All’inizio non ci volevo credere: sarà uno scherzo del 1° di aprile. Eppure la data sulla Stampa era del 10 marzo: “Carne piemontese, alla fiera di Quaresima a Cuneo sarà proposta in varianti internazionali”. Poi però leggo che l’iniziativa si tiene di mercoledì a Fossano, mica di venerdì (c’è da giurarci che sarà stato un caso). Ora mi chiedo: bisognava proprio legare la Quaresima alla celebrazione della carne ? Non tanto per una questione di rispetto, su cui c’è ben poco da sperare, ma di intelligenza culturale, di sensibilità, in un mondo che ha fatto di tutto per annientare ogni identità. E questa della fiera della carne in un periodo che per i cattolici rappresenta il digiuno fa il paio col Carnevale in piena Quaresima, favorito persino dai parroci, che magari per un maltempo, non trovano nulla di strano esondare. Ma certo: il loro mestiere è quello dei fare i giardini d’infanzia, dove tollerare ogni cosa e comunicare il meno possibile. Sapete com’è ? Le identità danno fastidio. E sembra di svegliarsi di colpo, per trovarsi in un mondo senza le palle, senza più nulla da dover difendere, se non il proprio status quo, ma soprattutto senza nulla da comunicare, che forse è più intelligente della difesa che porta ad issare dei muri.
Un tempo si diceva che il cibo ed il vino erano qualcosa che aveva a che fare con la macchietta. Oggi s’è ribaltato tutto: il cibo è il sacro mood e il credere è una macchietta. Peccato che ogni giorno migliaia di cristiani nel mondo perdano la propria vita per quella che, certamente, non può essere una macchietta. A Fossano non sono arrivate queste notizie? Arriverà invece in fretta e furia la notizia della Pasqua e se nel tran tran del lavoro dici “Ah ok, ci vediamo allora il giovedì della settimana santa, qualcuno sorride perché non gli tornano i conti: cos’è la settimana santa? E cos’è quindi la Pasqua? E’ la colomba (a proposito, la migliore dei nostri assaggi è quella di Alfonso Pepe di Sant’Egidio del Monte Albino (SA)); è il pranzo in famiglia e poi un lunedì fuori porta. Una parentesi vacanziera senza neanche il ponte.
Ci sovvengono poi tradizioni, molte legate alla gastronomia: dalle torte salate alle uova colorate (a proposito di uova, ne ho assaggiate di buonissime all’azienda agricola il Falò di Loredana Marchiaro di Pavarolo), quasi che appunto la notizia del Salvatore sia diventata folklore. Eppure dentro la storia di quell’uomo che si faceva chiamare Gesù c’è il codice del dramma umano: c’è il tradimento e l’amicizia, c’è il dolore e la condivisione, anche del pasto; c’è il mistero di un Dio (almeno chiedersi se tutto questo fosse vero è lecito direi) che si è voluto fare uomo per dire che anche la morte può essere vinta, anche quella di ogni giorno che ci spegne la voglia di sperare. Anche quella fisica che ci toglie compagni di viaggio. Credo che questa Pasqua meriti che ci si fermi a pensare, perché è tutta una vita che altri pensano al posto nostro. Poi sabato si farà la spesa, domenica e lunedì il pranzo. Ma senza un significato che occorre dare anche al tempo, tutto può diventare semplicemente un consumo, che neppure poi si ricorda. Ma la festa è un altra cosa. La resurrezione è di un’altra categoria. Di quelle che cambiano tutta la vita.