amano di più. Gli si spezza il cuore che la premiata coppia Nicky ed Eddy, alias Vendola e Testa, non possa avere figli in house, ma solo in outsourcing. Sono felici come un ermellino fucsia. E l’utero lo danno in affitto solidale, che, come spiegava una didascalia del Corriere del 4 marzo, pag. 13, si chiama solidale perché “la portatrice si è prestata volontariamente”. Ciumbia. Ci mancherebbe altro. Dovrebbe, la portatrice, prestarsi perché costretta? Beh… portatrice, che poi è come dire sherpa. Una tonnellata di ipocrisia in una dida.
Comunque finalmente anche le sherpa hanno il book. Così gli Eddy e i Nicki e chicchessia possono sfogliarseli, scegliere la cavalla con i denti più sani, lo sherpa con un fisico ultraresistente, la surrogata con gli occhi neri, la pelle di giada, o d’ebano, le caviglie sottili, la religione buddista, oppure l’atea, quella che ha già surrogato (previsto supplemento), quella che ha studiato almeno un po’, quella che ama gli animali, quella che è giovane, o meno giovane; etero o lesbica o bisex; quella che ti farà presumibilmente un peluche, pardon, un figlio fucsia, o verde acido, biondo, o bruno, con gli occhi neri, o azzurri. Ah: sano, sanissimo. Come da contratto, dove la portatrice firma, per amore, che accetterà su decisione univoca dei genitori-compratori, aborto e soppressione fetale. Ah, l’amore col book: trionfa la libertà di scelta.
Ah, l’America, culla delle libertà. In America nacque l’eugenetica, sul tardi dell’Ottocento; in Francia prese il nome da un parente di Darwin; nei paesi anglosassoni e del nord Europa attecchì. Per amore. Per amore del progresso, inteso come miglioramento della razza. Così in ciascuno di questi paesi vennero forzatamente sterilizzate 50-70mila persone che avrebbero potuto mettere al mondo figli un po’ tontarelli o con qualche menomazione. Last but not least arrivò Hitler, che sposò il metodo e batté il record sterilizzandone 400mila in 7 anni. L’amore lo esigeva. L’amore per gli altri, il popolo dei sani, belli e felici come una réclame della pasta Barilla o di Activia. I mezzi erano un po’, come dire, sbrigativi. Ma perché sì, l’amore c’era già, ma non c’era il book.